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Corticosteroidi inalatori nei bambini non modificano la storia naturale dell’asma


Categoria : pediatria
Data : 11 agosto 2007
Autore : admin

Intestazione :

Il trattamento con steroidi inalatori somministarto nei primi anni di vita non modificare la storia naturale dell’asma in età pediatrica. Possibile anche una riduzione staturale.



Testo :

Due RCT pubblicati sul NEJM studiano l’efficacia degli steroidi inalatori nel modificare la storia naturale dell’asma nei primi anni di vita. Il primo lavoro è stato realizzato in una popolazione ad alto rischio e propone una somministrazione continua (2 anni) di steroide inalatorio.

Obiettivo: Valutare se la somministrazione di corticosteroide inalatorio (fluticasone) per due anni in una popolazione di bambini di età compresa tra due e tre anni ad alto rischio di sviluppare asma riduca tale rischio durante il successivo anno di osservazione senza terapia.
Setting: Studio multicentrico condotto negli Stati Uniti tra gennaio 2001 e gennaio 2005.
Disegno: Si tratta di un trial prospettico, randomizzato, controllato, in doppio cieco, verso placebo denominato PEAK (Prevention of Early Asthma in Kids). La metodologia è buona, l’analisi dei risultati è stata realizzata per intention to treat (ITT).
Pazienti/Patologia: Bambini tra due e tre anni di vita, ad alto rischio di sviluppare asma. L’alto rischio era definito da almeno quattro episodi di wheezing nel primo anno di vita più un fattore di rischio maggiore (storia personale di dermatite atopica o genitori con asma) oppure due fattori di rischio minore (rinite allergica, eosinofilia, wheezing senza raffreddore).
Intervento Il gruppo di trattamento riceveva fluticasone propionato alla dose di due puffs (88 mcgr) due volte al giorno per due anni; il gruppo di controllo riceveva per lo stesso periodo due puffs di placebo due volte al giorno.
Follow up: I bambini venivano seguiti per un anno dopo la fine del trattamento.
Outcomes misurati: Outcome primario era la differenza tra i due gruppi nella proporzione di giorni liberi da malattia nell’anno di follow up senza trattamento (periodo di osservazione). Per giorni liberi da malattia si intendono quelli in cui sono assenti sintomi riconducibili ad asma, in cui non vengono programmate visite per sintomi respiratori, né somministrati farmaci antiasmatici, incluso albuterolo prima dell’esercizio fisico. Outcome secondario era la differenza tra i due gruppi nella proporzione di giorni liberi da malattia nei due anni di trattamento. I ricercatori hanno inoltre valutato nei due periodi (trattamento e osservazione):
1) conta della percentuale di eosinofili;
2) numero di cicli di terapia sistemica con corticosteroidi e altri medicinali per il controllo degli attacchi d’asma, e loro durata;
3) oscillometria ad impulsi (metodo alternativo alla spirometria per valutare la funzionalità polmonare).
Principali risultati: Sono stati reclutati 285 pazienti, 143 allocati al gruppo in trattamento e 142 al placebo. La perdita al follow up è stata contenuta (9,5%). I principali risultati sono:
1. durante l’anno di follow up senza terapia (periodo di osservazione) non è stata messa in evidenza nessuna differenza tra i due gruppi nella proporzione di giorni liberi da malattia (86,8% nel gruppo di trattamento vs 85,9% in quello placebo, p=0,78), come pure nel numero di esacerbazioni o nella funzionalità polmonare.
2. durante i due precedenti anni di trattamento, l’uso del fluticasone rispetto al placebo è stato associato con una più alta proporzione di giorni liberi da malattia (93% vs 88% rispettivamente, p=0.006), una più bassa frequenza di esacerbazioni che hanno richiesto l’uso di corticosteroidi sistemici (57,4 vs 89,4 per 100 anni bambino, p<0,001), un minor utilizzo supplementare di farmaci per il controllo della malattia (p<0,001). Non è stata messa in evidenza invece nessuna differenza statisticamente significativa tra i due gruppi rispetto alle visite non programmate da un medico e all’uso dei broncodilatatori.
3. al termine dei due anni di trattamento i bambini che avevano ricevuto il fluticasone presentavano una crescita staturale inferiore in media di 1,1 cm rispetto al gruppo placebo (p<0,001). Al termine del successivo periodo di osservazione di un anno senza trattamento tale valore era di 0,7 cm in meno nel gruppo trattato rispetto al placebo.
Conclusioni degli autori: Gli autori concludono che il corso naturale dell’asma in bambini di due-tre anni ad alto rischio di sviluppare tale condizione non viene modificato da un trattamento per due anni con fluticasone. Durante il trattamento si riduce la gravità della malattia, e quindi il fluticasone per via inalatoria può essere utilizzato per controllare la malattia in fase attiva, ma non dovrebbe essere utilizzato a scopo preventivo in bambini di età prescolare ad alto rischio di sviluppare asma nelle età successive.

Fonte: N Engl J Med 2006;354:1985-97

Il secondo lavoro è realizzato invece in una popolazione meno a rischio e propone un trattamento intermittente (due settimane ad ogni episodio di wheezing nei primi tre anni di vita).

Obiettivo: Testare l’ipotesi che l’asma sia preceduta da una fase caratterizzata da episodi di wheezing ricorrente durante i primi anni di vita e che la terapia con corticosteroide inalatorio (budesonide) durante gli episodi sintomatici in questa fase precoce possa prevenire o ritardare la progressione a wheezing persistente.
Setting: Lo studio è stato realizzato in Danimarca ed è parte di una più ampia coorte longitudinale prospettica definita COPSAC (Copenhagen Prospective Study on Asthma in Childhood)
Disegno: Si tratta di un trial randomizzato, controllato, in doppio cieco denominato PAC (Prevention of Asthma in Childhood). La metodologia è buona, l’analisi dei risultati è stata realizzata per intention to treat (ITT).
Pazienti/Patologia: È stato arruolato ad un mese di vita un gruppo di lattanti con madri con documentata storia di asma. Al momento del primo episodio di wheezing i bambini sono stati randomizzati al trattamento o al placebo. Il wheezing era definito dalla presenza di sintomi specifici (respiro con fischi e sibili, respiro ansimante, respiro corto, tosse secca persistente) per tre giorni consecutivi.
Intervento: I bambini assegnati al gruppo di trattamento ricevevano budesonide alla dose di 400 mcgr/die da iniziare al terzo giorno di sintomi e da proseguire per due settimane; il gruppo di controllo riceveva placebo da somministrare con le medesime modalità e tempi. Il trattamento andava somministrato ad ogni episodio di wheezing nel periodo di follow up (tre anni).
Follow up: I bambini sono stati seguiti per tre anni.
Outcomes misurati: I ricercatori hanno valutato:
1. l’efficacia del trattamento nel ridurre la frequenza di episodi successivi al primo nei tre anni di follow up (obiettivo principale). In questo senso sono stati misurati: il numero di giorni liberi da malattia, il numero di giorni senza necessità di terapia di riserva (terbutalina), il numero di episodi, il numero di trattamenti supplementari con budesonide somministrata open-label.
2. l’efficacia del trattamento nel prevenire o ritardare il wheezing persistente (definito da: presenza di cinque episodi della durata di almeno tre giorni nell’arco di sei mesi o sintomi giornalieri per 4 settimane o sintomi acuti di asma severa con ospedalizzazione/necessità di steroidi sistemici). Ulteriori outcome secondari erano: durata dell’intervallo tra primo e secondo episodio, l’effetto immediato del trattamento sui sintomi, effetti avversi della terapia su altezza e mineralizzazione ossea
Principali risultati: Sono stati arruolati ad un mese di vita 411 bambini; 110 non hanno presentato wheezing nei 3 anni di follow up. Sono stati di conseguenza randomizzati 301 bambini, 151 a ricevere budesonide e 150 a ricevere placebo. La perdita al follow up è risultata contenuta (7%). La proporzione di giorni liberi da malattia, di giorni senza necessità di trattamento di riserva, il numero di episodi e di trattamenti supplementari sono risultati simili nei due gruppi. Wheezing persistente si è osservato nel 24% dei bambini trattati con budesonide e nel 21% di quelli trattati con placebo. L’intervallo tra il primo e il secondo episodio di wheezing non differiva significativamente tra i due gruppi. La durata dei sintomi è risultata simile nei due gruppi (in media dieci giorni), sia per quanto riguarda il primo episodio che per gli episodi successivi. Non si sono registrati effetti del trattamento sull’altezza a tre anni di vita, né sulla mineralizzazione ossea. La risposta al trattamento non è stata influenzata dalla presenza di dermatite atopica concomitante e di forme virali respiratorie.
Conclusioni degli autori: Gli autori concludono che il trattamento inalatorio con budesonide per due settimane negli episodi di wheezing dei primi tre anni di vita nella popolazione in studio non incide sull’evoluzione del wheezing da episodico a persistente. Non vengono inoltre dimostrati effetti collaterali a breve termine.

Fonte: N Engl J Med 2006;354:1998-2005.

Commento

Molti sono gli aspetti ancora controversi rispetto al wheezing e alla possibilità di modificarne l’evoluzione con la terapia steroidea. I due studi presentati testano l’ipotesi che la storia naturale del wheezing nel primo periodo di vita possa essere modificata dalla somministrazione continua o intermittente di corticosteroidi inalatori in una fase in cui, pur in presenza di sintomi, la diagnosi di asma è ancora incerta. Entrambi gli autori concludono che il trattamento realizzato non modifica la storia naturale della malattia. I due lavori sono comunque molto diversi. Il primo studio è realizzato su una popolazione di bambini ad alto rischio (si veda il paragrafo Pazienti/patologia sulla scheda). In questa popolazione il trattamento realizzato è efficace nel ridurre la ricorrenza dei sintomi e l’utilizzo di farmaci antiasmatici, ma tutti gli effetti positivi scompaiono alla sospensione del trattamento. Inoltre, anche se modesto, esiste un effetto negativo sull’altezza nei bambini trattati con fluticasone, almeno a breve termine (dopo un anno di osservazione). Resta da chiarire se il deficit staturale possa essere recuperato successivamente. Il secondo lavoro recensito arruola una popolazione di bambini più eterogenea e a minor rischio (il fattore di rischio è rappresentato dal fatto di essere figli di madre asmatica) al primo episodio di wheezing. Questo chiaramente crea dei problemi nell’interpretazione dei risultati (quanti di questi bambini saranno effettivamente asmatici? Esistono dei sottogruppi che avrebbero potuto beneficiare almeno a breve termine del trattamento realizzato?). Ci sembra comunque che il principale dato che emerge dai due lavori sia che il trattamento con steroidi inalatori non dovrebbe mai essere realizzato con l’intento di modificare la storia naturale dell’asma in età pediatrica.

Contenuto gentilmente concesso da: Associazione Culturale Pediatri (ACP) - Centro per la Salute del Bambino/ONLUS CSB - Servizio di Epidemiologia, Direzione Scientifica, IRCCS Burlo Garofolo, Trieste; tratto da: Newsletter pediatrica. Bollettino bimestrale- Aprile-Maggio 2006 -Gennaio 2006, Volume 4, pag. 49-51.

Referenze

1) N Engl J Med 2006;354:2058-2060



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