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Aborto: attenuata l’obiezione di coscienza nel nuovo codice deontologico ?


Categoria : professione
Data : 23 novembre 2006
Autore : admin

Intestazione :

In discussione alla Fnomceo una modifica del codice dentologico che mira a restringere il diritto dei medici all'obiezione di coscienza obbligandoli ad effettuare alcune procedure finalizzate all'aborto.



Testo :

La Fnomceo, la federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e odontoiatri sta procedendo alla messa a punto ed all'approvazione del nuovo codice di deontologia medica. Le proposte di modifica del codice deontologico, avanzate dagli ordini provinciali, verranno vagliate e votate il 14 e 15 dicembre 2006 dal consiglio nazionale della Fnomceo .
La proposta al vaglio della Fnomceo relativa all'articolo 43 del nuovo codice deontologico recita testualmente: L'obiezione di coscienza del medico può esprimersi nell'ambito e nei limiti della legge vigente e comunque non lo esime dagli atti certificativi e dall'assistenza della donna nelle fasi precedenti e successiva all'intervento.
L'articolo 9 della 194 che regola l'obiezione di coscienza garantisce la facoltà del personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie, di esercitare l'obiezione di coscienza, che esonera sia dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l'interruzione della gravidanza, sia dalla certificazione di urgenza regolata dal comma 4 dell'articolo 5.

Fonte: L. Liverani Avvenire Mercoledi 22/11/2006

Commento di Luca Puccetti

Il certificato che documenta lo stato di gravidanza e l'avvenuta richiesta della donna di volerla interrompere è essenziale per l'intervento. Per questo nei consultori, dove pure non si praticano gli aborti, non ci sono solitamente medici obiettori. Vincenzo Saraceni, presidente nazionale Amci (Associazione nazionale dei medici cattolici), ha stigmatizzato chi considera l'obiezione dei medici alla 194 come un comportamento fastidioso, e non l'esercizio di un diritto collegato ad un convincimento etico. Da un punto di vista logico un codice deontologico che affermi che una pratica debba essere effettuata nei limiti della legge afferma una tautologia ed è dunque è inutile. Il codice dovrebbe invece richiamare principi etici e professionali assolutamente indipendenti dall'ordinamento legislativo. Solo in tal modo il codice può essere considerato una fonte autonoma di orientamento e regolamentazione della professione. Ma qui preme sottolineare anche l'incoerenza logica. Da una parte si affermerebbe che l'obiezione debba essere espressa nell'ambito della legge vigente, che garantisce ai medici il diritto ad astenersi anche dall'effettuazione delle procedure richiamate all'articolo 5 e 7, ossia anche dalle procedure certificative che lo rendono possibile, dall'altra che l'obiettore sarebbe obbligato a redigere gli atti certificativi finalizzati alla pratica abortiva. Al di là degli aspetti logici e giuridici, è impensabile continuare con l'attuale procedura che restringe la discussione e l'approvazione del codice a rappresentanti degli Ordini. Variazioni di tale portata non possono essere delegate, ma debbono invece essere sottoposte alla discussione da parte di tutti i medici iscritti agli Ordini, nelle forme idonee a garantire la più ampia partecipazione. Questo per impedire che minoranze, tanto chiassose quanto marginali, ma abili a creare occasioni per apparire enfaticamente nei media, monopolizzino la discussione e condizionino l'approvazione del codice che regola l'operato di tutti i medici. Gli strumenti telematici per garantire un'ampia partecipazione sono disponibili basta solo volerli usare per garantire l'approvazione di un codice frutto di una discussione ampia, dunque più condiviso e più autorevole.

Referenze

Legge 194 articolo 5
Il consultorio e la struttura socio-sanitaria, oltre a dover garantire i necessari accertamenti medici, hanno il compito in ogni caso, e specialmente quando la richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dall'incidenza delle condizioni economiche, o sociali, o familiari sulla salute della gestante, di esaminare con la donna e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata come padre del concepito, le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza, di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre, di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto. Quando la donna si rivolge al medico di sua fiducia questi compie gli accertamenti sanitari necessari, nel rispetto della dignità e della libertà della donna; valuta con la donna stessa e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata come padre del concepito, anche sulla base dell'esito degli accertamenti di cui sopra, le circostanze che la determinano a chiedere l'interruzione della gravidanza; la informa sui diritti a lei spettanti e sugli interventi di carattere sociale cui può fare ricorso, nonché sui consultori e le strutture socio-sanitarie. Quando il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, riscontra l'esistenza di condizioni tali da rendere urgente l'intervento, rilascia immediatamente alla donna un certificato attestante l'urgenza. Con tale certificato la donna stessa può presentarsi ad una delle sedi autorizzate a praticare la interruzione della gravidanza. Se non viene riscontrato il caso di urgenza, al termine dell'incontro il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, di fronte alla richiesta della donna di interrompere la gravidanza sulla base delle circostanze di cui all'articolo 4, le rilascia copia di un documento, firmato anche dalla donna, attestante lo stato di gravidanza e l'avvenuta richiesta, e la invita a soprassedere per sette giorni. Trascorsi i sette giorni, la donna può presentarsi, per ottenere la interruzione della gravidanza, sulla base del documento rilasciatole ai sensi del presente comma, presso una delle sedi autorizzate.
Legge 194 articolo 7
I processi patologici che configurino i casi previsti dall'articolo precedente vengono accertati da un medico del servizio ostetrico-ginecologico dell'ente ospedaliero in cui deve praticarsi l'intervento, che ne certifica l'esistenza. Il medico può avvalersi della collaborazione di specialisti. Il medico è tenuto a fornire la documentazione sul caso e a comunicare la sua certificazione al direttore sanitario dell'ospedale per l'intervento da praticarsi immediatamente. Qualora l'interruzione della gravidanza si renda necessaria per imminente pericolo per la vita della donna, l'intervento può essere praticato anche senza lo svolgimento delle procedure previste dal comma precedente e al di fuori delle sedi di cui all'articolo 8. In questi casi, il medico è tenuto a darne comunicazione al medico provinciale. Quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, l'interruzione della gravidanza può essere praticata solo nel caso di cui alla lettera a) dell'articolo 6 e il medico che esegue l'intervento deve adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto.
Legge 194 articolo 8
L'interruzione della gravidanza è praticata da un medico del servizio ostetrico-ginecologico presso un ospedale generale tra quelli indicati nell'articolo 20 della legge 12 febbraio 1968, numero 132 , il quale verifica anche l'inesistenza di controindicazioni sanitarie. Gli interventi possono essere altresì praticati presso gli ospedali pubblici specializzati, gli istituti ed enti di cui all'articolo 1, penultimo comma, della legge 12 febbraio 1968, n. 132, e le istituzioni di cui alla legge 26 novembre 1973, numero 817, ed al decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 1958, n. 754, sempre che i rispettivi organi di gestione ne facciano richiesta.
Nei primi novanta giorni l'interruzione della gravidanza può essere praticata anche presso case di cura autorizzate dalla regione, fornite di requisiti igienico-sanitari e di adeguati servizi ostetrico-ginecologici. Il Ministro della sanità con suo decreto limiterà la facoltà delle case di cura autorizzate, a praticare gli interventi di interruzione della gravidanza, stabilendo: 1) la percentuale degli interventi di interruzione della gravidanza che potranno avere luogo, in rapporto al totale degli interventi operatori eseguiti nell'anno precedente presso la stessa casa di cura; 2) la percentuale dei giorni di degenza consentiti per gli interventi di interruzione della gravidanza, rispetto al totale dei giorni di degenza che nell'anno precedente si sono avuti in relazione alle convenzioni con la regione. Le percentuali di cui ai punti 1) e 2) dovranno essere non inferiori al 20 per cento e uguali per tutte le case di cura. Le case di cura potranno scegliere il criterio al quale attenersi, fra i due sopra fissati.
Nei primi novanta giorni gli interventi di interruzione della gravidanza dovranno altresì poter essere effettuati, dopo la costituzione delle unità socio-sanitarie locali, presso poliambulatori pubblici adeguatamente attrezzati, funzionalmente collegati agli ospedali ed autorizzati dalla regione. Il certificato rilasciato ai sensi del terzo comma dell'articolo 5 e, alla scadenza dei sette giorni, il documento consegnato alla donna ai sensi del quarto comma dello stesso articolo costituiscono titolo per ottenere in via d'urgenza l'intervento e, se necessario, il ricovero.
Legge 194 articolo 9
Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e 7 ed agli interventi per l'interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione. La dichiarazione dell'obiettore deve essere comunicata al medico provinciale e, nel caso di personale dipendente dello ospedale o dalla casa di cura, anche al direttore sanitario, entro un mese dall'entrata in vigore della presente legge o dal conseguimento della abilitazione o dall'assunzione presso un ente tenuto a fornire prestazioni dirette alla interruzione della gravidanza o dalla stipulazione di una convenzione con enti previdenziali che comporti l'esecuzione di tali prestazioni. L'obiezione può sempre essere revocata o venire proposta anche al di fuori dei termini di cui al precedente comma, ma in tale caso la dichiarazione produce effetto dopo un mese dalla sua presentazione al medico provinciale. L'obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l'interruzione della gravidanza, e non dall'assistenza antecedente e conseguente all'intervento. Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare lo espletamento delle procedure previste dall'articolo 7 e l'effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8. La regione ne controlla e garantisce l'attuazione anche attraverso la mobilità del personale. L'obiezione di coscienza non può essere invocata dal personale sanitario, ed esercente le attività ausiliarie quando, data la particolarità delle circostanze, il loro personale intervento è indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo. L'obiezione di coscienza si intende revocata, con effetto, immediato, se chi l'ha sollevata prende parte a procedure o a interventi per l'interruzione della gravidanza previsti dalla presente legge, al di fuori dei casi di cui al comma precedente.



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