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Incretine e diabete nuove opportunità terapeutiche |
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gli inibitori della DPP-4
Sono stati sviluppati farmaci orali che, somministrati una volta al giorno, inibiscono in maniera stabile l’attività dellaDPP-4, determinando un aumento delle concentrazioni circolanti di GLP-1 e di GIP attivi a livelli di 2-3 volte superiori rispetto ai livelli fisiologici.
Il trattamento con inibitori della DPP-4, quali sitagliptin e vildagliptin, riduce sia la glicemia a digiuno che, in maniera ancora più marcata, quella post-prandiale. Tuttavia questo effetto avviene solo se è presente iperglicemia pertanto il rischio di ipoglicemie è molto basso con questi farmaci.
Gli studi clinici dimostrano che gli inibitori della DPP-4 riducono l’emoglobina glicata sia in monoterapia che in combinazione con metformina o tiazolidinedioni con un’intensità comparabile a quella delle sulfaniluree, anche se l’effetto ipoglicemizzante è più lento manifestandosi in maniera completa solo dopo qualche settimana di trattamento.
![](http://www.pillole.org/public/aspnuke/downloads/immagini/sitagliptinefficacia.gif)
![](http://www.pillole.org/public/aspnuke/downloads/immagini/vildagliptin.gif)
![](http://www.pillole.org/public/aspnuke/downloads/immagini/sitagliptinaddon.gif)
Il profilo di tollerabilità di questi farmaci appare buono, poiché non inducono aumento di peso (ma non lo riducono, al contrario degli analoghi del GPL-1), non provocano ipoglicemia, non determinano ritenzione idrica, e non si accompagnano ad effetti collaterali gastrointestinali in virtù del relativamente modesto incremento dei livelli di GLP-1 che essi determinano.
Una preoccupazione teorica potrebbe derivare dal fatto che l’inibizione della DPP IV non è selettiva e che dunque potrebbero insorgere interferenze sulla funzione di alcuni step della risposta immunologia legata all’attivazione delle cellule T in cui è implicata la DPP IV, ma, fino ad ora, nessun elemento clinico ha avvalorato questa preoccupazione speculativa.
Un aspetto interessante, dimostrato per ora soltanto in modelli animali di diabete, è che il ristoro della secrezione del GPL-1 preserva la massa β -cellulare a lungo termine. Questi dati fanno sperare che questi nuovi farmaci possano ostacolare efficacemente la naturale progressione del diabete di tipo 2, ma ciò deve essere dimostrato ancora nell’uomo.
In conclusione i farmaci che agiscono sul GLP-1 sono assai interessanti per le prospettive di arresto della progressione della disfuzione betacellulare e dunque per un possibile ruolo nel modificare la storia naturale del diabete, viste anche le perplessità evidenziatesi con i glitazoni.
Restano da accertare l'efficacia rispetto ai farmaci più vecchi, la sicurezza ed efficacia a lungo termine. Sono pertanto necessari ampi studi, di lunga durata e su end points "forti" per comprendere l'effettivo ruolo che questi nuovi farmaci potranno avere nella terapia del diabete mellito nella pratica clinica allargata.
Luca Puccetti
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