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Acidi omega 3 non diminuiscono mortalità cardiovascolare e non aumentano il cancro


Categoria : cardiovascolare
Data : 05 aprile 2006
Autore : admin

Intestazione :

Una metanalisi di studi RCT e di coorte sull'effetto degli acidi grassi omega 3 non ha dimostrarto alcuna significativa riduzione della mortalità e degli eventi cardiovascolari od aumento dell'incidenza di cancro.



Testo :

Al fine di valutare l'impatto degli acidi grassi omega 3, sia a corta che a lunga catena, sulla mortalità totale , eventi cardiovascolari e cancro è stata effettuata una revisione sistematica di 48 RCT e di 41 studi di coorte. La metanalisi considera gli effetti sia di supplementi contenenti acidi grassi sia della dieta con forte consumo di pesce, in pazienti a basso e ad alto rischio cardiovascolare ed in prevenzione secondaria. La mortalità totale non è emersa significativamente diminuita (relative risk 0,87, 95% CI 0,73 - 1,03) e risultati simili si sono avuti sia per la riduzione degli eventi cardiovascolari (0,95, 0.82 - 1,12) che per l'incidenza di cancro (1,02, 0,87 - 1,19) che poteva essere iporizzata in aumento a causa dell’aumentata esposizione del pesce a inquinanti come diossine e metilmercurio.

Fonte: BMJ 2006; 332: 752-60

Commento di Luca Puccetti

L'Istituto Mario Negri ha condotto su oltre 11.000 pazienti e pubblicato su Lancet nel 1999 lo studio GISSI Prevenzione (1) che aveva dimostrato che i supplementi di acidi grassi polinsaturi omega 3 (1 g/die) riducevano sia la mortalità, sia i reinfarti non fatali, sia gli ictus, nonché la mortalità ospedaliera per infarto del miocardio del 30% in pazienti sopravvissuti ad un precedente IMA. Lo studio era controllato, in aperto con una prima randomizzazione centralizzata dei pazienti con un disegno fattoriale 2x2 di assegnazione a olio di pesce o a vitamina E o ad entrambi i trattamenti. I pazienti che presentano livelli di colesterolo elevati venivano randomizzati a ricevere un trattamento con pravastatina sei mesi dopo l'evento. Lo studio ha preso avvio nell'ottobre 1993 ed ha concluso la fase di randomizzazione nell'ottobre 1995 con l'inclusione di 11,324 pazienti. Il follow-up si è concluso nel dicembre del 1998. L'assunzione per un periodo di 3,5 anni di un grammo al giorno di n-3 PUFA ha migliorato in modo significativo la prognosi dei pazienti reduci da infarto; il beneficio consiste in una riduzione relativa del 15% degli eventi inclusi nell'end-point primario di mortalità totale, reinfarto e ictus. Questo beneficio è dovuto quasi completamente alla riduzione del numero dei decessi (20%). Il risultato è stato ottenuto in una popolazione di pazienti trattati al meglio delle conoscenze oggi disponibili in termini di prevenzione secondaria. Sulla base delle stime prodotte dal GISSI Prevenzione, possono essere salvate fino a 20 vite ogni 1000 pazienti trattati con n-3 PUFA. Al contrario, la somministrazione di 300 mg al giorno di Vit. E non ha prodotto benefici significativi sull'end-point combinato. Le ragioni di questi risultati erano stati attribuiti alle proprietà antiaritmiche. Lo studio DART 2 (2) pubblicato nel 2003, era stato condotto su 3.114 pazienti con angina instabile per saggiare se l'effetto degli omega-3 dipendesse dall'azione antiaritmica. I risultati hanno mostrato invece un aumento sia delle morti improvvise sia della mortalità totale. Dunque sembra che gli omega 3 siano utili solo in prevenzione secondaria. Appare dunque confusionario lo scopo della metanalisi in quanto ha inserito pazienti con diversi profili di rischio sia in prevenziione primaria che secondaria.

1) Lancet 1999; 354: 447-55
2) Eur J Clin Nutr 2003; 57:193-200



Commento di Renato Rossi

Questa revisione sistematica mette in dubbio che l'assunzione di acidi grassi omega 3 abbia una qualche influenza sulla salute. Ciò contrasta con studi osservazionali precedenti che suggerivano un benefico dalla assunzione di elevate quantità di pesce, ma questo potrebbe dipendere dal fatto che il pesce contiene non solo omega 3 ma Anche altri costituenti come il selenio o la vitamina D oppure ancora che le popolazioni che hanno una dieta ricca di pesce osservano anche uno stile di vita più salubre.
I dati di questa revisione divergono anche da quelli di una revisione precedente [1] in cui sono stati esaminati 11 RCT e che al contrario suggeriva che gli omega 3 a lunga catena somministrati per almeno 3 mesi in soggetti con malattia coronarica riducono la mortalità totale e la morte improvvisa. Questo probabilmente dipende dal fatto che le due revisioni hanno preso in esame studi in parte diversi. In particolare la revisione del 2002 non includeva il DART 2 trial, effettuato in pazienti con agina[2] perchè non era stato ancora pubblicato. Il DART 2 trial mostrava addirittura un eccesso di mortalità e di morti improvvise, evidente in chi assumeva capsule contenenti olio di pesce ma non in chi assumeva pesce grasso. Per contro nello studio GISSI-Prevenzione [3] supplementi di omega 3 hanno dimostrato di ridurre la mortalità (essenzialmente per una riduzione delle morti aritmiche) nei soggetti con infarto miocardico.
La revisione sistematica recensita in questa pillola evidenzia anche come nessun effetto sia stato riscontrato sul rischio oncologico, in accordo con una analisi recente [4].
L'apparente contraddizione di tutti questi dati potrebbe essere dovuta semplicemente al fatto che i benefici degli omega 3 sono limitati a particolari sottogruppi di pazienti a rischio molto elevato, come per esempio gli infartuati.
Comunque la metanalisi del BMJ (che ha preso in considerazione soggetti con uno spettro di rischio cardiovascolare molto variabile) ha messo insieme studi dai risultati contrastanti (alcuni documentano un beneficio dei supplementi di omega 3, altri lo negano) e presenta dei limiti legati al fatto che molti trials considerati erano di breve durata e di casistica ridotta.
Un RCT in corso, effettuato in collaborazione tra l'Istituto di Ricerca Mario Negri e i Medici di Medina Generale italiani (studio Rischio e Prevenzione), sta valutando gli effetti degli omega 3 in pazienti a rischio cardiovascolare, e dovrebbe finalmente definire la questione sia per la durata (5 anni) sia per la numerosità della casistica arruolata, ma i risultati saranno disponibili solo fra alcuni anni.


Bibliografia
1. Bucher HC et al. Am J Med 2002;112: 298-304.
2. Burr ML et al. Eur J Clin Nutr 2003;57: 193-200
3. Studio GISSI-PREVENZIONE. Lancet 1999; 354:447
4. MacLean CH et al. JAMA 2006;295: 403-15



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