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Depressione materna e salute del bambino


Categoria : pediatria
Data : 30 marzo 2008
Autore : admin

Intestazione :

Sintomi depressivi nei genitori vanno ricercati anche dopo i due anni di vita del figlio e la loro insorgenza anche tardiva si associa ad un impatto negativo sullo sviluppo emotivo e sulla sicurezza del bambino.



Testo :

La rivista Pediatrics ha pubblicato 3 articoli sulla depressione: due affrontano il tema degli effetti della depressione materna o di entrambi i genitori sulle capacità genitoriali e sui comportamenti protettivi per la salute; il terzo valuta fattibilità ed efficacia di uno screening semplice per identificare le madri depresse nell’ambulatorio del pediatra di base. L’impatto negativo della depressione materna sui bambini si esplica sullo sviluppo sociale, con problemi di comportamento e difficoltà emotive. La causa principale si può identificare in una ridotta capacità della madre e/o di entrambi i genitori a esprimere sentimenti, coinvolgersi, dare affetto, giocare, leggere. Va inoltre ricordato l’impatto sulla salute correlato alla ridotta attuazione di comportamenti protettivi e di prevenzione quali l’allattamento al seno, la posizione supina del neonato nel sonno, l’utilizzo del seggiolino in macchina, l’attenzione agli incidenti domestici e così via.

Il primo studio utilizza i dati di una coorte di 5098 famiglie e valuta l’effetto della depressione materna e paterna sui comportamenti genitoriali ed in particolare su quelli enfatizzati nei consigli anticipatori per i genitori. Il 14% delle madri e il 10% dei padri studiati mostravano segni di depressione post-partum da lieve a severa (dato conosciuto per le donne, più sorprendente per gli uomini nei quali è doppio rispetto a quello della popolazione generale). Le madri con depressione avevano una maggiore probabilità di adottare pratiche di alimentazione e di sonno meno sane (in particolare meno allattamento al seno e più posizione prona) e i sintomi di depressione di entrambi i genitori erano associati negativamente con attività stimolanti come leggere, cantare canzoni e raccontare storie al bambino.

Il secondo lavoro è uno studio prospettico cha ha coinvolto 5565 famiglie. L’obiettivo era quello di valutare l’effetto dei sintomi di depressione materna “in corso” (presenti al momento della valutazione) rispetto a quelli precedenti sull’emergenza di pratiche parentali materne a 30-33 mesi di vita del bambino in 3 importanti aree (sicurezza, sviluppo e disciplina). 3412 madri (61%) hanno completato il questionario e la scala di depressione del Center for Epidemiologic Studies a 2-4 e 30-33 mesi. Le madri con sintomi di depressione a 2-4 mesi (16%) avevano una minore probabilità a 30-33 mesi di vita dei bambini di utilizzare i seggiolini, abbassare la temperatura dell’acqua calda e giocare con i bambini. Le madri con sintomi di depressione “in corso” (15%) avevano una probabilità minore di attuare comportamenti protettivi (quali coprire le prese di corrente e chiudere gli armadietti), parlare con i bambini, limitare il tempo davanti a televisione o videogiochi, seguire routine giornaliere. Queste madri hanno inoltre minori attitudini educative, sono più predisposte ad assegnare punizioni più severe, dare sberle in faccia e picchiare con oggetti. I risultati di questo lavoro suggeriscono l’importanza di monitorare i sintomi di depressione materna durante tutto il periodo dell’infanzia e non solo nel postpartum in quanto i sintomi possono manifestarsi anche in epoche successive e avere un impatto indipendente sulle pratiche genitoriali.

Il terzo studio (si tratta in realtà di 2 trials) è stato realizzato negli Stati Uniti e si pone l’obiettivo di valutare l’efficacia di un test di screening semplice somministrato nell’ambulatorio del pediatra di famiglia in occasione dei bilanci di salute nell’identificare le madri depresse. Il test di screening proposto è stato messo a punto dalla task force statunitense sui servizi di prevenzione (US Preventive Services Task Force) ed è stato validato in passato con interviste psichiatriche. Viene compilato dalla madre in sala d’attesa ed è costituito da una breve presentazione con alcune rapide informazioni sulla depressione e sulle sue possibili ricadute per la salute del bambino, seguita da due domande (il test completo viene riportato in appendice al lavoro):

1. Nelle ultime due settimane ti sei sentita giù, depressa o senza speranza? (vero/falso)
Se è vero, ti sei sentita così per: molti giorni/più di metà giornata/o quasi ogni giorno?
2.Nelle ultime due settimane hai sentito scarso interesse o piacere nel fare le cose? (vero/falso)
Se è vero, ti sei sentita così per molti giorni/più di metà giornata/o quasi ogni giorno?

Nella presentazione viene spiegato alla madre che il questionario sarà discusso brevemente durante la visita del bambino. La lettura e compilazione del test di screening è ovviamente molto rapida (meno di un minuto secondo gli autori). I risultati dello studio hanno messo in evidenza che i pediatri sono stati in grado di realizzare lo screening nella maggior parte dei bilanci di salute (circa il 70%). L’età dei bambini andava dalla prima infanzia fino all’adolescenza. Di 1398 madri sottoposte a screening, il 17% presentava 1 sintomo di depressione e il 6% era a rischio di disturbo depressivo maggiore. Le azioni adottate dal pediatra includevano la discussione dell’impatto della depressione sul bambino, una visita o una telefonata di follow up, l’invio al medico dell’adulto, al neuropsichiatria o ai servizi territoriali. In linea di massima il tempo di discussione del test con la madre è stato breve. Gli autori concludono quindi che il test sembra efficace nell’identificare le madri che sono disponibili a parlare del problema. Una breve discussione dopo la somministrazione del test di screening può rilevare altre madri depresse tra quelle con sintomi più lievi. L’applicazione del test e la sua discussione è relativamente rapida e può esitare in azioni specifiche.

Fonti:
1) Pediatrics 2006;118;659-668
2) Pediatrics 2006;118:e174-82
3) Pediatrics 2006;118;207-216

Contenuto gentilmente concesso da: Associazione Culturale Pediatri (ACP) - Centro per la Salute del Bambino/ONLUS CSB - Servizio di Epidemiologia, Direzione Scientifica, IRCCS Burlo Garofolo, Trieste; tratto da: Newsletter pediatrica. Bollettino bimestrale- Giugno Settembre 2006, Volume 4, pag. 72-73.

Commento


Gli studi presentati sono a nostro avviso importanti e sottolineano la necessità di identificare sintomi di malessere nei genitori non limitandosi al primo periodo di vita del bambino. Sappiamo bene che quello del puerperio è un periodo critico in cui la madre (ma, abbiamo visto nel primo studio, anche il padre) può presentare sintomi depressivi. Il secondo studio tuttavia ci suggerisce di ricercare tali sintomi anche dopo i due anni di vita mettendo in evidenza come anche la loro insorgenza tardiva si associ ad un impatto negativo sullo sviluppo emotivo e sulla sicurezza del bambino. Il terzo studio ci fornisce uno strumento semplice (e validato) per realizzare uno screening universale per la depressione materna. In questo senso il pediatra di base può avere un ruolo centrale visti i numerosi contatti con le madri nel primo periodo dopo il parto e nei primi anni di vita del bambino e visto che può sorvegliare e monitorare nel tempo lo sviluppo del bambino. È chiaro che la possibilità di realizzare lo screening non dipende solo dalla volontà del pediatra di famiglia ma dalle risorse del territorio, dai riferimenti specialistici e dalla conseguente possibilità di presa in carico dei casi.

Commento di Salvatore Gangemi, presidente Associazione Culturale Pediatri

L’Italia, con la risorsa della pediatria di famiglia, può rappresentare un contesto ideale per avviare un progetto di ricerca sulla possibilità di intercettare la depressione materna. Vi sono diverse difficoltà da analizzare ed alcune criticità da risolvere, ma sembra una sfida interessante e necessaria viste le ricadute sulla relazione madre-bambino e le conseguenze sullo sviluppo futuro. In ottica sistemica la depressione può riguardare anche i padri. Il sistema familiare resta comunque perturbato di fronte alla capacità di adattarsi all’evento nascita se non riesce a trovare spontaneamente delle risposte e dei cambiamenti al suo interno. Il pediatra di famiglia con il suo rapporto prolungato nel tempo può rappresentare la figura ideale per somministrare e discutere il breve questionario senza invadere spazi impropri. Certo la discussione successiva richiede un attenzione al “come” e non mi sembra di poter dire che siamo formati in tal senso. Sussiste la difficoltà di individuare un eventuale percorso di secondo livello alla luce delle diverse organizzazioni territoriali. Tutto questo non deve scoraggiare, ma stimolare per cercare di dare una risposta, anche parziale, ad una oggettiva difficoltà che tende a protrarsi nel tempo senza interventi efficaci. Un intervento al di fuori di una rete da individuare nei vari ambiti con le risorse a disposizione non pare realizzabile. L’Associazione Culturale Pediatri ha proposto il progetto 6+1 (fumo in gravidanza, acido folico, seggiolini in auto, vaccinazioni, allattamento al seno, posizione supina in culla e Nati per Leggere) e da poco si è impegnata nel progetto Nati per la musica proprio per sostenere la genitorialità. Alla luce di queste azioni nell’ottica di promuovere fattori protettivi nel sostegno alla genitorialità pare necessario completare il lavoro intrapreso occupandosi anche di salute materna.



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