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Coronaropatia e fibrillazione atriale: quale regime antitrombotico?
Inserito il 26 gennaio 2020 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Lo studio AFIRE suggerisce che nei pazienti affetti da coronaropatia stabile e fibrillazione atriale, dopo 12 mesi dalla rivascolarizzazione, può essere sufficiente continuare con il solo anticoagulante, sospendendo l'antiaggregante.



Quale dovrebbe essere il regime antitrombotico nel paziente con fibrillazione atriale affetto anche da cardiopatia ischemica stabile?

Nello studio RE-DUAL PCI [1] si è evidenziato che nei soggetti sottoposti a PCI che contemporaneamente siano in fibrillazione atriale la preferenza dovrebbe andare alla duplice terapia (associazione antiaggregante/anticoagulante) piuttosto che ad una triplice terapia (anticoagulante associato a due antiaggreganti).

Una successiva metanalisi "in rete" ha confermato questi risultati [2].

Tuttavia se si debba continuare con la duplice terapia anche dopo gli iniziali 12 mesi è oggetto di discussione.
Le linee guida , infatti, raccomandano, nei pazienti con fibrillazione atriale e rivascolarizzazione coronarica, un regime anticoagulante/antiaggregante piastrinico per i primi 12 mesi; in seguito si consiglia di proseguire con il solo anticoagulante, ma su quest'ultimo aspetto le evidenze non sono conclusive.

Ha cercato di fare chiarezza lo studio AFIRE (Atrial Fibrillation and Ichemic Events with Rivaroxaban in Patients with Stable Coronary Artery Disease) [3].

Nello studio, effettuato in Giappone, sono stati reclutati 2236 soggetti con fibrillazione atriale e cardiopatia ischemica stabile. Più dell'80% dei pazienti era stato sottoposto da almeno un anno a PCI o by-pass coronarico; il rimanente aveva una coronaropatia stabile in cui non era stata giudicata necessaria la rivascolarizzazione.

I partecipanti sono stati trattati con rivaroxaban oppure rivaroxaban e antiaggregante (ASA oppure un inibitore del P2Y12).

Dopo un follow up medio di 24 mesi si è evidenziato che la monoterapia non era inferiore alla terapia duplice per quanto riguarda l'endpoint primario (ictus, embolismo sistemico, infarto miocardico, angina instabile che richiedeva una rivascolarizzazione, morte da ogni causa).
L'endpoint primario di safety (emorragie maggiori) era nettamente inferiore nel gruppo che assumeva solo rivaroxaban (HR 0,59; 95%CI 0,39-0,89; p = 0,01).

Da notare che lo studio è stato interrotto anticipatamente in quanto uno degli eventi compresi nell'endpoint primario (mortalità totale) risultava inferiore del 45% nel gruppo in monoterapia (HR 0,55%; 0,38-0,81),
Secondo gli autori questo dato richiede ulteriori approfondimenti.


Che dire?

Lo studio conferma le attuali raccomandazioni delle linee guida: dopo 12 mesi di terapia si può sospendere l'antiaggregante e continuare con il solo anticoagulante. Inoltre, secondo i risulatati del trial, nei pazienti con coronaropatia stabile non sottoposti a rivascolarizzazione si può usare il solo anticoagulante.

Se, però, questo è valido per la maggior parte dei pazienti con fibrillazione atriale e cardiopatia ischemica, rimane il dubbio se sia una pratica sicura in alcune tipologie di pazienti (per esempio quelli giudicati ad alto rischio per l'esistenza di lesioni coronariche complesse oppure per eventi coronarici recidivanti).

Vi è infine da considerare che nello studio AFIRE sono stati usati dosaggi di rivaroxaban generalmente inferiori a quelli usati comunemente (10-15 mg/die invece di 20 mg/die). Anche questo dato richiede ulteriori approfondimenti.



Renato Rossi


Bibliografia

1. Cannon CP et al for the RE-DUAL PCI Steering Committee and Investigators. Dual Antithrombotic Therapy With Dabigatran after PCI in Atrial Fibrillation.
N Engl J Med 2017; 377:1513-1524.

2. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=7172

3. Yasuda S et al. Antithrombotic therapy for atrial fibrillation with stable coronary disease. N Eng J Med 2019 Sept 19; 381: 1103-1113.





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