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Serve lo screening cardiovascolare individuale?


Categoria : cardiovascolare
Data : 12 giugno 2009
Autore : admin

Intestazione :

Quali sono le migliori strategie per ridurre il rischio cardiovascolare?



Testo :

Il BMJ ospita un interessante articolo per la serie "Testa a Testa": lo screening cardiovascolare di soggetti a rischio porta ad importanti benefici clinici?
Abbastanza critico è il professor Simon Capewell, epidemiologo dell'università di Liverpool. La sua posizione è senza dubbio intrigante e controcorrente e merita di essere analizzata in dettaglio.
Egli cita referenze bibliografiche che dimostrano che
1) il controllo dello stato di salute e il follow-up "tagliato" per valutare il rischio cardiovascolare ha solo un impatto modesto sugli eventi cardiovascolari (OXCHECK trial)
2) recenti revisioni di letteratura suggeriscono che questi screening siano meno efficaci di quanto comunemente si pensi
3) il consiglio dei medici ai pazienti che fumano di smettere ha un effetto modesto sulla riduzione del fumo
4) nei programmi di screening i drop-outs sono molti, soprattutto nei ceti sociali più bassi, quelli già più propensi ad ammalarsi di malattie cardiovascolari
5) tutti i sistemi per calcolare il rischio cardiovascolare sono imperfetti e molti medici li capiscono poco
6) la scarsa aderenza dei pazienti ai trattamenti cronici (statine, antipertensivi, asa, etc.) riduce ulteriormente i potenziali benefici dello screening
7) anche nei pazienti che continuano a prendere i farmaci la riduzione del rischio è stimabile in circa il 15% per gli antipertensivi e nel 25% per le statine; nell'ipotesi più ottimistica di un effetto additivo con riduzione del rischio del 40% circa, più della metà del rischio cardiovascolare rimane comunque inalterata
8) l'efficacia dei farmaci riscontrata negli RCT non si traduce automaticamente in un'efficacia analoga nel mondo reale
9) nelle donne l'efficacia delle statine in prevenzione primaria è bassa
All'approccio personalizzato alle persone ad alto rischio Capewell ritiene sia preferibile un approccio di popolazione che riesca a ridurre anche di poco la pressione, la colesterolemia e l'abitudine al fumo: questo tipo di strategia riuscirebbe ad evitare molti più eventi e decessi. Gli interventi possibili potrebbero essere molti: dall' abolizione degli acidi grassi saturi nei cibi, alla riduzione del sodio nelle dieta, al divieto di fumare nei luoghi pubblici. Questo tipo di intervento inoltre sarebbe molto meno costoso.


Fonte:

1. Jackson R et al. Will screening individuals at high risk of cardiovascular events deliver large benefits? Yes. BMJ 2008 Oct 4; 337:a1371
2. Capewell S. Will screening individuals at high risk of cardiovascular events deliver large benefits? No
BMJ 2008 Oct 4; 337:a1395



Commento di Renato Rossi

Che dire? E' ampiamente accettato in letteratura che lo screening individuale per identificare soggetti a rischio cardiovascolare elevato sia utile, tanto è vero che viene incoraggiato l'uso di particolari strumenti (carte, software) che servono a calcolare il rischio futuro di eventi. Non desta quindi meraviglia la posizione di chi afferma che tale approccio porterebbe a salvare molte vite.
Chi afferma il contrario va decisamente contro-corrente, tuttavia le criticità individuate da Capewell sono reali. Alcune ben note, come per esempio la scarsa aderenza dei pazienti alle terapie croniche, l'imperfezione delle carte del rischio, la difficile trasferibilità dei risultati dei trials nella pratica clinica. Pertanto le sue obiezioni sono ampiamente condivisibili. Nonostante questo riteniamo che le due modalità (approccio di popolazione e screening individuale) non possano essere messe in contrapposizione, ma si debbano integrare l'una con l'altra. Alle misure proposte da Capewell se ne possono aggiungere altre, come per esempio la valorizzazione della attività fisica, i consigli su una dieta alimentare sana e povera di grassi e zuccheri raffinati, l'aumento del costo delle sigarette. E' ovvio però che un approccio di questo genere, esteso a tutta la popolazione, è molto difficile da ottenere, richiede strategie complesse da parte di politici, educatori, industria alimentare, etc. Insomma la strada è lunga e difficile, mentre la scelta di privilegiare l'individuazione di soggetti ad alto rischio è più facile ed immediata, seppur non senza difficoltà e pur riconoscendo che l'efficacia è probabilmente inferiore a quanto comunemente viene ritenuto anche dagli stessi medici.
Sulle strategie idonee a ridurre il rischio cardiovascolare è già stata dedicata un'analisi approfondita alla quale si rimanda: http://www.pillole.org/public/aspnuke/pdf.asp?print=news&pID=3256.




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