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Vitamina D e patologia cardiovascolare

Categoria : cardiovascolare
Data : 15 maggio 2011
Autore : admin

Intestazione :

La vitamina D sembra esercitare effetti positivi su alcune patologie cardiovascolari, ma necessitano studi più robusti e ulteriori conferme su end points clinicamente rilevanti.



Testo :

SCOMPENSO CARDIACO CRONICO

In questo trial randomizzato in doppio cieco controllato vs placebo i ricercatori hanno indagato gli effetti della supplementazione con vitamina D (colecalciferolo 2000 IU/al dì) sulle citochine, note per essere predittori di gravità di scompenso cardiaco cronico (SCC). I pazienti con SCC (FE media ~32%) sono stati randomizzati a colecalciferolo o placebo per 9 mesi. Outcome primari erano la modifica del profilo delle citochine, esami di laboratorio o test diagnostici rispetto alla linea basale. A 9 mesi, i livelli di 25(OH)D erano significativamente aumentati in quei pazienti che assumevano il supplemento (p=0.001). Il profilo delle citochine era l’unico outcome significativo che avesse risposto alla supplementazione con vitamina D nel tempo, con modifiche dei livelli di TNF-a più bassi (p=0.006) e dei livelli di IL-10 più alti (p=0.042) in quei pazienti randomizzati a terapia con vitamina D rispetto a quelli a placebo. Il tasso di sopravvivenza non differiva tra i 2 gruppi.

La supplementazione di vitamina D con colecalciferolo (2000 IU/al dì) migliora alcune citochine, noti predittori di gravità di scompenso cardiaco. Sono necessari ulteriori studi prospettici per chiarire gli effetti della vitamina D sullo SCC.


Fonte

Schleithoff SS, Zitterman A, Tenerich G, et al. Vitamin D supplementation improves cytokine profiles in patients with congestive heart failure: a double-blind, randomized, placebo-controlled trial. Am J Clin Nutr. 2006;83:754–9.


L’ associazione dei livelli di vitamina D con tutte le cause di mortalità è stata indagata nello studio di coorte prospettico Ludwigshafen Risk and Cardiovascular Health (LURIC). Il LURIC era stato disegnato originariamente per indagare gli effetti della genetica e di biomarker sugli esiti cardiovascolari in pazienti che si erano presentati per angiografia in un centro medico terziario in Germania. Dei 3316 pazienti nel trial, 3258 pazienti sono stati seguiti per una media di 7.7 anni e sono stati esaminati i livelli di 25(OH)D e di 1,25(OH)2D. Dopo aggiustamento, i pazienti nei due quartili più bassi dei livelli di 25(OH)D (media 7.6 e 13.3 ng/mL) avevano mortalità per tutte le cause significativamente più alta (HR 2.08 e 1.53, rispettivamente) e mortalità cardiovascolare significativamente più alta (HR 2.22 e 1.82, rispettivamente) quando paragonati ai quartili più alti (media 28.4 ng/mL) (log-rank test p<0.001). Effetti simili sono stati osservati per i livelli di 1,25(OH).

Questi dati supportano un’associazione indipendente tra bassi livelli di vitamina D e più alta mortalità da-tutte-le-cause e cardiovascolare, ma non è chiaro se la supplementazione routinaria di vitamina D potrebbe ridurre questi eventi.


Fonte

Dobnig H, Pilz S, Scharnagl H, et al. Independent association of low serum 25-hydroxyvitamin D and 1,25 dihydroxyvitamin D levels with all-cause and cardiovascular mortality. Arch Intern Med 2008;168:1340–9.

Un’ analisi dallo studio LURIC ha esaminato l’associazione tra deficienza di vitamina D e morte per scompenso cardiaco e morte improvvisa (SCD). I livelli di 25(OH)D erano correlati negativamente con il pro-BNP N-terminale ed inversamente associati con funzione ventricolare sinistra danneggiata. Quando si sono paragonati i pazienti con livelli di 25(OH)D <10 ng/mL ai pazienti con livelli di 25(OH)D ≥30 ng/mL, quelli con livelli più bassi di 25(OH)D avevano un aumento di mortalità per SC e per SCD (HR 2.84, 95% IC 1.20–6.74 e 5.05 95% IC 2.13–11.97, rispettivamente) dopo aggiustamento per fattori di rischio cardiovascolare. Risultati simili sono stati ottenuti per i livelli di 1,25(OH)2D.

Questi risultati dimostrano che la vitamina D ha un ruolo nella progressione dello SCC e nella SCD, ma non è chiaro se la supplementazione di vitamina D potrebbe ridurre la progressione dello SCC e la SCD.


Fonte

Pilz S, Marz W, Wellnitz B, et al. Association of vitamin D deficiency with heart failure and sudden cardiac death in a large cross-sectional study of patients referred for coronary angiography. J Clin Endocrin Metab 2008;93:3927–35.


A 383 pazienti in lista per trapianto cardiaco (FE media ~28%) in Olanda tra Maggio 2004 e Aprile 2006 sono stati misurati i livelli di calcitriolo (1,25(OH)2D). Questi pazienti sono stati poi seguiti, dopo l’inserimento nella lista per il trapianto, per l’esito di un anno libero da morte o da trapianto. Quando i pazienti sono stati classificati in lista urgente (UL) o in lista selettiva (EL), il calcitriolo era associato in maniera indipendente alla UL rispetto alla EL (p<0.001). Le concentrazioni di calcitriolo erano anche significativamente più basse in quei pazienti con un evento ad un anno rispetto a quelli che erano sopravvissuti. I pazienti con il terzile più alto di concentrazioni di calcitriolo (>73 pmol/l) ha avuto un numero significativamente più basso di eventi (HR 0.50, p=0.005) rispetto al terzile più basso di concentrazioni di calcitriolo (<43 pmol/l).
Questo studio mostra un’associazione tra basse concentrazioni di calcitriolo ed esiti peggiori nell’ultimo stadio dello scompenso cardiaco.


Fonte

Zitterman A, Schleithoff SS, Gotting C, et al. Poor outcomes in end-stage heart failure patients with low circulating calcitriol levels. Eur J Heart Fail 2008;10:321–7.


MALATTIA CORONARICA

Il Women's Health Initiative (WHI) era un trial prospettico, randomizzato, in doppio cieco, controllato vs placebo che ha valutato i rischi e i benefici della terapia ormonale sostitutiva in donne in post-menopausa. Alla prima o alla seconda visita annuale le partecipanti sono state invitate ad un sottostudio di questo trial teso ad indagare i benefici cardiovascolari di 500 mg di calcio più 200 UI di vitamina D3 (CaD) due tavolette al dì. La porzione CaD del trial ha arruolato 36.282 donne ed era anche prospettico, randomizzato in doppio cieco e controllato vs placebo, ma data l’età delle donne la supplementazione CaD era open label. Durante i 7 anni di follow-up, l’incidenza di CAD e/o di IM non era differente tra i due gruppi (HR 1.04 95% IC 0.92–1.18). Anche l’incidenza di stroke non era differente tra i 2 gruppi (HR 0.95 95% IC 0.82–1.10).

Gli autori concludono che la supplementazione di calcio e vitamina D non riduce il rischio di malattia arteriosa coronarica o di stroke in donne in post-menopausa.


Questo studio, tuttavia, ha delle limitazioni che possono aver influenzato i risultati. I partecipanti assegnati al gruppo calcio e vitamina D hanno ricevuto soltanto 400 UI di vitamina D al giorno, una dose che può non essere adeguata per la prevenzione della malattia cardiovascolare ed è ben noto che le dosi raccomandate di introito giornaliero sono di 800 UI per le donne in post-menopausa. Alle donne del braccio placebo è stato consentito di assumere supplementi di vitamina D e probabilmente esse hanno assunto dosaggi simili a quelli dell’altro gruppo, annullando, così, le differenze che si sarebbero potute vedere tra i due gruppi. Infine, sono stati misurati i livelli basali di 25-idrossivitamina D in questo studio. I benefici del supplemento solo per individui deficienti in vitamina D non possono essere valutati perché l’assegnazione al trattamento è stata determinata indipendentemente dallo stato della vitamina D. Sono necessari ampi studi prospettici che valutino dosi adeguate di supplementi di vitamina in individui carenti di vitamina D per capire il ruolo della vitamina D nella prevenzione della malattia cardiovascolare.

Fonte

Hsia J, Heiss G, Ren H, et al. Calcium/vitamin D supplementation and cardiovascular events. Circulation 2007;115:846–54.


Il Framingham Offspring Study con partecipanti senza malattia cardiovascolare è stato usato per valutare un’associazione tra livelli di vitamina D e incidenza di malattia cardiovascolare. Questa coorte è iniziata nel 1971 ed ha arruolato 5.124 persone dallo studio di popolazione originale Framingham Heart Study. Sono stati definiti eventi cardiovascolari l’IM, l’insufficienza coronarica, l’angina, lo stroke, gli attacchi ischemici transitori, la claudicatio intermittens o lo scompenso cardiaco. Dopo un follow-up di più di 5 anni su 1739 partecipanti tra il 1996 e il 2001, quelli con livelli di 25(OH)D <15 ng/mL avevano 1.6 (95% IC da 1.11 a 2.36, p=0.01) volte la probabilià di avere un incidente cardiovascolare rispetto a quelli con livelli di 25(OH)D ≥ 15 ng/mL, dopo aggiustamento per i convenzionali fattori di rischio. Vi era un trend lineare tra rischio di eventi cardiovascolari e livelli di 25(OH)D (p=0.01, per il trend lineare). L’effetto dei livelli di 25(OH)D sul rischio di incidenza di eventi cardiovascolari è stato visto solo in quelli con ipertensione (HTN) ma non in quelli senza.

Questa coorte fornisce supporto per un’associazione inversa tra livelli di 25(OH)D ed incidenza di eventi cardiovascolari, ma l’evidenza esiste solo a carico di coloro che sono affetti da HTN.


Fonte

Wang TJ, Pencina MJ, Booth SL, et al. Vitamin D deficiency and risk of cardiovascular disease. Circulation 2008;117:503–11.


IPERTENSIONE

La vitamina D ha mostrato di ridurre l’espressione della renina e la proliferazione delle cellule muscolari lisce vasali, il che può essere essenziale per la prevenzione della HTN. Il recettore della vitamina D è anche presente nel cuore e nei vasi. L’Health Professionals Follow-up Study (HPFS) e il Nurses' Health Study (NHS) sono sati combinati in questa analisi per indagare l’associazione tra livelli di vitamina D e incidenza di HTN. Dopo 4 anni di follow-up, uomini con livelli di 25-idrossivitamina D [25(OH)D] <15 ng/mL avevano 6.13 (95% IC da 1.00 a 37.8) volte il rischio di sviluppare ipertensione incidente rispetto a quelli con livelli di 25(OH)D ≥30 ng/mL. Nelle donne, gli stessi paragoni hanno portato a 2.67 (95% IC da 1.05 a 6.79) volte il rischio di ipertensione incidente. Quando si è valutato il rischio misto di uomini e donne, l’associazione rimaneva con 3.18 (95% IC da 1.39 a 7.29) volte il rischio di HTN incidente in quelli con livelli di 25(OH)D <15 ng/mL rispetto a quelli con livelli di 25(OH)D ≥30 ng/mL.

In conclusione, questa analisi ha fornito evidenza che i livelli di 25(OH)D sono inversamente ed indipendentemente associati con il rischio di incidenza di HTN, ma non è chiaro se la supplementazione routinaria di vitamina D riduca l’incidenza di HTN.


Fonte

Forman JP, Giovannucci E, Holmes MD, et al. Plasma 25-hydroxyvitamin D levels and risk of incident hypertension. Hypertension 2007;49:1063–9.


La Women's Health Initiative (WHI) era un trial prospettico, randomizzato, in dppio cieco, controllato vs placebo che ha valutato i rischi e i benefici della terapia ormonale sostitutiva in donne in post-menopausa. Alla prima o alla seconda visita annuale le partecipanti sono state invitate ad un sottostudio di questo trial teso ad indagare i benefici cardiovascolari di 500 mg di calcio più 200 UI di vitamina D3 (CaD) due tavolette al dì. La porzione CaD del trial ha arruolato 36.282 donne ed era anche prospettico, randomizzato in doppio cieco e controllato vs placebo, ma data l’età delle donne la supplementazione CaD era open label. Questa analisi dello studio WHI ha studiato gli effetti della CaD sulla incidenza di HTN. Dopo 7 anni di follow-up,non vi era differenza significativa nella modifica media della pressione sistolica (0.22 mmHg; 95% IC da −0.05 a 0.49 mmHg, p=0.14) o della pressione diastolica (0.11 mmHg; 95% IC da −0.04 a 0.27 mmHg, p=0.2) tra il gruppo CaD e quello placebo. Nelle donne che non erano ipertese al momento dell’arruolamento nello studio l’incidenza di HTN non era differente tra gruppo CaD e gruppo placebo (HR 1.01 95% IC da 0.96 a 1.06, p=0.69).

Questo studio ha dimostrato che la supplementazione di CaD non riduce né la pressione arteriosa né l’incidenza di ipertensione arteriosa in donne in post-menopausa.


Questo studio, tuttavia, ha alcune limitazioni che possono aver influenzato i risultati. I partecipanti assegnati a calcio e vitamina D hanno ricevuto soltanto 400 UI di vitamina D al giorno, una dose che può non essere adeguata per la prevenzione della malattia cardiovascolare ed è ben al di sotto dell’introito giornaliero di 800 UI raccomandato per le donne in post-menopausa. Alle donne nel gruppo placebo è stato permesso assumere supplementi di vitamina D e può darsi che l’introito di vitamina D sia stato simile in entrambi i gruppi, rendendo nulle le differenze che si sarebbero potute vedere tra i due gruppi. Infine, i livelli basali di 25-idrossivitamina D non sono stati misurati in questo studio. Il beneficio della supplementazione con vitamina D solo negli individui carenti potrebbe non essere stato valutato, poiché l’assegnazione al trattamento è stata fatta senza tener conto dello stato della vitamina D. Sono necessari ampi trial prospettici che valutino la supplementazione con dosi adeguate di vitamina D in individui veramente carenti per capire il ruolo della vitamina D nella prevenzione della malattia cardiovascolare.


Fonte

Margolis KL, Ray RM, Van Horn L, et al, for the Women's Health Initiative Investigators. Effect of calcium and vitamin D supplementation on blood pressure: The Women's Health Initiative Randomized Trial. Hypertension 2008;52:847–55.

A cura di Patrizia Iaccarino



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