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L' arteriopatia degli arti inferiori
Inserito il 17 febbraio 2013 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Il punto sull'arteriopatia degli arti inferiori.


Cos'è l'arteriopatia degli arti inferiori?

L'arteriopatia degli arti inferiori (AAI) è una patologia caratterizzata da insufficiente afflusso di sangue causato da una ostruzione di solito localizzata a livello delle arterie iliache, femorali o poplitee. L'ostruzione si manifesta generalmente con un quadro cronico caratterizzato clinicamente da claudicatio intermittens e/o disturbi trofici alle gambe/piedi, ma può complicarsi con un'ischemia acuta per il formarsi di emboli e/trombi.


Quanto è frequente?

L'AAI è una malattia tipica dell'età adulta e avanzata. Si calcola che dopo i 75 anni ne sia affetto un paziente su cinque.


Qual è la causa?

Di solito la stenosi arteriosa è causata da un processo aterosclerotico. Fattori predisponenti sono quindi tutte quelle condzioni che sono state associate all'aterosclerosi: diabete, iperlipemia, fumo, ipertensione, etc.
Bisogna sempre considerare l'AAI una spia di una diffusa compromissione dell'albero arterioso. Infatti patologie spesso coesistenti nel paziente con AAI sono le coronaropatie, le cerebrovasculopatie, l'insufficienza renale, etc. In alcuni casi la causa può essere un processo vasculitico talora associato a collagenopatia.


Quali sono i sintomi?

I sintomi dipendono in parte dalla/e sede/i delle lesioni e in parte dal formarsi di circoli collaterali più o meno efficienti.
Il sintomo più tipico è la claudicatio intermittens: dolore alle natiche, alle cosce o ai polpacci che compare quando il paziente cammina e che recede se si ferma. L'intensità del dolore e la distanza percorsa prima che compaia il sintomo dipendono dalla gravità della/e ostruzione/i e dalla presenza di circoli collaterali.
Nelle forme gravi il dolore può essere presente anche a riposo che si aggrava con l'elevazione delle gambe e che, per questo, è spesso notturno.
Nei diabetici una AAI deve essere sospettata di fronte a ferite del piede o della gambba che tendono a guarire troppo lentamente.
L'esame obiettivo evidenzia l'assenza dei polsi arteriosi periferici a livello femorale, popliteo, tibiale o pedidio. Altri segni sono il pallore cutaneo o, al contrario cianosi e livedo reticolare, e alterazioni trofiche cutanee più o meno accentuate: distrofie e discromie, ulcerazioni, necrosi, gangrena a seconda della gravità e dello stadio della malattia.
La forma acuta dell'AAI è caratterizzata da una ischemia critica con grave dolore a riposo, estremo pallore cutaneo, assenza dei polsi arteriosi; se non si interviene prontamente con una ricanalizzazione compaiono necrosi e gangrena che possono richiedere l'amputazione della zona colpita.


Quali sono gli esami da richiedere per confermare la diagnosi?

Un primo test diagnostico può essere la misurazione dell'indice caviglia-braccio (conosciuto come ABI = ankle-brachial index) di cui si è trattato in alcune occasioni precedenti alle quali si rimanda per maggiori particolari [1,2].
L'esame diagnostico di prima scelta rimane l'ecodoppler arterioso. Se sulla base di questo esame si prevede un intervento di rivascolarizzazione si deve procedere con un'angiografia RM con contrasto o, in alternativa quando questa non sia attuabile, con una angiografia TC.
Accertamenti complementari che vanno effettuati in soggetti con arteriopatia periferica comprendono esami ematochimici (glicemia, creatinina, profilo lipidico, etc.) e l'elettrocardiogramma.
Può essere utile anche eseguire un ecodoppler carotideo, soprattutto nei diabetici e nei coronaropatici.


Qual è la terapia dell'AAI?

Nei pazienti con claudicatio intermittens è importante consigliare un adeguato programma di esercizio fisico onde migliorare la distanza percorsa libera da dolore [3].
Qualora non si ottengano benefici con un adeguato periodo di esercizio fisico si può ricorrere a naftidrofuryl, cilastozol o pentossifillina.
Poichè i pazienti con AAI sono in genere ad elevato rischio cardiovascolare si devono mettere in atto tutte le misure necessarie a prevenire complicanze come l'infarto miocardico o l'ictus: abolizione del fumo, dieta di tipo mediterraneo, riduzione del peso corporeo, statine, trattamento del diabete e dell'ipertensione, antiaggreganti.
Se il trattamento conservativo non ottiene risultati si ricorre all'angioplastica (con o senza applicazione di stent), previa valutazione tramite l'imaging della sua fattibilità da parte del chirurgo vascolare.
Il bypass è un'alternativa nei casi gravi in cui l'angioplastica ha fallito oppure non è fattibile.
Nell'ischemia critica acuta il paziente deve essere prontamente esaminato da una equipe di esperti per valutare la possibilità di procedere all'angioplastica o al bypass o la necessità di una amputazione.
Nei casi di ischemia critica che non possono essere sottoposti a rivascolarizzazione le linee guida raccomandano l'aggiunta di prostanoidi (per esempio iloprost e alprostadil) al trattamento antiaggregante. In alcuni di questi casi non proponibili per l'intervento di rivascolarizzazione e con dolore ribelle si può ricorrere alla simpaticectomia.



Renato Rossi



Bibliografia

1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=4993

2. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=4123

3. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=4503

4. Alonso-Coello P et al. Antithrombotic therapy in peripheral artery disease: Antithrombotic Therapy and Prevention of Thrombosis, 9th ed: American College of Chest Physicians Evidence-Based Clinical Practice Guidelines. Chest. Feb 2012;141(2 Suppl):e669S-90S.

5. NICE Clinical Guideline 147. Lower limb peripheral disease. Diagnosis and management. August 2012.

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