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Incostituzionale il decreto sui requisiti delle società scientifiche per l'ECM


Categoria : professione
Data : 14 ottobre 2006
Autore : admin

Intestazione :

Per la Corte Costituzionale non spettava allo Stato stabilire i requisiti che devono possedere le società scientifiche e le associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie che intendano svolgere le attività formative e di collaborazione con le istituzioni pubbliche competenti in materia di sanità.



Testo :

La Provincia autonoma di Trento, con ricorso notificato il 31 agosto 2004 e depositato il successivo 2 settembre 2004, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato riguardo al decreto del Ministro della salute 31 maggio 2004, recante "Requisiti che devono possedere le società scientifiche e le associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 153 del 2 luglio 2004, in riferimento agli articoli 8, numero 1) e numero 29), 9 numero 10), e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670.
Le motivazioni riguardavano sia un vizio di legittimazione giuridica sia il fatto di avere invaso il campo di competenza regionale.

La Corte ha accolto il ricorso dichiarando che non spettava allo Stato, e per esso al Ministero della salute, stabilire, con norme regolamentari, i requisiti che devono possedere le società scientifiche e le associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie che intendano svolgere le attività formative e di collaborazione con le istituzioni pubbliche competenti in materia di sanità ed attribuire i relativi poteri amministrativi di verifica dei predetti requisiti, di riconoscimento e di revoca ad un organo statale;
dunque la Corte ha annullato, per l'effetto, il decreto del Ministro della salute 31 maggio 2004, recante "Requisiti che devono possedere le società scientifiche e le associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 153 del 2 luglio 2004, di cui in epigrafe.


Il Testo della Sentenza Sentenza n. 328/2006 Depositata il 13 Ottobre 2006:

http://www.pillole.org/public/aspnuke/downloads.asp?id=225

Fonte: Corte Costituzionale

Commento di Luca Puccetti

IL decreto del Ministro della salute 31 maggio 2004, cosiddetto decreto Sirchia" ha sempre avuto vita travagliata. La Fimmg aveva avanzato ricorso contro tale provvedimento innanzi al TAR del Lazio che rigettava l'istanza nella sentenza n. 14062/2004 del 18 novembre 2004. Anche la FNOMCeo non aveva molto gradito poiché relegava la competenza degli Ordini alle questioni deontologiche. La sentenza della Corte Costituzionale, al di là delle diatribe giuridiche, stabilisce un principio importante. In primis viene confermato l'enorme conflitto che si è aperto dopo l'approvazione delle norme che hanno mutato, per uno scarto minimo di voti ed in extremis della legislatura, il capo V della costituzione, generando una ridda di materie a legislazione concorrente tra Stato e Regioni - Province autonome. Ma ben più grave è l'aver considerato la formazione professionale medica e sanitaria una materia di competenza regionale. Questa decisione apre le porte a scenari davvero preoccupanti e soprattutto incoerenti con la necessità di assicurare standards di livello ben superiore a quello locale ed addirittura anche nazionale, data la libera circolazione nell'area UE anche delle professioni che è stata ormai sancita, per lo meno a livello di principio. Il medico deve aggiornarsi per tutta la vita, ma non è ancorato ad un paesello e può, di grazia, anche andare a lavorare altrove. In quale modo lo Stato italiano e la UE potranno essere sicuri che una formazione regolamentata da norme regionali ed addirittura provinciali abbia seguito un iter coerente e sia stata effettuata da soggetti istituzionalmente accreditati secondo standard minimi omogenei? Seguendo la stessa logica perché non dare alle Regioni ed alle Province autonome la potestà di dettare le regole per la laurea e per l'abilitazione professionale ? Per il medico la formazione è appunto continua e non trova giustificazione una distinzione tra la formazione finalizzata alla laurea e quella post laurea. Ne deriva l'incoerenza logica nel fissare come spartiacque l'acquisizione della laurea a discrimine tra competenze formative statali e regionali. Se un medico deve sapere erogare quei livelli minimi di assistenza la cui definizione è compito dello Stato ne deriva logicamente che lo stesso Stato può ben decidere chi siano i soggetti abilitati a fare la formazione finalizzata all'erogazione di tali livelli e quali siano i criteri da cui detta formazione non possa prescindere. Niente vieta poi di sovrapporre iniziative formative di livello regionale a quelle nazionali, laddove sussistano specifiche esigenze volte all'organizzazione dei servizi assistenziali. La nostra più totale contrarietà ad ogni deriva localistica è ben nota ed antica. Abbiamo sempre visto nella moltiplicazione dei livelli decisionali prevalentemente le premesse non solo per l'aumento dei costi e delle poltrone, ma anche per una complicazione delle norme che disorienta i cittadini sovrapponendo normative a normative in un sistema che di fatto rende incerto ogni passo della vita essendo esposto ad una ridda di normative spesso in contrasto tra di loro. Invece di semplificare e rendere più snelli i processi decisionali e di diminuire i costi il sovrapporsi dei vari livelli istituzionali paralizza le decisioni in un mondo che richiede sempre più tempestività. Per non parlare della spesa a carico dello Stato che infatti è schizzata proprio quando sono state istituite le Regioni, innescando quel processo che ci ha ridotto ad avere un debito pubblico colossale che sta schiacciando lo sviluppo e che minaccia la stabilità del patto generazionale ed il futuro stesso delle generazioni.



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