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Terapia continuata con statine riduce mortalità da tutte le cause


Categoria : cardiovascolare
Data : 25 novembre 2009
Autore : admin

Intestazione :

Le statine, se assunte in modo continuo e protratto, incrementano la sopravvivenza dei pazienti sia in prevenzione primaria che secondaria.



Testo :

Mentre l’efficacia delle statine in prevenzione secondaria è stata già ben stabilita grazie a trial clinici a lungo termine, il loro valore terapeutico nella riduzione complessiva della mortalità in pazienti senza coronaropatie è a tutt’oggi poco chiaro. Questo studio si pone l’obiettivo di valutare l’efficacia delle statine sia in prevenzione primaria (assenza di patologie cardiovascolari, es. coronaropatie) che in prevenzione secondaria (pazienti con precedenti eventi cardiovascolari).

Questo studio retrospettivo di coorte si basa sui dati provenienti dal Maccabi Healthcare Services (MHS), un’organizzazione per il controllo della salute israeliana cui appartiene un database, già utilizzato in altri studi (Heymann AD et al. Diabetes Care 2004;27: 2581-84; Shalev V et al. J Clin Epidemiol 2007; 60: 86-93.), che contiene dati di prescrizione, dimissioni ospedaliere e dati di laboratorio di circa 1.700.000 pazienti.

Per questo studio sono stati selezionati, nel periodo compreso tra l’1 gennaio 1998 e il 31 dicembre 2006, i nuovi utilizzatori di statine >18 anni che avessero ricevuto almeno 1 prescrizione di statine. Con tali criteri, gli autori sono stati in grado di formare una coorte di 229.918 pazienti, poi suddivisa in due coorti separate: una in prevenzione primaria e l’altra in prevenzione secondaria. In quest’ultima sono stati inseriti tutti i pazienti con una diagnosi precedente di ischemia cardiaca, scompenso cardiaco congestizio, malattie vascolari periferiche, malattie cerebrovascolari, fibrillazione atriale o i pazienti che erano già stati sottoposti ad un intervento di bypass coronarico o cui era stato applicato uno stent coronarico.

La prima prescrizione di statine è stata utilizzata come index date. La persistenza alla terapia è stata calcolata in PDC (proportion of days covered) che è un valore ricavato dal rapporto tra la quantità di statine dispensate e l’intervallo di tempo tra l’index date e la morte del paziente o fino al 31 Dicembre 2006.

I dati di mortalità sono stati ricavati dall’Israel Population Registry e lo stato socio-economico dal censimento nazionale del 1995. L’analisi sulle variabili demografiche è stata effettuata utilizzando età, sesso, stato civile, luogo di residenza e nazionalità registrate all’index date. Il dato è stato inoltre aggiustato anche per lo status di cittadino israeliano od immigrato: un paziente è stato definito israeliano se aveva vissuto stabilmente in Israele per venti anni prima dell’index date.
Il livello di disabilità dei pazienti è stato ricavato dai dati del National Assurance Institute, il che ha permesso di includere nel modello patologie croniche quali BPCO, obesità patologica, psicosi, morbo di Alzheimer ed asma. L’impiego del National Cancer Registry ha permesso di aggiustare il dato per la presenza o meno di patologie neoplastiche. Infine, numero di ricoveri, numero di visite territoriali, la prescrizione di antipertensivi o diuretici nell’anno precedente all’index date, sono state considerate come variabili nel modello statistico dell’analisi. I pazienti sono stati seguiti per un tempo massimo di 9,5 anni.

Le statine, sono state classificate in base ai dati di efficacia provenienti da trial clinici già pubblicati (Valuck R et al. Clin The. 2003; 25: 2936-57; Meyer JW et al. Value Health 2005;8: 601-12; Jones P et al. Am J Cardio 1998; 81: 582-7; Dujovne CA et al. Mayo Clin Proc 2000;75:1124-32) in:

• bassa efficacia (riduzione <=30% dei livelli basali di colesterolo LDL): fluvastatina fino a 40 mg/die; pravastatina fino a 40 mg/die; cerivastatina 0,2 mg/die; simvastatina fino a 10 mg/die; lovastatina fino a 40 mg/die o 20 mg/2 volte/die;
• efficacia moderata (riduzione del 31%-40% dei livelli basali di colesterolo LDL): fluvastatina 80 mg/die; cerivastatina 0,3 o 0,4 mg/die; rosuvastatina fino a 10 mg/die; simvastatina 20 o 40 mg/die; atorvastatina 10 mg/die;
• elevata efficacia (riduzione >=41% dei livelli basali di colesterolo LDL): simvastatina 80 mg/die; atorvastatina >=20 mg/die; rosuvastatina >=10 mg/die; pravastatina 80 mg/die; lovastatina 80 mg/die.

A seguito dell’applicazione dei criteri di inclusione ed esclusione, sono state selezionate le due coorti di pazienti: 93.866 pazienti in prevenzione secondaria e 136.052 in prevenzione primaria, che costituivano insieme il 21.6% dell’intera popolazione dell’MHS. Durante il periodo dello studio 13.165 persone sono decedute e 3745 hanno lasciato l’MHS.

I pazienti in prevenzione secondaria erano più anziani (61,5 vs 54,8 anni), più frequentemente maschi (55,7% vs 44.3%), israeliani da più tempo ed appartenenti al quintile più alto nella stratificazione dello stato sociale (22,7% vs 13.1%). Inoltre, erano più frequentemente trattati con statine ad elevata efficacia, più ospedalizzati, più visitati nel territorio ed avevano in media un livello più basso di colesterolo rispetto ai pazienti in prevenzione primaria (154.8 vs 162.5). Ipertensione, diabete ed obesità patologica sono state riscontrate frequentemente. Inoltre, in entrambe le coorti la simvastatina era il farmaco più utilizzato.

Durante il periodo medio di 4.0 e 5.0 anni di follow-up, ci sono stati 4259 decessi (7.8 per 1000 anni-persona) nella coorte di pazienti in prevenzione primaria e 8906 (19,0 per 1000 anni-persona) tra quelli in prevenzione secondaria. Le caratteristiche basali dei pazienti associate con un aumentato rischio di mortalità erano diabete mellito, neoplasie e >=1 comorbidità cronica (prevenzione primaria), uso di antipertensivi o diuretici, ricoveri ospedalieri nell’anno precedente all’index date e livelli di colesterolo >=190 mg/dl (prevenzione primaria). Di contro, una maggiore frequenza di visite nel territorio nell’anno precedente all’index date così come l’uso di statine altamente efficaci erano associate ad una riduzione significativa del rischio di mortalità.

Nell’analisi stratificata per PDC (10% per gruppo), la maggiore riduzione del rischio è risultata tra i pazienti di età compresa tra i 55 ed i 64 anni (HR 0.91; 95% CI 0.89-0.93) in prevenzione primaria, mentre tra i pazienti in prevenzione secondaria, si è rivelato un trend significativo (p<0.01) di riduzione di mortalità nei pazienti più giovani all’index date, raggiungendo un HR di 0.86 (0.80-0.93) per 10% PDC in pazienti <45 anni.

In entrambe le coorti, è stata riscontrata una forte riduzione del rischio in pazienti con un livello basale <=190 mg/dl di colesterolo LDL e nei trattati con statine altamente efficaci. Dopo aver aggiustato i dati per sesso ed età, una PDC compresa tra 10% e 20% è stata associata ad un aumento della mortalità, rispetto ad una PDC <10%, sia in prevenzione primaria che secondaria. Di contro, valori maggiori di PDC hanno esitato in un’associazione significativamente negativa con il rischio di mortalità.
Trend simili sono stati riscontrati controllando il dato per tutte le caratteristiche patologiche e demografiche precedentemente descritte. Per valutare eventuali fattori di confondimento legati ai livelli di colesterolo basali, sono stati stimati i livelli basali di colesterolo a partire dalla statina e dalla sua dose assunta. Il dato aggiustato per i valori basali di colesterolo, ha indicato che una PDC >=90% è risultata in una riduzione del rischio di mortalità del 45% in prevenzione primaria e del 51% in prevenzione secondaria, quando raffrontata con una PDC <=10%.
La sospensione del farmaco però potrebbe essere stata causata anche da un peggioramento della salute del paziente che di per sé causa un aumento del rischio di mortalità, introducendo un possibile bias tra i risultati. Un’analisi di sensibilità è stata pertanto effettuata escludendo i pazienti con <1 anno di follow-up a partire dall’index date. Applicando questa selezione, il gruppo con PDC compresa tra il 10% ed il 20% non era più associato ad un aumento di mortalità, mentre una PDC >=90% si associava ad un HR aggiustato di 0.42 (0.37-0.47) in prevenzione primaria e di 0.39 (0.36-0.42) in prevenzione secondaria. Risultati simili sono stati ottenuti escludendo i pazienti con meno di 5 anni di follow-up.


Questo studio dimostra un’elevata efficacia delle statine in pratica clinica nell’incrementare la sopravvivenza dei pazienti sia in prevenzione primaria che secondaria. Dimostra inoltre che l’aderenza alla terapia è un fattore fondamentale per ridurre ancor di più la mortalità dei pazienti con patologie cardiovascolari note o non ancora manifeste.


Commento

I dati di questo studio, così come quelli provenienti da altri studi osservazionali, rilevano differenze considerevoli rispetto agli esiti provenienti dai trial clinici. Infatti, nei primi la riduzione di mortalità si attesta attorno al 40-50% (Hippisley-Cox J et al. Hearth 2006; 92: 752-8; Anker SD et al. Int J Cardiol 2006;112: 234-42), nei secondi intorno al 12% (Abramson J et al. Lancet 2007; 369: 168-9).
Una possibile spiegazione di tale differenza è la non selezione dei pazienti, che può mettere meglio in evidenza tutte le altre proprietà farmacologiche delle statine (antinfiammatorie, antitrombotiche, antiapoptotiche, etc). Rispetto a studi precedenti in cui sono stati confrontati utilizzatori di statine verso non utilizzatori, questo studio dovrebbe avere una minore probabilità di essere condizionato da eventuali fattori confondenti (es. l’indicazione alla terapia) che potrebbero esitare in differenti caratteristiche basali delle popolazioni studiate. In questo studio, utilizzando un comparatore interno (pazienti con almeno una prescrizione di statine), il rischio di avere un confounding by indication è stato ridotto al minimo.

Il limite maggiore dello studio, come per tutti gli studi osservazionali, è la mancanza di randomizzazione. Inoltre la PDC non è una misura diretta di persistenza al trattamento e potrebbe essere inficiata da variabili difficilmente misurabili quali una migliore qualità di assistenza, ed una strategia terapeutica più aggressiva. Inoltre, è ben noto che l’aderenza alla terapia, sia al farmaco che al placebo, causa di per sé una forte riduzione del rischio di mortalità indicando che il “comportamento virtuoso” dei pazienti complianti è per se stesso associato all’outcome in studio (Granger BB et al. Lancet 2005; 366: 2005-11). Inoltre, lo studio è stato effettuato partendo da dati di dispensazione dei farmaci, il che non assicura che il paziente abbia effettivamente assunto il farmaco. Uno studio precedente ha comunque indicato una leggera differenza, peraltro non significativa, tra il numero medio di pillole dispensate (82.3) ed assunte (78.7) in 12 mesi (Lee JK et al. Ther Clin Risk Manag 2007;3:685-90).

Dottor Francesco Salvo

Riferimento bibliografico

Shalev V et al. Continuation of statin treatment and all-cause mortality. Arch Int Med 2009; 169: 260-68.

Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.pharmtox.org/sif/



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