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L'uomo nel medico
Inserito il 16 gennaio 2006 alle 14:25:00 da G. Ressa. | stampa in pdf | Commenta questo capitolo | Consulta il tutorial pdf su come navigare il manuale al meglio
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Morte di un fiore

Quella mattina mi apprestavo, come sempre, ad aprire lo studio, stavo accendendo i computer e controllando il centralino, dovevo anche visionare gli esami strumentali e di laboratorio lasciati il giorno precedente dai pazienti.
Improvvisamente sento un ripetuto scampanellio alla porta, penso al solito rompiscatole che senza appuntamento ha l’abitudine di venire molto prima dell’apertura, apro e vedo il viso sconvolto di una condomina che non riesce a proferire una parola ma indica la porta aperta dell’appartamento accanto al mio: entro di corsa e vedo il viso atterrito di una mia paziente, anche lei mi indica qualcosa, ma non è una porta, è la finestra aperta del salone, come un automa mi avvicino e mi affaccio: il corpo della giovane figlia era lì, disteso sull’asfalto, volato giù dal quarto piano.
Ho sentito una frustata fredda in tutto il corpo, il cuore mi batteva come un maglio, mi rivolto e d’istinto abbraccio la mamma che ha gli occhi sbarrati, è l’immagine del terrore e del dolore insieme; balbetto qualcosa, nel frattempo arrivano altri condomini ma vengono cacciati dalla signora, rimango solo con lei, inizia uno dei dialoghi più angosciosi che mi siano mai capitati, provavo una pietà infinita per quella figlia e quella mamma ma non trovavo le parole giuste per esternarla.
Dopo alcuni lunghissimi minuti, ricevutone il consenso, eseguo un’iniezione di calmante e la affido ad alcuni suoi amici, giunti nel frattempo (e pregati da me di non perderla d’occhio neanche per un istante).
Con la morte nel cuore, rientro in studio, pensavo alla giovane che si vestiva di tutto punto all’alba, che apriva la finestra, che la scavalcava, guardava giù il baratro, vinceva l’istinto naturale a tirarsi indietro e poi invece si gettava giù, pensavo a cosa poteva pensare nel tempo in cui volava, a cosa aveva provato nel violento impatto e poi avevo stampato nel cervello l’immagine del suo corpo schiacciato sul selciato.
 
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