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Scomodata la Cassazione: la Guardia medica non deve constatare i decessi

Categoria : medicina_legale
Data : 13 gennaio 2013
Autore : admin

Intestazione :

Non compie reato di rifiuto di ufficio il sanitario di continuità assistenziale che non intervenga prontamente per constatare un avvenuto decesso.



Testo :

La Corte di Cassazione, sesta sezione penale, con sentenza n. 15096/2011, depositata il 13/4/11, ha confermato la decisione del Giudice dell’udienza preliminare (GUP) del Tribunale di Massa che aveva dichiarato non luogo a procedere a carico di un sanitario di turno della guardia medica in ordine al reato di rifiuto di atti d’ufficio (art. 328 del codice penale), contestatogli per non essere prontamente intervenuto, su richiesta di un parente, al fine di constatare il decesso di un paziente.

La Suprema Corte, nel confermare la decisione del GUP, ha sottolineato che il figlio del paziente, rispondendo ad una precisa domanda del medico di guardia, aveva confermato che il padre, gravemente malato di Alzheimer, era deceduto da pochi minuti, tant’è che, nell’attesa dell’arrivo del sanitario, egli avrebbe provveduto “a lavare e vestire il corpo del congiunto”.

È stato pertanto ritenuto infondato il ricorso in cassazione presentato dal figlio del paziente deceduto, costituitosi parte civile nel processo penale, a carico del quale sono state poste le spese processuali.

Fonte: Edizioni Medico scientifiche

http://cgems.eu/newsletter/article/61

Commento di Luca Puccetti

La domanda che la questione pone per davvero è: può essere sufficiente il semplice pagamento delle spese per una causa tanto temeraria?

Come si evince dalla norma finale n. 9 dello ACN 29 luglio 2009 non rientrano tra i compiti del medico di continuità assistenziale e di emergenza sanitaria territoriale quelle di necroscopo o di polizia mortuaria.

Nel caso di specie un cittadino ha addiritturo fatto ricorso alla suprema Corte di Cassazione per contestare in modo assolutamente pretestuoso ciò che appariva chiaro e logico a chiunque.

E' infatti del tutto evidente che non avrebbe pratica applicazione quanto sancito dagli ACN se si potesse aggirare la norma con la scusa di accertare l'avvenuto decesso la cui realtà è ovviamente fatta certa solo dal necroscopo.

Il vigente ordinamento infatti non pone alcun obbligo di un pronto intervento di un medico dopo un decesso che appaia dovuto a cause naturali, a maggior ragione quando si tratti di morte conseguente a malattia ben nota in cui eventuali attività rianimatorie si configurino come "futility".

A parere personale dello scrivente, che non rispecchia necessariamente quello della redazione della presente Testata, in una logica di spending review, che deve chiamare tutti ad un senso di responsabilità, non può essere sufficiente il semplice pagamento delle spese processuali per una pretesa tanto infondata. Occorre un deterrente molto più forte come ad esempio una sanzione pesantissima, per una sorta di equivalente alla lite temeraria, tale da scoraggiare qualsiasi azione manifestatamente strumentale. Tale sanzione, lungi dal rappresentare un ostacolo per adire alla vera giustizia, dovrebbe essere applicata anche ai magistrati che non abbiano agito in modo tale da arrivare ad archiviare il procedimento e potrebbe essere estensibile anche a chi accetti di patrocinare legalmente tali azioni che non corrispondono ad una logica di ricerca di giustizia, ma di mero tentativo strumentale di usare per fini opportunistici un servizio di altissimo valore civile cui si dovrebbe far ricorso solo per dirimere aspetti realmente controversi di alta rilevanza collettiva.

Luca Puccetti



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