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Benazapril più efficace se associato ad amlodipina che ad idroclorotiazide

Categoria : cardiovascolare
Data : 06 settembre 2009
Autore : admin

Intestazione :

L’associazione benazepril+amlodipina è superiore a quella benazepril+idroclorotiazide nel ridurre il rischio di eventi cardiovascolari e di decesso nei pazienti ipertesi ad alto rischio.



Testo :

Per il conseguimento degli obiettivi indicati nelle linee guida per la gestione dell’ipertensione è spesso necessario ricorrere a più farmaci antipertensivi. Nei trial disegnati per testare l’efficacia di singoli farmaci, spesso sono stati aggiunti altri principi attivi per ottenere un adeguato controllo pressorio, con possibile effetto di confondimento sull’interpretazione degli effetti del farmaco oggetto dello studio.

Le attuali linee guida statunitensi (seventh report of the Joint National Committee on Prevention, Detection, Evaluation, and Treatment of High Blood Pressure [JNC 7]) raccomandano l’inserimento dei diuretici tiazidici nelle terapie di associazione. Tuttavia, dovrebbero essere prese in considerazione anche associazioni che non prevedano l’impiego di questi farmaci.

Uno studio sperimentale (Mason RP. Am J Med 2005; 118: 54-61) ha evidenziato come il calcio-antagonista amlodipina aumenti efficacemente la disponibilità di nitrossido a livello dell’endotelio vascolare, mentre altri studi hanno evidenziato che l’effetto combinato di amlodipina e un ACE-inibitore sia maggiore di quello esercitato dalle singole molecole. Questa associazione, rispetto ad altre terapie, ha anche dimostrato di rallentare la progressione delle lesioni aterosclerotiche in animali di laboratorio. Allo stesso modo, negli esseri umani, l’associazione amlodipina e benazepril sembra avere effetti additivi nel ridurre l’ipertrofia ventricolare sinistra e la resistenza arteriosa e potrebbe, quindi, avere un effetto protettivo sugli organi bersaglio, indipendentemente dalla riduzione della pressione arteriosa.

Lo studio ACCOMPLISH è stato disegnato per verificare l’ipotesi che associare un ACE-inibitore ad amlodipina, piuttosto che ad un diuretico tiazidico, permetta di ottenere migliori outcome cardiovascolari.

L’ACCOMPLISH è un trial multicentrico (realizzato in 548 centri distribuiti in 5 Stati) randomizzato in doppio cieco volto a valutare il tasso di morbilità e mortalità cardiovascolare quando vengono impiegate 2 diverse associazioni terapeutiche (benazepril + amlodipina o benazepril + idroclorotiazide) in pazienti ipertesi ad alto rischio cardiovascolare, compresi pazienti con anamnesi positiva per eventi coronarici, infarto miocardico, rivascolarizzazione o stroke, funzionalità renale alterata, arteriopatia periferica, ipertrofia ventricolare sinistra o diabete mellito.
Gli 11.506 pazienti selezionati (età media 68,4 anni, 39,5% donne, 49,6% con BMI >30, 60,4% con diagnosi di diabete) sono stati randomizzati a ricevere (rapporto 1:1) 20 mg di benazepril e 5 mg di amlodipina (n= 5744) o 20 mg di benazepril e 12,5 mg di idroclorotiazide (n= 5762), una volta al giorno.
Dopo un mese dalla randomizzazione, in entrambi i bracci il benazepril è stato aumentato a 40 mg/die. Inoltre, i ricercatori potevano aumentare l’amlodipina a 10 mg/die e l’idroclorotiazide a 25 mg/die, qualora lo avessero ritenuto necessario per raggiungere valori pressori <140/90 mmHg (130/80 mmHg per i pazienti diabetici o nefropatici). È stata concessa la possibilità di aggiungere altri antipertensivi come beta-bloccanti, alfa-bloccanti, clonidina e spironolattone (ma non calcio-antagonisti, ACE-inibitori, sartani e tiazidici). È stato anche permesso il ricorso ai diuretici dell’ansa, in un’unica somministrazione giornaliera, per la gestione della volemia.
Dopo un iniziale periodo di 3 mesi per l’aggiustamento della dose, i pazienti sono stati valutati a 6 mesi e poi ad intervalli di 6 mesi fino al termine del trial.

L’end point primario composito era costituito da eventi cardiovascolari (infarto miocardico non fatale, stroke, ricovero per angina instabile, rivascolarizzazione coronarica o rianimazione dopo arresto cardiaco improvviso) e decesso per cause cardiovascolari (morte cardiaca improvvisa, infarto miocardico, stroke, intervento alle coronarie, scompenso cardiaco congestizio ecc). In ogni soggetto è stato considerato solo il primo evento occorso.
Gli end point secondari erano rappresentati dagli eventi cardiovascolari, definiti per l’end point primario ma ad eccezione degli eventi fatali, e dai decessi per cause cardiovascolari, stroke ed infarto miocardico non fatali. Sono stati riportati come end point anche i singoli componenti degli end point primari e secondari, il ricovero per scompenso cardiaco e il decesso per qualsiasi causa.
Il periodo di follow-up è stato in media di 35,7 mesi per il gruppo trattato con benazepril-amlodipina e 35,6 per il gruppo trattato con benazepril-idroclorotiazide. L’esposizione media al trattamento è stata rispettivamente di 30,0 e 29,3 mesi.

Al termine del periodo di aggiustamento della dose, la dose massima prevista per i farmaci in esame era stata raggiunta dal 60,9% dei trattati con benazepril-amlodipina e dal 60,3% dei trattati con benazepril-idroclorotiazide. In ogni gruppo, dopo un anno di studio, il 32,3% dei pazienti aveva dovuto ricorrere ad uno degli altri anti-ipertensivi permessi in aggiunta alla dose massima dei farmaci in esame.
Al momento dell’arruolamento, la maggior parte dei pazienti (97,2%) era già in trattamento per ipertensione ed il 74,7% stava assumendo farmaci di 2 o più classi, mentre solo il 37,3% aveva una pressione arteriosa <140/90 mmHg.
La pressione al basale era simile tra i 2 gruppi, così come simile è stata la riduzione rispetto al basale nel corso del trial. La pressione media dopo aggiustamento della dose è stata di 131,6/73,3 mmHg nel gruppo benazepril+amlodipina (5463 pazienti) e 132,5/74,4 mmHg nel gruppo benazepril+idroclorotiazide (5474 pazienti). La differenza media nella pressione arteriosa tra i 2 gruppi è stata di 0,9 mmHg per la sistolica e 1,1 mmHg per la diastolica (p<0,001).

Il controllo della pressione arteriosa, definito come il conseguimento di valori <140/90 mmHg, è stato ottenuto in media dal 75,4% dei pazienti del gruppo benazepril+amlodipina e dal 72,4% del gruppo benazepril+idroclorotiazide.

Dopo un periodo di trattamento medio di 30 mesi ed in base ai dati su 979 pazienti in cui si era verificato l’end point primario, il comitato di monitoraggio dei dati e della safety ha osservato una differenza tra i 2 gruppi in trattamento che eccedeva il limite prefisso per l’interruzione ed ha raccomandato la conclusione anticipata dello studio.

L’outcome primario è occorso in 552 pazienti (9,6%) nel gruppo benazepril+amlodipina rispetto ai 679 (11,8%) del gruppo benazepril+idroclorotiazide, indicativo di una riduzione del rischio assoluto (ARR) di 2,2 punti percentuali ed una riduzione del rischio relativo (RRR) del 19,6% (HR 0,80; p<0,001). Il tasso di eventi primari per 1000 anni-paziente è stato di 32,3 nel gruppo benazepril+amlodipina e 39,7 nel gruppo benazepril+idroclorotiazide.

Per quanto riguarda gli end point secondari (decesso per cause cardiovascolari, infarto miocardico e stroke non fatali) sono stati registrati 288 eventi (5,0%) nel gruppo benazepril+amlodipina e 364 (6,3%) nel gruppo benazepril+idroclorotiazide, indicativi di una ARR di 1,3 punti percentuali ed una RRR del 21,2% (HR 0,79; p=0,002).

Sempre nell’ambito degli end point secondari, sono stati registrati 494 eventi cardiovascolari (8,6%) nel gruppo benazepril+amlodipina rispetto ai 592 (10,3%) del gruppo benazepril+idroclorotiazide, indicativi di una ARR di 1,7 punti percentuali e di una RRR del 17,4% (HR 0,83; p=0,002).

Nel gruppo trattato con benazepril+amlodipina rispetto a benazepril+idroclorotiazide è stato inoltre segnalato un minor numero di infarti miocardici fatali e non (ARR di 0,6 punti percentuali; RRR del 21,5%; p=0,04) e di procedure di rivascolarizzazione coronarica (ARR di 0,9 punti percentuali; RRR del 13,9%; p=0,04), mentre la percentuale di ricovero per scompenso cardiaco non differiva tra i 2 gruppi (1,7% in entrambi i bracci; HR per il gruppo benazepril+amlodipina 1,04; p=0,77). Inoltre, se i casi di scompenso che avevano richiesto l’ospedalizzazione venivano aggiunti all’end point primario composito, la percentuale degli eventi era del 10,7% nel gruppo benazepril+amlodipina verso il 12,8% dell’altro gruppo, indicando una ARR di 2,1 punti percentuali ed una RRR del 17,2% (HR 0,83; p<0,001). La rianimazione dopo arresto cardiaco improvviso è stata possibile solo in 2 pazienti (0,2% dei trattati con benazepril+amlodipina rispetto allo 0,1% dell’altro gruppo (HR per il gruppo benazepril+amlodipina 1,75; p=0,20).

La percentuale cumulativa di interruzione del trattamento (esclusi i casi di decesso) è stata simile tra i 2 gruppi (28,8% con benazepril+amlodipina e 31,2% nell’altro gruppo). Le principali cause di interruzione sono state gli eventi avversi o le alterazioni dei parametri di laboratorio.

L’ACCOMPLISH trial mostra come l’associazione benazepril+amlodipina sia superiore a quella benazepril+idroclorotiazide nel ridurre il rischio di eventi cardiovascolari e di decesso nei pazienti ipertesi ad alto rischio.


Commento

Rilevare che l’amlodipina sia superiore all’idroclorotiazide nel prevenire eventi cardiovascolari in pazienti che assumono un ACE-inibitore potrebbe sorprendere, alla luce dei risultati dello studio ALLHAT (JAMA 2002; 288: 2981-97), secondo il quale amlodipina e clortalidone hanno effetti simili sulla mortalità e sulla percentuale di stroke e di infarto miocardico. Una possibile spiegazione delle discordanze tra l’ACCOMPLISH e l’ALLHAT è che il clortalidone potrebbe differire dall’idroclorotiazide negli effetti esercitati sugli outcome, indipendentemente dall’effetto sulla pressione arteriosa. Si potrebbe anche ipotizzare che associare l’amlodipina ad un farmaco che inibisce il sistema renina-angiotensina (rispetto alla monoterapia con amlodipina) possa comportare un effetto benefico unico.
Alcune limitazioni mitigano le conclusioni dello studio ACCOMPLISH: 25 mg di idroclorotiazide potrebbero non essere sufficienti a garantire un beneficio cardiovascolare ottimale (anche se la pressione sistolica nei 2 gruppi differiva per meno di 1 mmHg) ed un adeguato controllo nell’arco delle 24 ore; inoltre molti partecipanti non erano completamente rappresentativi della vasta popolazione degli ipertesi.
In effetti, per quanto riguarda l’estendibilità dei risultati dell’ACCOMPLISH alla popolazione generale degli ipertesi, i partecipanti allo studio erano più anziani, avevano un’ipertensione relativamente grave e un’elevata prevalenza di malattie cardiovascolari e diabete. Sebbene questo gruppo di soggetti non rispecchi tutta la popolazione degli ipertesi, la stessa critica potrebbe essere mossa anche ad altri trial. Le raccomandazioni dovrebbero quindi basarsi sul totale delle evidenze disponibili piuttosto che sui risultati di un singolo trial.

Il JNC 7, pubblicato nel 2003, preferisce i diuretici tiazidici come terapia iniziale per la maggior parte dei pazienti ipertesi in assenza di forti indicazioni per determinati farmaci. Tuttavia, è giunto il momento di riesaminare queste raccomandazioni, senza nulla togliere all’importanza dei diuretici (la cui efficacia nel prevenire gli eventi cardiovascolari è stata evidenziata in metanalisi di trial clinici che hanno coinvolto pazienti ipertesi).
I risultati di studi recenti, compreso l’ACCOMPLISH, quando considerati nel loro insieme, suggeriscono che è opportuna una maggiore flessibilità nella scelta del farmaco con cui iniziare la terapia. Secondo l’editoriale di accompagnamento all’ACCOMPLISH, ogni principale classe di farmaci (diuretici, ACE-inibitori, calcio-antagonisti, sartani e, in misura minore, beta-bloccanti) può essere ragionevolmente considerata come prima scelta. La scelta di un farmaco dovrebbe dipendere da una serie di fattori quali indicazioni, controindicazioni, condizioni concomitanti, effetti avversi, etnia ed esperienza del medico. I dati dell’ACCOMPLISH, inoltre, non ridimensionano il valore dell’associazione ACE-inibitore+diuretico, associazione che riduce efficacemente la pressione arteriosa e che ha recentemente dimostrato di produrre una maggiore riduzione di mortalità e morbilità nel grande anziano (Beckett NS et al. N Engl J Med 2008; 358:1887-98).
Molti sono i farmaci di cui ci si può avvalere per il controllo dell’ipertensione, tutti con un accettabile profilo rischio/beneficio e molti oggi disponibili come farmaci equivalenti. Sfortunatamente, nonostante i notevoli progressi conseguiti, negli Stati Uniti la pressione arteriosa rimane non adeguatamente controllata in quasi i 2/3 dei pazienti ipertesi.

Conflitto di interesse

Lo studio è sponsorizzato dalla Novartis.

Dottoressa Maria Antonietta Catania

Riferimenti bibliografici

1) Jamerson KJ et al. Benazepril plus amlodipine or hydrochlorothiazide for hypertension in high-risk patients. N Engl J Med 2008;359:2417-28.

2) Chobanian AV. Does it matter how hypertension is controlled? N Engl J Med 2008;359:2485-8.

Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/



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