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In infartuati simvastatina a dose standard equivale atorvastatina ad alte dosi


Categoria : cardiovascolare
Data : 18 novembre 2005
Autore : admin

Intestazione :

Nei soggetti con pregresso infarto miocardico atorvastina ad alte dosi non riduce il complesso degli eventi coronarici maggiori in modo diverso dalla simvastatina a dosi standard anche se è più efficace nel ridurre il reinfarto non fatale.



Testo :

Nello studio IDEAL (Incremental Decrease in End Points Through Aggressive Lipid Lowering) dal marzo 1999 al marzo 2005 sono stati arruolati 8.888 pazienti con storia di infarto miocardico acuto (età < = 80 anni, media 62 anni), randomizzati a ricevere atorvastatina ad alte dosi (80 mg/die; n = 4.439) o simvastatina a dosi usuali (20 mg/die; n = 4.449). Il follow-up medio è stato di 4.8 anni.
L'end-point primario era costituito da un evento coronarico maggiore (definito come morte coronarica, infarto miocardico non fatale o arresto cardiaco con recupero del paziente).
Durante il trattamento il livello di LDL-colesterolo medio fu di 104 ± 0.3 mg per dL con la simvastatina e di 81 ± 0.3 mg per dL con atorvastatina.
L'end-point primario si verificò in 463 pazienti (10,4%) del gruppo simvastatina e in 411 pazienti (9,3%) del gruppo atorvastatina, differenza non significativa (HR 0,89; IC95% 0,78-1,01; p = 0,07). Esaminando i singoli componenti dell'end-point primario si notò che vi era una riduzione degli infarti non fatali (7,2% vs 6,0%; HR 0,83; IC95% 0,71-0,98; p = 0,02) ma non degli altri due componenti.
Per quanto riguarda gli end-point secondari nel gruppo atorvastatina si ebbe una riduzione degli eventi cardiovascolari maggiori (HR 0,87; IC95% 0,77-0,98; p = 0,02) e di ogni evento coronarico (HR 0,84; IC95% 0,76-0,91; p < 0,001).
Non ci furono differenze tra i due gruppi per quanto riguardava le morti non cardiovascolari (HR 0,92; IC95% 0,73-1,15; p = 0,47) e i decessi da ogni causa (HR 0,98; IC95% 0,85-1,13; p = 0,81).
Nel gruppo atorvastatina si ebbe una percentuale più elevata di interruzione del trattamento a causa di effetti collaterali non gravi, però l'interruzione dovuta ad un aumento delle transaminasi si verificò più spesso nel gruppo simvastatina (n = 43 vs 5; 1% vs 0,1%). Miopatia grave e rabdomiolisi furono rari in entrambi i gruppi.
Gli autori concludono che la terapia aggressiva con statina ad alto dosaggio nei pazienti com pregresso infarto miocardico, anche se non riduce gli eventi coronarici maggiori, porta a riduzione di alcuni end-point secondari e dell'infarto non fatale.

Fonte: JAMA 2005; 294. 2437-2445

Commento di Renato Rossi

Si è recentemente scritto sul vezzo di passare in secondo piano i risultati di uno studio sull'end-point primario, quando questo risulta negativo rispetto all'ipotesi di partenza, puntando invece i riflettori su end-point secondari (vedi a tal proposito la pillole sulla interpretazione degli studi PROACTIVE e ASCOT-BPLA ad opera di Battaggia e Vaona). Purtroppo tocca ripetersi, a costo di apparire noiosi.
Quando si costruisce uno studio lo si disegna per rispondere alla domanda: "Il trattamento è in grado di ridurre l'end-point primario rispetto al placebo o al farmaco di controllo?". La potenza statistica dello studio viene tarata su questo end-point. In altri termini possiamo dire che la capacità statistica dello studio è "tutta impegnata" nella valutazione dell'end-point primario (sia esso unico o composto). La valutazione di end-point secondari può fornire utili informazioni aggiuntive qualora non siano in contrasto con i risultati ottenuti sull'end-poit primario; in caso contrario le informazioni che da loro si ottengono possono servire a formulare delle ipotesi che però andranno confermate in studi successivi. Così una riduzione statisticamente significativa di uno o più end-point secondari è solo "apparente" in quanto, giova ricordarlo ancora, il potere statistico "reale" dello studio è stato consumato per l'end-point primario.
Allora come si dovrebbero interpretare i risultati dello studio IDEAL?
La domanda essenziale degli studiosi era: "Una statina ad alto dosaggio riduce gli eventi coronarici maggiori (morte coronarica, infarto non fatale, arresto cardiaco con recupero del paziente) rispetto ad una statina a dosaggio standard in soggetti con pregresso infarto miocardico?". Il risultato dello studio in questo senso è stato negativo.
Il riscontro di una riduzione di un singolo componente dell'end-point primario (infarto miocardico) e di alcuni end-point secondari permette di ipotizzare che alcuni benefici con la terapia ipolipemizzante aggressiva ci possano essere, ma andranno confermati da RCT appositamente disegnati.



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