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Basi scientifiche per una pillola anti invecchiamento

Categoria : scienze_varie
Data : 30 novembre 2002
Autore : admin

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Come hanno dichiarato i ricercatori che si occupano di invecchiamento, non esiste in commercio alcun trattamento che abbia dimostrato di rallentare nell’uomo l’accumulo nel tempo dei danni molecolari e cellulari che aumentano la nostra vulnerabilità alle malattie. Tuttavia un particolare stile di vita, e cioè l’adozione di una dieta a basso apporto calorico ma bilanciata dal punto di vista nutrizionale, funziona bene in numerose specie animali, nelle quali aumenta la longevità e prolunga lo stato di salute.
Queste scoperte indicano che la riduzione dell’apporto calorico potrebbe ritardare l’invecchiamento anche nell’uomo. Purtroppo, per ottenere il massimo beneficio, è probabile che sia necessario ridurre il proprio introito calorico all’incirca del 30 per cento, passando dalle quasi 2500 calorie quotidiane a 1750.
Pochi esseri umani riuscirebbero ad attenersi a un regime così duro, specialmente per molti anni di seguito. Ma se qualcuno riuscisse a creare una pillola in grado di imitare gli effetti fisiologici di una dieta controllata senza costringere le persone a soffrire la fame? Questo analogo di un regime ipocalorico potrebbe prolungare lo stato di buona salute e posticipare i disturbi collegati all’invecchiamento come il diabete, l’aterosclerosi, le malattie cardiache e il cancro? Ci siamo posti questo problema per la prima volta a metà degli anni novanta, dopo esserci imbattuti in un composto che sembrava riprodurre nei roditori molti dei benefici propri dei regimi ipocalorici.
Si tratta del 2-desossi-D-glucosio (2DG), che era stato sperimentato nei roditori per curare il cancro ma che abbassava anche i livelli di insulina nel sangue. Apparentemente esso riproduce molte delle classiche risposte al regime ipocalorico, fra cui anche la riduzione della crescita tumorale, l’abbassamento della temperatura corporea, l’innalzamento dei livelli degli ormoni glucocorticoidi e la riduzione del numero di cicli riproduttivi. Ma si è altresì rivelato pericoloso per la salute umana.
In base a studi preliminari, diversi candidati sembrano promettenti: fra questi lo iodoacetato, sperimentato dal gruppo di Mattson, ora al Laboratory of Neurosciences del National Institute on Aging. Negli animali, anch’esso sembra proteggere le cellule cerebrali dall’aggressione da parte di sostanze tossiche. Anche il trattamento con i farmaci antidiabetici, che aumentano la sensibilità cellulare all’insulina, potrebbe rivelarsi utile, purché le quantità somministrate non provochino l’eccessivo abbassamento della concentrazione di glucosio ematico.
A differenza della moltitudine di elisir che ci vengono decantati come l’ultimo ritrovato in fatto di cure anti-età, i composti che riproducono il regime ipocalorico potrebbero alterare processi alla base dell’invecchiamento. Il nostro obiettivo è di mettere a punto agenti capaci di ingannare le cellule, inducendole ad attivare funzioni di mantenimento e di riparazione che portino a una maggiore salute e longevità dell’organismo.

www.lescienze.it Ottobre 2002



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