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Riduzione insorgenza fibrillazione atriale in ipertesi: lo studio VALUE


Categoria : cardiovascolare
Data : 11 ottobre 2008
Autore : admin

Intestazione :

La maggiore riduzione dell’incidenza di FA di nuova insorgenza osservata nel gruppo trattato con valsartan, rispetto a quello trattato con amlodipina nell’ambito dello studio VALUE, era indipendente da potenziali determinanti clinici di FA.



Testo :

La fibrillazione atriale (FA), la più frequente tra le aritmie, colpisce circa l’1% dei soggetti <65 anni e il 5% di quelli >65 anni. L’ipertensione rappresenta il fattore di rischio più importante e, a sua volta, la fibrillazione atriale aumenta il rischio cardiovascolare nei pazienti ipertesi.
Nello studio LIFE (Losartan Intervention for End Point Reduction in Hypertension), la terapia con sartani è risultata più efficace dei beta-bloccanti nella riduzione del rischio di end point cardiovascolari compositi, stroke e morte cardiovascolare. Tale studio mostrava anche che i sartani riducevano l’incidenza di FA del 21% in pazienti senza la patologia al momento dell’arruolamento.
Risultati simili sono stati osservati nello studio CHARM (Candesartan in Heart failure Assessment of Reduction in Mortality); infatti, nel gruppo trattato con candesartan, l’incidenza di FA di nuova insorgenza era inferiore (-19%) rispetto al placebo.
Tuttavia, in 2 trial prospettici, lo studio CAPPP (Captopril Prevention Project) e lo studio STOP-2 (Swedish Trial in Old Patients with Hypertension 2), non è stato evidenziato lo stesso effetto protettivo da parte degli ACE-inibitori.
Lo studio VALUE (Valsartan Antihypertensive Long-term Use Evaluation) pubblicato nel 2004 su Lancet, è un RCT prospettico, in doppio cieco, disegnato per valutare l’effetto sulla morbilità e mortalità cardiovascolare di un trattamento antipertensivo a base di valsartan o di amlodipina in pazienti ipertesi ad alto rischio cardiovascolare.
Questa analisi del VALUE, in particolare, ha come obiettivo quello di confrontare gli effetti del valsartan (80-160 mg/die) con quelli dell’amlodipina (5-10 mg/die) sulla FA di nuova insorgenza.
Su 15.245 pazienti >50 anni, con ipertensione trattata o non trattata e ad alto rischio cardiovascolare, i dati inerenti l’ECG al momento dell’arruolamento erano disponibili per 15.209 soggetti, mentre per 14.158 i dati dell’ECG successivo. I pazienti già affetti da FA (n=398) sono stati esclusi dall’analisi.

Durante il trial, su 13.760 pazienti senza FA di base, 551 hanno sviluppato FA di nuova insorgenza (229 con FA persistente), mentre in 13.209 non è stata riscontrata tale aritmia.
Durante il trattamento con antipertensivi, è stata osservata un’incidenza superiore, statisticamente significativa, di almeno 1 episodio documentato di FA di nuova insorgenza nel gruppo trattato con amlodipina rispetto a quello con valsartan (299 vs 252 pazienti, p<0,05).
Rispetto all’amlodipina, il valsartan determinava una riduzione del 16% del rischio di almeno 1 episodio di FA di nuova insorgenza (HR non aggiustato 0,843; CI 95% 0,713-0,997, p=0,046) e del 32% del rischio di FA persistente (HR non aggiustato 0,683; CI 95% 0,525-0,889, p=0,0046).
E’ stata osservata anche un’incidenza superiore, statisticamente significativa, di FA persistente nel gruppo trattato con amlodipina vs valsartan (p<0,01).
Anche dopo aggiustamento per fattori di confondimento e covariabili, l’incidenza di nuova FA rimaneva statisticamente significativa.
L’incidenza cumulativa risultava ridotta in maniera statisticamente significativa nei pazienti trattati con valsartan vs amlodipina, alla fine degli anni 2, 3 ,4 e 6 per quanto riguarda la FA di nuova insorgenza e alla fine degli anni 1, 2, 3 ,4, 5 e 6 per la FA persistente.
I pazienti con FA di nuova insorgenza presentavano un rischio superiore di esiti cardiovascolari rispetto ai pazienti senza FA. E’ stato osservato un rischio superiore, statisticamente significativo, associato all’end point primario (morbilità e mortalità cardiaca composita) in pazienti con FA di nuova insorgenza vs quelli senza FA (22 vs 9%, p<0,0001). Tale differenza risultava evidente anche per l’end point primario più stroke (26,9 vs 11,9%, p<0,0001) e per la morbilità cardiaca (20,1 vs 6,9%, p<0,0001), ma non per la mortalità cardiaca (4,2 vs 3,1%, p=0,795).
L’insufficienza cardiaca congestizia, fatale e non, e lo stroke risultavano aumentati nei pazienti con almeno 1 episodio di FA di nuova insorgenza rispetto ai pazienti senza FA (17,4 vs 4,1% e 7,4 vs 3,5%, rispettivamente; entrambi p<0,0001).
Tuttavia, è stata osservata un’incidenza simile di infarto miocardico, fatale e non, nei pazienti con FA di nuova insorgenza e in quelli senza FA (4,5 vs 4,4%, p=0,79).

Analizzando il sottogruppo di pazienti con FA di nuova insorgenza, il rischio di eventi cardiovascolari era simile nel gruppo trattato con valsartan e in quello con amlodipina senza differenze statisticamente significative a causa del basso numero di eventi osservati [end point primario: valsartan 53 (21%); amlodipina 68 (23%); p=0,59)].

Sebbene lo sviluppo di FA sia associato ad esiti clinici negativi, non è detto che la riduzione dell’incidenza di FA di nuova insorgenza nel gruppo trattato con valsartan si traduca in una diminuzione dell’end point primario.
Per valutare i possibili meccanismi alla base dell’effetto del valsartan sulla FA di nuova insorgenza, sono stati analizzati i potenziali determinanti patogenetici per gruppo di trattamento. Tuttavia non sono state osservate modifiche positive nel gruppo trattato con valsartan; in particolare esiti migliori non sono stati correlati all’uso di diuretici, alla riduzione dell’ipertrofia ventricolare sinistra (IVS) o della pressione arteriosa.
Poichè sono state riscontrate concentrazioni superiori di potassio nei pazienti con FA di nuova insorgenza nel gruppo trattato con valsartan rispetto all’amlodipina, ciò potrebbe essere correlato alle differenze di incidenza di FA di nuova insorgenza fra i gruppi di trattamento. Tuttavia le differenze nella concentrazione di potassio erano più pronunciate nei pazienti senza FA, non supportando così la precedente ipotesi.
Inoltre, poichè la ridotta incidenza di FA di nuova insorgenza nel gruppo valsartan è indipendente dall’ipertrofia ventricolare sinistra e dal controllo della pressione, il valsartan potrebbe agire con un altro meccanismo, legato ad esempio alla prevenzione del rimodellamento elettrico e strutturale che favorisce la cronicizzazione dell'aritmia.
L’angiotensina II è notoriamente associata ad up-regulation dei marker proinfiammatori e della produzione di radicali dell'ossigeno, fattori entrambi implicati nella comparsa della FA; in questo contesto, il blocco del sistema renina-angiotensina (SRA) potrebbe ridurre gli effetti dannosi dell’infiammazione nel contesto delle patologie cardiovascolari.


- La FA di nuova insorgenza aumenta la morbilità e la mortalità cardiovascolare e il rischio di stroke nei pazienti ipertesi. Identificare i pazienti a rischio e trattarli con farmaci che bloccano il SRA può ridurre l’incidenza di questa patologia e di conseguenza il rischio di eventi cardiovascolari.
- La maggiore riduzione dell’incidenza di FA di nuova insorgenza, soprattutto di quella persistente, osservata nel gruppo trattato con valsartan, nell’ambito dello studio VALUE, era indipendente da potenziali determinanti clinici di FA.
- La riduzione della pressione arteriosa e la regressione dell’IVS, così come l’aggiunta di diuretici e l’ipokaliemia associata, potrebbero non rappresentare fattori causali, suggerendo che potrebbero essere coinvolti altri meccanismi alla base, che non sono stati investigati nello studio VALUE.
- In ogni caso, il blocco del SRA sembra fornire beneficio nei pazienti ipertesi a rischio di FA.


Dottoressa Alessandra Russo

Riferimento bibliografico

Schmieder RE et al. Reduced incidence of new-onset atrial fibrillation with angiotensin II receptor blockade: the VALUE trial. Journal of Hypertension 2008; 26: 403-11.

Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/



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