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Gli ACE inibitori non sono tutti eguali nello scompenso


Categoria : cardiovascolare
Data : 07 febbraio 2009
Autore : admin

Intestazione :

Ramipril sembra associato ad una riduzione della mortalità nei pazienti con scompenso rispetto a captopril e enalapril.



Testo :

Diversi trial clinici randomizzati hanno evidenziato che gli ACE-inibitori migliorano la sopravvivenza e riducono il tasso di riospedalizzazione di pazienti con insufficienza cardiaca congestizia. Tuttavia, le evidenze disponibili non indicano se tutti gli ACE-inibitori apportano i medesimi benefici, soprattutto perchè non tutti i principi attivi sono stati valutati in questo tipo di soggetti. La maggior parte degli studi pubblicati non è stata capace di stabilire se esiste un effetto di classe anche perchè ci si è limitati ad effettuare dei confronti tra singoli principi attivi e placebo.
Dal momento che gli ACE-inibitori differiscono in termini di struttura chimica, emivita, via di eliminazione, biodisponibilità e grado di penetrazione tissutale, anche la loro efficacia può variare. Tuttavia, essendo minime le differenze di efficacia tra i diversi ACE-inibitori, per rilevarle è necessario un campione molto ampio che garantisca un potere statistico adeguato.

Questo studio ha utilizzato le informazioni relative alle ospedalizzazioni e alle prescrizioni presenti nei database di Quebec, Ontario e British Columbia con l’obiettivo di valutare se tutti i principi attivi appartenenti alla classe degli ACE-inibitori determinano una riduzione della mortalità simile in pazienti ospedalizzati per insufficienza cardiaca congestizia.

Sono stati analizzati i dati sul trattamento e sugli esiti clinici di tutti i pazienti >65 anni ricoverati in ospedale per insufficienza cardiaca congestizia tra l’1 gennaio 1998 e il 31 marzo 2002 e che non erano stati ricoverati per la stessa ragione nei 3 anni precedenti il periodo di studio. I pazienti sono stati seguiti fino al 31 dicembre 2002 per garantire almeno 9 mesi di follow-up.
Sono stati identificati i pazienti con insufficienza cardiaca che hanno avuto almeno 1 prescrizione di un ACE-inibitore entro 30 giorni dalla dimissione. I pazienti sono stati classificati in base al primo ACE-inibitore prescritto alla dimissione. Sono stati presi in considerazione gli ACE-inibitori più utilizzati (ramipril, lisinopril, fosinopril, quinapril, enalapril, captopril, perindopril e cilazapril), escludendo il trandopril e il benazepril e le associazioni con diuretici o calcio-antagonisti.
Per ogni paziente sono state valutate le patologie concomitanti, le procedure cardiache effettuate tra la data di ricovero e la data della prima prescrizione di ACE-inibitori ed i farmaci concomitanti (diuretici dell’ansa, spironolattone, metolazone o altri diuretici, nitrati, beta-bloccanti, digossina, warfarin, calcio-antagonisti, ipolipemizzanti, amiodarone, ticlopidina o clopidogrel, sartani o idralazina).
È stato scelto il ramipril come farmaco di riferimento per il confronto con gli altri ACE-inibitori, in quanto era quello maggiormente prescritto nei pazienti con insufficienza cardiaca congestizia.

Un totale di 43.316 pazienti ospedalizzati per insufficienza cardiaca congestizia ha ricevuto la prima prescrizione di ACE-inibitori entro 30 giorni dalla dimissione dall’ospedale. L’ACE-inibitore più prescritto era il ramipril (34%), seguito da enalapril (29%), lisinopril (16%), fosinopril (9%), captopril (5%), quinapril (5%), perindopril (2%) e cilazapril (1%). Circa il 10% dei pazienti è passato ad un altro ACE-inibitore entro 1 anno dalla dimissione. La percentuale aumentava al 17% alla fine del periodo di follow-up (2,1 anni in media dal momento del ricovero).

Le caratteristiche dei pazienti erano simili (età media 78 anni; entrambi i sessi erano rappresentati per il 50% circa; le patologie concomitanti erano distribuite in modo pressoché uniforme), tranne che nel gruppo trattato con fosinopril (un ACE-inibitore con bassa clearance renale) nel quale era più probabile che i pazienti fossero affetti da patologie renali. Inoltre, i pazienti trattati con ramipril assumevano anche beta-bloccanti e spironolattone.

Durante il periodo di follow-up, sono deceduti 16.618 pazienti. La mortalità associata a 5 ACE-inibitori era simile a quella del ramipril: l’hazard ratio aggiustato era pari a 0,95 (CI 95% 0,89–1,02) per lisinopril, 0,92 (0,85–1) per fosinopril, 0,99 (0,88–1,11) per quinapril, 0,90 (0,77–1,06) per perindopril e 1 (0,80–1,24) per cilazapril. Tuttavia, l’uso di enalapril e captopril è stato associato ad una mortalità superiore rispetto al ramipril: l’hazard ratio aggiustato era pari a 1,10 (1,04–1,16) per enalapril e 1,13 (1,01–1,26) per captopril.

I motivi sottesi ai diversi effetti tra i vari ACE-inibitori possono essere differenti. Ad esempio, la mortalità maggiore associata ad enalapril e captopril poteva essere dovuta alla posologia; infatti questi farmaci devono essere assunti più volte al giorno, a causa della minore durata d’azione, con periodi in cui il farmaco non è attivo e con una riduzione della compliance. Pertanto i farmaci assunti una volta al giorno possono risultare più efficaci.
Un’altra possibile spiegazione è che i benefici degli ACE-inibitori possono dipendere da specifiche proprietà farmacologiche e da caratteristiche strutturali che condizionano la diversa penetrazione nei tessuti. Ad esempio, il ramipril, che ha un elevato grado di penetrazione tissutale, previene la mortalità e gli eventi cardiaci in pazienti ad alto rischio senza insufficienza cardiaca congestizia. Tuttavia, non è stato ancora dimostrato che questo si verifica anche nei pazienti affetti da insufficienza cardiaca congestizia.
Infatti, non essendo ancora stato condotto un trial disegnato specificatamente per confrontare l’outcome in pazienti cardiopatici trattati con ACE-inibitori con diverso grado di penetrazione tissutale, l’importanza clinica di questo parametro non è stata chiarita.
Il principale limite, legato all’utilizzo di database, è rappresentato dalla mancanza di informazioni su alcune caratteristiche clinicamente importanti dei pazienti. Ad esempio, non erano disponibili dati sulla frazione di eiezione e sulla disfunzione sistolica vs la diastolica.
Inoltre, è stata focalizzata l’attenzione su pazienti che hanno ricevuto prescrizioni di ACE-inibitori, minimizzando il confounding by indication.
Nonostante ciò, rimane la possibilità che alcuni ACE-inibitori siano prescritti preferibilmente a pazienti con una bassa frazione di eiezione o con disfunzione sistolica vs diastolica.


I risultati dello studio suggeriscono che nel prescrivere un ACE-inibitore a pazienti con insufficienza cardiaca congestizia, va preso in considerazione un possibile aumento del 10–15% della mortalità con captopril e con enalapril rispetto a ramipril.


Commento

L’editorale di accompagnamento allo studio sottolinea che i risultati del trial Heart Outcomes Prevention Evaluation (HOPE) (N Engl J Med 2000; 342: 145-53) hanno indotto molti medici a ritenere l’effetto di classe così importante da conferire a tutti gli ACE-inibitori effetti benefici simili in tutte le indicazioni valutate per ogni singolo farmaco.
Il fallimento dello studio Prevention of Events with Angiotensin Converting Enzyme Inhibition (PEACE) (Braunwald E et al. N Engl J Med 2004; 351: 2058-68) ha messo in dubbio il concetto di effetto di classe; tuttavia, qualcuno ha ritenuto che le differenze nella popolazione di pazienti o in altri trattamenti potessero spiegare la mancanza di benefici.
Già nel 2004 (Ann Int Med 2004; 141: 102-12) era stato evidenziato dagli stessi autori dello studio condotto sui database che il ramipril fosse associato ad una mortalità inferiore rispetto ad altri ACE-inibitori. Tuttavia, altri autori hanno pubblicato un’analisi osservazionale (Hansen MI et al. Br J Clin Pharmacol 2008; 65: 217-23) su pazienti con infarto del miocardio, in cui non sono state riscontrate differenze nella mortalità tra ramipril ed altri ACE-inibitori.
Anche se è plausibile che il ramipril possa essere superiore agli altri farmaci della stessa classe, ci sono dei potenziali errori nello studio condotto sui database. Intanto, i pattern di prescrizione possono variare in modo notevole tra l’ACE-inibitore valutato nel trial HOPE e quelli tradizionalmente utilizzati nel trattamento dell’insufficienza cardiaca. In altre parole, il ramipril può essere prescritto a pazienti a basso rischio, mentre gli altri ACE-inibitori nei pazienti ad alto rischio. In secondo luogo, le abitudini prescrittive dei medici possono essere correlate non necessariamente al ramipril, ma ad altre attività terapeutiche (es. procedure cardiovascolari, farmaci concomitanti) che influenzano l’outcome. In terzo luogo, le caratteristiche dei pazienti possono differire nelle varie popolazioni in studio.
Inoltre, sempre in questo studio, mancano dati sulla frazione di eiezione che rappresenta uno dei più importanti fattori di rischio nello stabilire la prognosi in pazienti con insufficienza cardiaca.

Dottoressa Alessandra Russo

Riferimenti bibliografici

1) Pilote L et al. Effect of different angiotensin-converting-enzyme inhibitors on mortality among elderly patients with congestive heart failure. CMAJ 2008; 178: 1303-11.

2) Hernandez AF and Harrington RA. Comparative effectiveness of angiotensin-converting-enzyme inhibitors: is an ACE always an ace? CMAJ 2008; 178: 1316-9.


Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/



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