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Quanto conta la compliance ai trattamenti prescritti?


Categoria : scienze_varie
Data : 17 ottobre 2007
Autore : admin

Intestazione :

I pazienti più obbedienti alle prescrizioni del medico ottengono esiti clinici migliori.



Testo :

Rimane ancora poco chiara la dimensione dell'effetto sugli esiti clinici prodotto dalla aderenza ai trattamenti ( compliance). I migliori esiti clinici dei pazienti più complianti potrebbero essere anche attribuiti a comportamenti e stili di vita più sani, caratteristica ben documentata nei pazienti molto ligi ai trattamenti, piuttosto che alla efficacia dei trattamenti stessi. Per indagare la relazione fra aderenza ai trattamenti e mortalità nei sopravissuti ad un infarto miocardico è stato condotto questo studio osservazionale prospettico che ha coinvolto una coorte di 31.455 pazienti canadesi reduci da un infarto miocardico. Tutti i pazienti furono dimessi con una prescrizione comprendente statina, beta-bloccante e calcio-antagonista. Quest'ultimo farmaco fu considerato farmaco di controllo in quanto, come noto, nel post-infarto non ha dimostrazioni di efficacia sulla mortalità. La compliance dei pazienti fu stabilita a priori in tre categorie: alta ( proporzione di giorni coperti da terapia > 80%), intermedia ( proporzione di giorni coperti dal 40 al 79%) e bassa ( proporzione di giorni coperti < al 40%) e confrontata con la mortalità a lungo termine ( durata mediana del follow up di 2.4 anni) con aggiustamento per fattori socio-demografici, severità della malattia, comorbidità ed uso concomitante di altri farmaci di provata efficacia nel post-infarto.
Per l'uso di statina, fra gli utilizzatori a bassa compliance si ebbe il tasso maggiore di mortalità ( 24%) rispetto agli utilizzatori ad alta compliance ( 16%) con un Hazard Ratio 1.25 ( I.C.95% 1.09-1.42; P=0.001) mentre gli utilizzatori a compliance intermedia si posizionarono, come prevedibile, a livello intermedio di mortalità (20%) con HR 1.12 (I.C. 95% 1.01-1.25; P=0.03). Risultati simili, sebbene meno pronunciati, si ebbero confrontando tasso di mortalità e aderenza alla terapia con beta bloccanti mentre la diversa compliance nella assunzione di calcio-antagonisti non mostrava nessuna relazione con la mortalita.
I vantaggi di una maggiore sopravvivenza a lungo termine associati ad una migliore compliance ai trattamenti appare essere farmaco-specifica, suggerendo che i benefici legati alla compliance sono mediati dagli effetti dei farmaci e non semplicemente all'effetto di adesione ad un comportamento compliante.

Fonte:

Rasmussen J.N. Et al Relationship Between Adherence to Evidence-Based Pharmacotherapy and Long-term Mortality After Acute Myocardial Infarction JAMA. 2007;297:177-186.


Commento di Marco Grassi

Che seguire in modo scrupoloso le prescrizioni del medico favorisca l'esito di una terapia non sembra una grande scoperta. Sembra ovvio che prendere con costanza i farmaci prescritti porti maggiore beneficio che non prenderli affatto o dimenticarne alcune dosi. Se è ampiamente dimostrato dai trial che una alt' aderenza alla terapia migliora gli esiti clinici ( tutti i trial clinici hanno tassi di adesione alla terapia molto alti) nessuno studio di popolazione aveva differenziato se questa relazione causa-effetto fosse da attribuire alla efficacia dei farmaci o alla adozione di comportamenti e stili di vita piu sani che sono maggiormente presenti nei soggetti più ligi verso l'assunzione di terapie croniche, fenomeno conosciuto come “ effetto adesione “
Lo studio è stato effettuato estraendo i dati dell' Ontario Myocardial Infarction Database e sono stati presi in considerazione tutti i soggetti di età superiore a 66 anni e sopravissuti almeno 15 mesi dopo ospedalizzazione per infarto miocardico acuto. Nell'analisi sono state prese in considerazione tre classi di farmaci, statine e beta bloccanti, di provata efficacia nel modificare positivamente la storia naturale della malattia e calcio-antagonisti che hanno invece effetto neutro, controllando il grado di aderenza alla terapia entro il primo anno dopo l'evento acuto.
Lo studio permette di trarre alcuni suggerimenti con importanti inplicazioni cliniche. Anzitutto viene confermata su popolazioni più ampie ed in condizioni non controllate l'efficacia preventiva di interventi evidence based come statine e beta bloccanti nel post-infarto, la cui efficacia non è legata semplicemente all'effetto compliance poichè i soggetti altrettanto complianti a terapie non dimostratamente efficaci non traevano benefici evidenti. Altro dato utile è la constatazione che la compliance ai trattamenti si acquisisce prevalentemente entro il primo anno di trattamento. Dopo un anno, chi mantiene ancora il trattamento prescritto verosimilmente continuerà anche nei successivi e il tasso di discontinuità diminuisce sensibilmente. Il primo anno di follow-up è quindi fondamentale per agire sui pazienti che si mostrano più discontinui nell'assunzione dei trattamenti prescritti. Uno studio recente [1] mostra addirittura che il momento chiave per avere successo sui pazienti dimessi per infarto miocardico acuto è il primo mese quando circa 1 paziente su 8 smette di assumere tutti i tre farmaci prescritti ( aspirina, statina e beta-bloccante). Questo dato mette in luce la necessità di migliorare la gestione della fase di passaggio fra la dimissione ospedaliera e la gestione ambulatoriale del follow up per assicurarsi che il paziente continui ad assumere le cure prescritte.
L'editoriale di accompagnamento [2] indica chiaramente che la mancata aderenza alle cure da parte dei pazienti è all'origine di inutili spese sanitarie, di inutili eventi avversi e di inutili decessi. Provocatoriamente viene evidenziato che spesso la sospensione delle cure scaturisce da una scelta razionale e logica operata dal paziente sulla base delle informazioni che ha a disposizione. Pertanto alcuni fattori che portano alla non aderenza delle cure vanno cercati al di fuori del paziente (medici, sistema sanitario, sistema assicurativo, sistema sociale). Una delle cause più ovvie di sospensione dei trattamenti, almeno negli USA, è il costo degli stessi, spesso sostenuto in parte o per intero, dai pazienti. Quanto sia importante il fattore economico nel determinismo della bassa compliance ai trattamenti cronici è evidenziato da una analisi comparsa sul mensile di politica sanitaria Health Affairs [3] in cui si dimostra che fornire gratuitamente i farmaci per prevenzione secondaria nei soggetti colpiti da infarto, oltre a salvare vite, produce anche un consistente risparmio economico ( circa 5000 $ a paziente) al netto del costo dei farmaci.


Referenze

1. Ho PM, Spertus JA, Masoudi FA, et al. Impact of medication therapy discontinuation on mortality after myocardial infarction. Arch Intern Med 2006; 166: 1842-1847.
2. O'Connor PJ. Improving medication adherence. Challenges for physicians, payers and policy makers. Arch Intern Med 2006; 166: 1802-1804.
3. Choudhry N. et al. Should Patients Receive Secondary Prevention Medications For Free After A Myocardial Infarction? An Economic Analysis Health Affairs 2007; 26, 1: 186-194




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