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Metformina vs insulina per il trattamento del diabete gestazionale


Categoria : ostetricia
Data : 22 gennaio 2009
Autore : admin

Intestazione :

La metformina, in monoterapia o con insulina, è un trattamento efficace e sicuro del diabete gestazionale; le pazienti ritengono la metformina più accettabile dell’insulina, ma i dati sullo sviluppo del bambino sono insufficienti.



Testo :

Il diabete gestazionale, definito come intolleranza al glucosio insorta per la prima volta durante la gravidanza, costituisce un fattore di rischio per eventi avversi di vario tipo (ad es. eccessiva crescita fetale, aumentata incidenza di traumi alla nascita, parto cesareo, anomalie metaboliche neonatali, quali policitemia, iperbilirubinemia, ipoglicemia) e per l’insorgenza di diabete nella madre e nel figlio. Le strategie di trattamento prevedono variazioni delle abitudini di vita e, qualora l’iperglicemia materna persista, l’uso di insulina. L’insulina, ha come effetti avversi ipoglicemia e aumento ponderale, pertanto la metformina può costituire una valida alternativa, sebbene il suo uso in gravidanza sia controverso.

Il trial MiG, randomizzato, in aperto, multicentrico (10 centri in Nuova Zelanda ed Australia) è uno studio di non inferiorità della metformina vs insulina, basato sulle ipotesi che gli esiti perinatali siano simili per entrambi i trattamenti, che la metformina rispetto all’insulina sia considerato dalle donne un trattamento più accettabile, e che la metformina migliori i marker della sensibilità all’insulina sia nella madre che nel bambino.

Tra Ottobre 2002 e Novembre 2006 sono state arruolate donne di età compresa tra 18 e 45 anni (età media 38,4) con diagnosi di diabete gestazionale secondo i criteri della Australasian Diabetes in Pregnancy Society (ADIPS). Le donne dovevano avere un solo feto, essere tra la 20a e la 33a settimana di gestazione, presentare i parametri consueti per iniziare il trattamento con insulina e avere, dopo una variazione dello stile di vita, una glicemia a digiuno >5,4 mmol/L (97,2 mg/dL), o postprandiale a 2 h >6,7 mmol/L (120,6 mg/dL). I criteri di esclusione sono stati: diagnosi di diabete precedente alla gravidanza; controindicazioni alla metformina; anomalia fetale; ipertensione gestazionale; preeclampsia; ridotta crescita fetale e rottura delle membrane.

Le pazienti, stratificate per sede e per età gestazionale (20-27 settimane e 28-33 settimane), sono state randomizzate a metformina (n=363), dose iniziale di 500 mg 1 o 2 volte/die, poi aumentata, in un periodo di 1-2 settimane, ad un massimo di 2500 mg/die o a insulina (n=370) ad un dosaggio massimo di 50 UI/die.
Nel gruppo metformina, alle pazienti che non raggiungevano il target glicemico con la sola metformina (n=168; 46,3%), è stata aggiunta insulina (dose massima in media 42 UI/die). La metformina è stata sospesa (n=27) o per complicazioni della madre (ad es., compromissione epatica o renale, sepsi, effetti gastrointestinali) o per ridotta crescita fetale.

L’outcome primario, composito, ha incluso: ipoglicemia neonatale (due o più valori di glicemia <2,6 mmol/L [46,8 mg/dL]); distress respiratorio (necessità di ventilazione assistita per almeno 4 h, necessità di ventilazione a pressione-positiva continua o intermittente nelle 24 h successive al parto); necessità di fototerapia; trauma alla nascita; un punteggio della scala Apgar a 5 minuti <7; nascita prematura.
Il trial è stato disegnato per raggiungere un incremento del 33% (dal 30% al 40%) dell’outcome composito in nati da donne trattate con metformina vs quelle con insulina.
Gli outcome secondari hanno incluso: misurazioni antropometriche neonatali; controllo glicemico della madre; complicazioni ipertensive della madre; tolleranza al glucosio post-partum; e accettabilità del trattamento.
La percentuale di outcome primario è stata del 32% nel gruppo metformina e del 32,2% in quello insulina (Relative Risk, RR, 1,00; 95% CI, 0,90-1,10; p=0,95). Sebbene non siano state riportate differenze significative tra i due gruppi, l’ipoglicemia grave (glicemia <1,06 mmol/L) è stata meno comune nel gruppo metformina (p=0,008) nel quale sono state più frequentemente riportate nascite premature (prima della 37a settimana di gestazione; p=0,04).
I risultati del questionario post-partum per valutare l’accettabilità del trattamento, hanno mostrato che più donne nel gruppo metformina, rispetto a quello insulina, sceglierebbero di ricevere nuovamente il trattamento a loro assegnato (76,6% vs 27,2%; p<0,001).
La percentuale di pazienti che ha raggiunto gli outcome secondari non è stata significativamente diversa tra i due gruppi.
Le donne a cui è stata somministrata insulina + metformina avevano, al basale, un BMI maggiore ed una glicemia più elevata rispetto a quelle trattate con la sola metformina. La percentuale di outcome primario non è stata differente tra questi due gruppi (29,7% vs 34,5%; RR0,86, 95% CI, 0,64-1,16; p=0,33).
Non si sono verificati eventi avversi seri considerati dai ricercatori come correlati al trattamento farmacologico.

Gli autori sottolineano, come punto di forza, che lo studio è calato nella pratica clinica di routine, anche se è stato condotto in aperto, il che rappresenta uno dei limiti del trial.


In conclusione, la metformina, in monoterapia o con insulina, è un trattamento efficace e sicuro del diabete gestazionale; le pazienti ritengono la metformina più accettabile dell’insulina. I clinici, tuttavia, possono rimanere dubbiosi sull’uso di metformina in assenza di dati di follow-up relativi al bambino.


Riferimento bibliografico

Rowan JA et al. Metformin versus insulin for the treatment of gestational diabetes. N Engl J Med 2008; 358: 2003-15.

Commento

Il problema dell’iperglicemia come fattore di rischio in gravidanza è oggetto anche dello studio Hyperglycemia and Adverse Pregnancy Outcome (HAPO), pubblicato sullo stesso numero del NEJM e condotto in 15 centri di 9 Paesi. Lo scopo di HAPO è stato verificare i rischi associati con vari gradi di intolleranza materna al glucosio di entità minore di quelli riscontrati nel diabete mellito conclamato.

Sono state incluse 25505 donne (età media 29,2 anni; durata dell’istruzione scolastica 12,9 anni in media; il 48,3% erano bianche, l’11,9% nere, l’8,5% ispaniche, il 29% asiatiche o orientali, e di altra origine il rimanente 2,6%) sottoposte al test per la tolleranza al glucosio tra la 24a e la 32a settimana. Sono state escluse: donne di età <18 anni; quelle con data dell’ultima mestruazione incerta; quelle senza esame ecografico tra le settimane 6 e 24 di gestazione; le multipare; quelle che avevano concepito per induzione dell’ovulazione con gonadotropine o per fecondazione in vitro; quelle che avevano fatto il test per la tolleranza al glucosio prima dell’arruolamento; quelle con una diagnosi di diabete; quelle che partecipavano ad altri studi che potevano interferire con l’HAPO o che avevano precedentemente partecipato all’HAPO; quelle affette da HIV o epatite B o C.
I dati rimanevano in cieco per le donne, per il personale sanitario e i ricercatori, se i livelli di glucosio a digiuno erano = 5,8 mmol/L (105 mg/dL), se quelli postprandiali a 2h =11.1 mmol/L (200mg/dL), se la glicemia occasionalmente misurata era =8,9 mmol/L (160 mg/dL) o se qualsiasi glicemia era >2,5 mmol/L (45 mg/dL). Solo le donne i cui valori rientravano in questi parametri sono state incluse nell’analisi (n=23316).

Gli outcome primari sono stati: peso alla nascita >90° percentile per l’età gestazionale, parto cesareo, ipoglicemia neonatale clinicamente diagnosticata e livelli di peptide C nel sangue del cordone ombelicale >90° percentile (iperinsulinemia fetale). Quelli secondari sono stati: parto prima della 37a settimana di gestazione, parto distocico di spalla o danno alla nascita, necessità di cure neonatali intensive, iperbilirubinemia e preeclampsia.

Sono stati calcolati Odds Ratio aggiustato per gli esiti avversi sulla gravidanza associati ad un incremento pari a 1 SD della glicemia a digiuno (0,4 mmol/L [6,9 mg/dL]), della glicemia postprandiale a 1h (1,7 mmol/L [23,5 mg/L]) e a 2 h (1,3 mmol/L [23,5 mg/dL]).
L’Odds Ratio per il peso alla nascita >90° percentile è stato rispettivamente di 1,38 (95% CI, 1,32-1,44), 1,46 (1,39-1,53), e 1,38 (1,32-1,44); per i livelli di peptide C nel sangue del cordone ombelicale >90° percentile è stato di 1,55 (95% CI, 1,47-1,64), 1,46 (1,38-1,54) e 1,37 (1,30-1,44); per il primo parto cesareo, 1,11 (95% CI, 1,06-1,15), 1,10 (1,06-1,15) e 1,08 (1,03-1,12); per l’ ipoglicemia neonatale, 1,08 (95% CI, 0,98-1,19), 1,13 (1,03-1,26) e 1,10 (1,00-1,12).
Un’associazione significativa è stata osservata tra iperglicemia materna e outcome secondari, sebbene questa tendeva ad essere più debole.

In conclusione, i risultati presentati, coerenti con quelli riportati dallo studio Australian Carbohydrate Intollerance Study in Pregnant Women (ACHOIS; Crowather CA, N Engl J Med 2005; 352: 2477-86), indicano che l’iperglicemia materna, meno grave di quella di un diabete conclamato, è correlata a importanti problemi perinatali e che un trattamento adeguato può ridurne gli effetti. Tuttavia, non è stata stabilita la soglia di iperglicemia che richiede il trattamento. Questi dati indicano la necessità di riconsiderare gli attuali criteri per la diagnosi e il trattamento della iperglicemia in gravidanza.


L'editoriale di accompagnamento di JL Ecker e MF Greene, mette in luce come gli studi HAPO e MiG evidenzino l’importanza dell’iperglicemia materna e del diabete gestazionale come fattori predittivi del futuro sviluppo di diabete nella donna. Identificare donne a rischio di diabete, permette di intervenire al fine di ridurre tale rischio; infatti, frequentemente queste donne non vengono seguite adeguatamente nel tempo, probabilmente a causa di una mancanza di comunicazione tra chi diagnostica e chi fornisce le cure.

Dottoresse Lorenza Rattazzi e Arianna Carolina Rosa

Riferimenti bibliografici

The HAPO Study Group, Hyperglycemia and adverse pregnancy outcome. N Engl J Med 2008; 358: 1991-2002.


Ecker JL & Greene MF Gestational diabetes – Setting limits, exploring treatments. N Engl J Med 2008; 358: 2061-63.

Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/



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