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Warfarin più ASA in sindrome coronarica acuta


Categoria : cardiovascolare
Data : 17 agosto 2005
Autore : admin

Intestazione :

Terapia antitrombotica intensiva potrebbe essere preferibile dopo una sindrome coronarica acuta.



Testo :

In questa meta-analisi sono stati assemblati i risultati derivanti da trials clinici effettuati tra il 1990 e il 2004 in cui veniva paragonata l'associazione warfarin (con un INR > 2) + asa o asa da solo dopo una sindrome coronarica acuta.
La ricerca ha permesso di ritrovare 10 studi per un totale di 5938 pazienti. Rispetto al solo asa, l'associazione era caratterizzata da una riduzione, statisticamente significativa, del rischio di infarto del 44%, del rischio di stroke ischemico del 54% e di interventi di rivascolarizzazione del 20%. Per contro, con l'associazione, vi era un aumento significativo del rischio di emorragie maggiori di 2.5 volte. Non vi era invece nessuna differenza per quanto riguarda la mortalità totale.
Gli autori concludono che nei pazienti con pregressa sindrome coronarica acuta che siano a basso o medio rischio emorragico l'associazione warfarin + asa possiede più benefici che rischi rispetto al solo asa.

Fonte: Ann Intern Med 2005 Aug 16; 143:241-250

Commento di Renato Rossi
Dopo una sindrome coronarica acuta vi è un maggior rischio di nuovi eventi cardiovascolari che persiste per molti mesi, per cui ci si può chiedere se valga la pena di associare, alla terapia con aspirina, anche un anticoagulante. Ovviamente intensificare la terapia antitrombotica comporta un aumento del rischio di emorragie pertanto la decisione non è semplice. Secondo i dati di questa meta-analisi se il paziente non è ad elevato rischio emorragico i benefici dell'associazione superano i pericoli. Secondo gli autori per la categoria ad alto rischio cardiovascolare l'associazione eviterebbe 83 infarti e 43 ictus ogni 1000 pazienti/anno mentre per quelli a basso rischio si eviterebbe 18 infarti e 7 stroke.
Circa la metà dei rischi e dei benefici dell'associazione si verificano nei primi tre mesi di terapia mentre nel secondo anno essi si riducono del 60%.
A tre mesi il numero di soggetti che è necessario trattare per evitare un evento cardiovascolare è di 16 e quello per avere un evento emorragico in più è di 333.
Una limitazione della meta-analisi, sottolineata dagli stessi autori, è il fatto che non sono stati considerati studi in pazienti con stent, quindi non è automatico che questi risultati siano validi anche per questo tipo di pazienti.
Da considerare che nella pratica reale i benefici potrebbero essere minori e i rischi maggiori di quanto risulta dagli studi clinici sia per la ridotta compliance alla terapia con anticoagulanti sia per la difficoltà che talora si ha nel seguire chi assume warfarin.



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