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Stress lavorativo cronico favorisce sindrome metabolica


Categoria : metabolismo
Data : 23 gennaio 2006
Autore : admin

Intestazione :

Lo stress lavorativo protratto nel tempo è associato ad un raddoppiamento del rischio di sviluppare una sindrome metabolica.



Testo :

Alcuni ricercatori dell'University College di Londra hanno passato in rassegna i dati dello studio prospettico Whitehall II che aveva arruolato 10.308 soggetti (età 35-55- anni) dal 1985 al 1988.
Nel 1989, 1991-93 e nel 1997-99 i partecipanti sono stati intervistati circa le problematiche inerenti al lavoro, la presenza o assenza di aiuti sociali nell'ambiente lavorativo e i comportanti sanitari. Alla fine dello studio rimasero 7034 partecipanti che sono stati esaminati clinicamente al fine di rilevare la presenza di sindrome metabolica, definita secondo i correnti criteri diagnostici.
I soggetti che riferivano stress lavorativo tre o più volte durante i 14 anni dello studio presentavano un rischio doppio di sindrome metabolica rispetto a chi non riferiva stress lavorativo.
Dopo aver corretto i dati per età, tipo di impiego, comportamenti sanitari ed aver escluso i soggetti obesi al baseline, il rischio di sindrome metabolica era di 1,1 per chi riportava stress lavorativo una sola volta, di 1,47 per chi lamentava questo problema due volte e di 2,29 per chi lo riferiva per tre o più volte.
Gli autori concludono che uno stress lavorativo protratto nel tempo è associato ad un raddoppiamento del rischio di sviluppare una sindrome metabolica. Il meccanismo di questa relazione non è chiaro, potrebbe trattarsi degli effetti dello stress sul sistema nervoso autonomo, sull'attività neuroendocrina e adrenocorticale.


Fonte: BMJ Online First 2006 Jan 20
10.1136/bmj.38693.435301.80

Commento di Renato Rossi

Questo studio è un'ulteriore conferma che i fattori psico-sociali possono influenzare in modo importante lo stato di salute. Come è stato dimostrato dallo studio INTERHEART [1] il rischio di infarto miocardico non è solo determinato dai classici fattori di rischio (ipercolesterolemia, ipertensione, fumo, diabete, obesità, ecc.) ma è strettamente associato anche a fattori sociali e psicologici come lo stress al lavoro oppure familiare, i problemi economici e finanziari, la depressione oppure aver vissuto eventi stressanti durante la vita passata. Questi dati si mantengono costanti in tutte le popolazioni esaminate dallo studio (nord-americane ed europee), in tutti i gruppi etnici ed in entrambi i sessi. Nella valutazione del rischio cardiovascolare sarà quindi importante non considerare solo i fattori di rischio già noti: è utile informarsi anche sul tipo di lavoro, sulla presenza di stress lavorativo, di problemi in famiglia, di difficoltà economiche ecc. Insomma, da un approccio puramente biologico si dovrà passare ad un valutazione del paziente nella sua complessa interazione con l'ambiente che lo circonda, secondo un modello di tipo bio-psico-sociale.

Bibliografia
1. Lancet 2004 Sept 11; 364: 937-52 e Lancet 2004 Sept 11; 364: 953-62



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