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L'attività fisica fa bene al paziente scompensato


Categoria : cardiovascolare
Data : 28 maggio 2006
Autore : admin

Intestazione :

Il training fisico ha effetti favorevoli sull’attivazione neuro-ormonale in pazienti con scompenso cardiaco ed il dosaggio di BNP o NT-proBNP potrebbe essere impiegato per verificare l’efficacia di un programma di riabilitazione fisica nei pazienti con scompenso.



Testo :

Claudio Passino1,2, Silvia Severino1, Alessandra Gabutti1, Roberta Poletti1, Aldo Clerico1,2, Michele Emdin1
1Istituto di Fisiologia Clinica, CNR & 2Scuola Superiore Sant’Anna, Pisa
passino@ifc.cnr.it & emdin@ifc.cnr.it

Lo scompenso cardiaco rappresenta una sfida sanitaria rilevante sul piano epidemiologico. Questa patologia è la via finale comune di una serie di affezioni cardiovascolari con le quali condivide fattori di rischio, quadro clinico e strategie terapeutiche. Il trattamento convenzionale ottimale, teso ad antagonizzare l’attivazione neuroormonale con predominanza degli assi vasocostrittori, sodioritentori, con azione pro-rimodellamento cardiovascolare (sistema adrenergico, sistema renina-angiotensina-aldosterone in particolare) sul sistema endocrino cardiaco non riesce ad eliminare in molti pazienti le limitazioni imposte dalla malattia alla tolleranza allo sforzo fisico. Ciò perché, come evidenziato da numerose osservazioni nella letteratura, nello scompenso cardiaco si attivano una serie di meccanismi fisiopatologici che inducono una miopatia (1-4), che è all’origine in periferia del sintomo dispnea e “fatigue” (5-7). L’intervento fisioterapico diviene in quest’ottica un efficace strumento terapeutico capace di contrastare le alterazioni muscolari, migliorando la capacità lavorativa e la qualità di vita di questi pazienti (8-12). Sebbene consigliata (13), tuttavia, questa strategia terapeutica è poco utilizzata (14), per diverse motivazioni (15), tra cui una cautela ingiustificata verso tale procedura da parte del territorio, la dimensione relativamente ridotta dei campioni utilizzati negli studi di efficacia e la carenza di studi di mortalità, sino alla recente metanalisi di Massimo Piepoli (16), la carenza territoriale di strutture dedicate e non ultima la severità della patologia che può condizionare l’aderenza ad un programma di training fisico. In un recente studio pubblicato dal nostro gruppo (17) abbiamo voluto verificare gli effetti di un programma di training fisico domiciliare sull’assetto neuro-ormonale ed in particolare sui peptidi natriuretici cardiaci, BNP ed NT-proBNP. Questi peptidi ad azione natiuretica e vasodilatatrice rappresentano un sistema che si oppone agli effetti di vasocostrizione e sodioritenzione esercitati principalmente dal sistema adrenergico e dal sistema renina-angiotensina–aldsterone che sono tipicamente attivati in corso di scompenso cardiaco e che, se nelle prime fasi della malattia contrbuiscono a ripristinare il compenso emodinamico, nelle fasi avanzate contribuiscono alla progressione della sindrome. Un notevole numero di lavori pubblicati nella letteratura ha dimostrato l’utilità clinica di BNP ed NT-proBNP nella diagnosi, nella stratificazione prognostica e per il follow-up dei pazienti affetti da scompenso cardiaco (18). Per valutare gli effetti del training fisico sull’attivazione neuroormonale nello scompenso cardiaco, 95 pazienti con cardiomiopatia dilatativa idiopatica o post-ischemica, in trattamento medico ottimale e stabile, sono stati randomizzati in due gruppi: 47 pazienti sono stati indirizzati ad un programma di training fisico domiciliare su cyclette della durata di nove mesi con periodiche sedute di training (ad 1, 2, 3 e 6 mesi) intraospedealiere sotto la supervisione di una fisioterapista al fine di valutare la compliance al programma e verificare la presenza di effetti indesiderati (i.e. aritmie) al carico di allenamento consigliato. Il programma prevedeva sedute della durata di 30 minuti al carico corrispondente al 60% del consumo di O2 al picco, precedute da 5 minuti di riscaldamento e seguite da 5-10 minuti di defatigamento. 48 pazienti hanno proseguito con il loro abituale stile di vita e sono serviti da gruppo di controllo. All’arruolamento, al terzo mese ed al termine del programma tutti i pazienti sono stati sottoposti a saggio di BNP, NT-proBNP, noradrenalina, attività reninica plasmatica ed aldosterone, ad un questionario sulla qualità della vita (Minnesota living-with-heart-failure), ad un ecocardiogramma ed ad un test cardiopolmonare con misura del consumo di ossigeno al picco. Il carico di lavoro veniva modificato in accordo con il risultato del test cardiopolmonare del terzo mese, in modo da ottenere un effetto allenante progressivo. I risultati di questo studio hanno mostrato, nei pazienti sottoposti al programma di training, accanto all’incremento di consumo di O2 ed al miglioramento della qualità di vita, una significativa riduzione dei valori plasmatici di BNP, NT-proBNP e noradrenalina ad indicare un ulteriore miglioramento del bilancio neuro-ormonale in aggiunta a quanto ottenuto con la terapia medica ottimale. Questo è stato confermato dall’assenza di modificazioni dell’assetto neuroormonale nel gruppo di controllo in sola terapia medica ottimale. Queste osservazioni pertanto indicano che il training fisico, in aggiunta ai noti benefici, ha anche effetti favorevoli sull’attivazione neuro-ormonale in pazienti con scompenso cardiaco e suggeriscono anche la possibilità di utilizzare il dosaggio di BNP o NT-proBNP per verificare l’efficacia di un programma di riabilitazione fisica.

BIBLIOGRAFIA

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15. J Am Coll Cardiol 1995; 25: 789-96.
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18. Ital Heart J. 2005;6(5):430-46.



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