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Il medico e la legge |
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La colpa lieve e la colpa grave
Come già anticipato nel capitolo relativo all'inquadramento giuridico, la colpa lieve e la colpa grave rilevano soprattutto in riferimento all'applicabilità dell'art. 2236 cod. civ. alla responsabilità professionale del medico.I concetti qui in esame risultano pertanto intimamente connessi con quanto affermato in tema di diligenza professionale come criterio di responsabilità e con l'individuazione del c.d. standard di riferimento per la valutazione di adeguatezza e diligenza nella prestazione. Infatti, secondo un principio ormai consolidato anche nell'elaborazione giurisprudenziale[1], l'area della responsabilità per colpa lieve risulta ormai molto estesa, giacché la tendenza restrittiva, manifestatasi nei confronti dell'area di applicazione dell'art. 2236 cod. civ., è andata sempre più acuendosi, prima con l'esclusione dell'applicabilità ai casi d'imprudenza e incuria, poi con l'estendersi del patrimonio di conoscenze richieste al professionista medio. Infatti si configura la responsabilità professionale del medico anche per colpa lieve, in applicazione dell'art. 1176, II c. cod. civ., quando il professionista medesimo non abbia posto in essere una prestazione diligente per fronteggiare un caso ordinario, ossia quando si sia trovato a prestare la propria opera non per risolvere problemi tecnici di speciale difficoltà, ma dovendo esercitare la sua professione al cospetto di casi ordinari per affrontare i quali si ritiene necessario, nonché doveroso ed adeguato, il bagaglio tecnico del professionista medio appartenente al medesimo settore[2]. Peraltro, come già anticipato, la responsabilità del professionista sarà, per così dire, relegata alla colpa grave solo qualora il medesimo abbia dovuto affrontare, nell'esercizio della propria professione, problemi tecnici di speciale difficoltà e per imperizia abbia cagionato il danno. Non, si badi bene, per incuria o imprudenza, ritenendosi tali condotte degne delle valutazioni più severe e rigorose.A questo proposito risulta chiaro come non sarebbe apparso congruo ammettere una limitazione di responsabilità, proprio al cospetto di problemi tecnici di speciale difficoltà, in relazione a comportamenti, quali l'incuria e l'imprudenza, che tanto meno risultano tollerabili quanto più l'impegno diligente e l'attenzione del professionista debbono essere richiamati dall'emersione di un caso non ordinario. Concludendo, una valutazione più cauta della responsabilità in concomitanza con problemi di speciale difficoltà altro non è che un correttivo di agevole comprensione, che entra in gioco quando anche la più diligente delle prestazioni trova ostacoli di ordine tecnico tali da travalicare le conoscenze attinenti allo standard professionale di riferimento. E' la colpa lieve guardata attraverso l'opportuno filtro della ricorrenza dei problemi tecnici di speciale difficoltà[3]. A titolo esemplificativo è stata ritenuta sussistente la colpa grave[4] in capo ai sanitari, medici dipendenti di un ente ospedaliero, in quanto, nell'attività di assistenza al parto, hanno scelto una metodologia in presenza di dati obiettivi che ne imponevano l'esclusione; e ancora quando il medico curante, fattosi sostituire per un certo periodo da un altro medico, in assenza di tenuta di uno schedario degli assistiti, non abbia informato[5] il sostituto di una grave ed accertata intolleranza ad un determinato farmaco da parte di un paziente (nella specie il medico sostituto, non avvisato dell'intolleranza, prescrisse ad una paziente il farmaco "Voltaren" rispetto al quale la stessa aveva già dato segni di allergia e la cui assunzione ne provoco' la morte per "shock" anafilattico); infine quando l'odontoiatra[6], in presenza di problemi tecnici di speciale difficoltà, abbia praticato un intervento chirurgico in sito diverso da quello su cui si sarebbe dovuto svolgere e senza tenere conto di un preesistente stato di invalidità del paziente.
Avv. Nicola Todeschini www.studiolegaletodeschini.it membro dello Studio Legale Consumerlaw
Note: [1] Cass. civ. sez. III, 12 agosto 1995, n. 8845 La responsabilità del professionista per i danni causati nell'esercizio della sua attività postula la violazione dei doveri inerenti al suo svolgimento, tra i quali quello della diligenza che va a sua volta valutato con riguardo alla natura dell'attività e che in rapporto alla professione di medico-chirurgo implica scrupolosa attenzione ed adeguata preparazione professionale. Ne consegue che il professionista risponde anche per colpa lieve quando per omissione di diligenza ed inadeguata preparazione provochi un danno nell'esecuzione di un intervento operatorio o di una terapia medica, mentre risponde solo se versa in colpa grave quante volte il caso affidatogli sia di particolare complessità o perche' non ancora sperimentato o studiato a sufficienza, o perche' non ancora dibattuto con riferimento ai metodi terapeutici da eseguire. Com. Montevarchi c. Usl n. 20/A Montevarchi, in Giust. civ. Mass., 1995, 1517.
[2] La S.C. ha ribadito il principio con riguardo all'omesso accertamento, da parte dei medici militari, delle conseguenze neurologiche - nella specie di carattere epilettico - patite da un soldato a seguito di trauma cranico per lo scoppio fortuito di una bomba e rivelatesi poi letali). Cass. civ., sez. III, 22 febbraio 1988 n. 1847, Maggio c. Amministrazione difesa, in Giust. civ. Mass., 1988, fasc. 2.
[3] Sul punto cfr. G. CATTANEO, op. cit., 79.
[4] Cass. civ. sez. I, 5 dicembre 1995, n. 12505, Com. Fermo c. Usl n. 21 Fermo e altro, in Foro it., 1996, I, 2494, nota (LENOCI); in Danno e resp., 1996, 195 nota (LAZARI).
[5] Corte appello Bologna, 14 dicembre 1993, Borelli, in Giur. merito, 1994, 677 nota (IADECOLA).
[6] Cass. civ. sez. III, 2 luglio 1991 n. 7262, Failoni c. Negri e altro, in Foro it. 1992, I, 803.
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