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SSRI ed emorragia cerebrale |
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Inserito il 09 dicembre 2012 da admin. - psichiatria_psicologia - segnala a:
Secondo una metanalisi l'esposzione agli SSRI sarebbe associata ad un aumentato rischio di emorragia cerebrale.
Gli inibitori selettivi del reuptake della serotonina (SSRIs) sono i farmaci antidepressivi attualmente più comunemente utilizzati. Poiché essi inibiscono l’aggregazione piastrinica, questi farmaci aumentano il rischio di sanguinamento intestinale; anche se gli studi sulla loro associazione con il rischio di sanguinamento intestinale sono contrastanti. Partendo da queste premesse, gli autori di questo lavoro hanno realizzato una revisione sistematica e una metanalisi di studi osservazionali che riportavano l’associazione di SSRI con emorragia cerebrale, ricercando su Medline, Web of Science, EMBASE, Scopus, ProQuest Dissertations, e liste di articoli referenziati di studi per il controllo epidemiologico che riportassero il rischio stimato per l’associazione degli SSRI con l’emorragia cerebrale. Gli studi dovevano includere un gruppo di controllo che non riceveva terapia con SSRI, sono stati inclusi studi di coorte prospettici e retrospettivi, studi crossover, e studi caso-controllo. Sono stati individuati 16 studi pertinenti, con un totale di 506.411 pazienti. Poiché le definizioni per quest’esito variavano notevolmente tra i vari studi, gli autori hanno raggruppato gli studi secondo il sottotipo di emorragia cerebrale riportato: emorragia intracranica, ictus emorragico, emorragia intracerebrale ed emorragia subaracnoidea. Sono stati utilizzati modelli ad effetti fissi Der Simonian e Laird per calcolare il rischio di associazione.
Risultati:
L’emorragia intracranica era correlata all’esposizione agli SSRI in entrambe le analisi, non aggiustata (rate ratio [RR] 1.48, 95% IC: 1.22–1.78) ed aggiustata (RR 1.51, 95% IC 1.26–1.81). Anche l’emorragia intracerebrale era associata all’esposizione agli SSRI in entrambe le analisi, non aggiustata (RR 1.68, 95% IC 1.46–1.91) ed aggiustata (RR 1.42, 95% CI 1.23–1.65). L’emorragia sub aracnoidea non era aumentata né nell’analisi non aggiustata (RR 1.02, 95% IC 0.77–1.34) nè in quella aggiustata (RR 0.62, 95% CI 0.38–1.01). In un sottogruppo di 5 studi (3 di emorragia intracranica ed 1 che riportava stroke emorragico ed emorragia intracerebrale), l’esposizione agli SSRI in combinazione con gi anticoagulanti orali era associata ad un aumentato rischio di sanguinamento rispetto ad anticoagulanti orali da soli (RR 1.56, 95% IC 1.33–1.83). Quando si analizzavano tutti gli studi insieme, l’aumento del rischio era visibile negli studi di coorte (1.61, 95% IC 1.04–2.51), negli studi caso-controllo (odds ratio [OR] 1.34, 95% IC 1.20–1.49), e negli studi crossover (OR 4.24, 95% IC 1.95–9.24). Sei studi su sette suggerivano che un’esposizione recente era associata in maniera più forte ad eventi emorragici, rispetto all’esposizione a più lungo termine, un risultato in linea con la riportata diminuizione della funzione piastrinica dopo alcune settimane di esposizione agli SSRI. La funzionalità piastrinica può migliorare con la prolungata esposizione, o la esposizione a breve termine può esaurire i pazienti suscettibili dal pool di pazienti a rischio di emorragia.
In conclusione, sostengono gli autori, l' esposizione è associata ad un aumentato rischio di emorragia cerebrale (prevalentemente dovuta a sanguinamento intracerebrale).
Data una incidenza globale stimata di 24.6 per 100.000 persone-anno, ci si dovrebbe aspettare 1 episodio aggiuntivo di sanguinamento per 10.000 persone-anno trattate per 1 anno. I tassi potrebbero essere più elevati in pazienti con una storia precedente di emorragia intracerebrale, in particolare di emorragia lobare.
Limitazioni ammesse dagli autori:
1.Sebbene si sia trovato un rischio aumentato di emorragia intracranica ed intracerebrale relativa alla esposizione agli SSRI in modelli aggiustati e non, soltanto uno studio ha considerate l’emorragia subdurale come entità distinta. Pertanto, non è stato possibile analizzare l’emorragia subdurale come entità distinta.
2.Non sono stati riportati dati sul sottotipo di emorragia intracerebrale (ad es. lobare vs profonda).
3.Dato l’ampio range di dimensione del campione, alcuni studi avevano una probabilità maggiore di essere predominanti.
4.Le variabili, quali l’ipertensione, erano definite in maniera differente nei vari report, con la mancanza di dati fisiologici diretti, quali pressione arteriosa, colesterolo, o funzionalità renale. Report futuri dovrebbero considerare il rischio relativo a SSRI tra pazienti con storia di malattia coronarica o cerebrovascolare, poiché tali individui spesso assumono farmaci antiagggreganti per la prevenzione secondaria.
Gli autori, infine, suggeriscono che i medici potrebbero prendere in considerazione altre classi di antidepressivi in pazienti con fattori di rischio intrinseco per emorragia intracerebrale, come coloro che fanno una terapia a lungo termine con un anticoagulante orale, con precedente sanguinamento intracranico, e come pazienti con angiopatia cerebrale amiloide o con grave abuso di alcol.
Fonte:
Selective serotonin reuptake inhibitors and brain hemorrhage. A meta-analysis. D.G. Hackam, M. Mrkobrada. Neurology 2012; 79: 1862-1865.
Commento di Patrizia Iaccarino
Nell’editoriale di accompagnamento, Emer McGrath e Martin J. O'Donnell sostengono che i risultati vanno interpretati con cautela e che gli SSRI continuano ad essere una terapia valida per la depressione, che è importante vada curata. Attenzione va posta solo in casi selezionati. Invero, essi sostengono, l'aumento del rischio assoluto associato all’esposizione agli SSRI è molto piccolo per il paziente medio, per cui, i medici non devono temere di prescrivere SSRI laddove ci sia indicazione, anche se è importante operare una adeguata selezione dei pazienti.
L’argomento SSRI e rischio di sanguinamento è già stato trattato più volte su questa testata. Si rimanda ai riferimenti:
http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=1525
http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=3896
http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=4501
http://www.pillole.org/public/aspnuke/pdf.asp?print=news&pID=4531
http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=4923
http://www.pillole.org/public/aspnuke/print.asp?print=news&pID=5319
Commento di Luca Puccetti
La serotonina o 5-idrossi-triptamina (5-HT), un importante neuromediatore del Sistema Nervoso Centrale, esercita anche una attività proaggregante piastrinica e vasocostrittrice. Le piastrine presentano un trasportatore di membrana per la serotonina che ne permette l'inclusione in granuli secretori dai quali viene poi rilasciata a seguito del processo di attivazione. Gli antidepressivi (AD) che inibiscono la ricaptazione della serotonina bloccano anche il trasportatore di membrana delle piastrine compromettendone la funzione nei processi di emostasi ( Il dato conferma precedenti studi che hanno rilevato un aumento del rischio emorragico con l'uso di SSRI. Il rischio di ricovero per sanguinamento Gastrointestinale superiore è risultato diverso a seconda del diverso potenziale di inibizione della ricaptazione della serotonina (Mejeer WE et. Al. Arch Intern Med 2004; 164:2367-2370 ; Se Abajo FJ et. Al. BMJ 1999; 319:1106-1109) definita in base al grado di affinità recettroriale e delle comorbidità:
Antidepressivi (AD) in genere: 1 per 137/pazienti anno ad "affinità elevata": 1 per 127/pazienti anno ad "affinità intermedia": 1 per 135/pazienti anno ad "affinità ridotta" 1 per 152/pazienti anno ad "affinità elevata" in pazienti > 80 anni 1 per 68/pazienti anno ad "affinità ridotta" in pazienti > 80 anni 1 per 94/pazienti anno Pregressa emorragia GI + AD ad "affinità elevata" 1 per 24/pazienti anno Pregressa emorragia GI + AD ad "affinità ridotta" 1 per 35/pazienti anno
I farmaci a maggior affinità per il recettore e quindi maggiormente proni ad aumentare il rischio emorragico sono rappresentati da: Paroxetina,Clomipramina, Sertralina, Fluoxetina mentre a basso rischio proemorragico sono: Trazodone, Trimipramina, Maprotilina, Mianserina, Bupropione e Mirtazapina Pur se il rischio di emorragia intracranica è basso in soggetti con pluricomorbidità o che assumono farmaci antiaggreganti o anticoagulanti sarebbe preferibile usare farmaci antidepressivi a basso potenziale emorragico. Particolare attenzione dovrbeb essere posta all'utilizzo degli SSRi nei soggetti che abusano di alcol. Questi farmaci infatti vengono spesso impiegati proprio per curare l'abuso alcolico, sarebbe opportuno utilizzare, quando possibile i farmaci a minore capacità proemorragica.
Carlo Manfredi ha pertanto individuato i seguenti suggerimenti operativi che appaiono validi anche al fine di mitigare il rischio di emorragia intracranica in pazienti candidati al trattamento con SSRI:
l’impiego di SSRI aumenta il rischio di sanguinamento, di ricoveri e di trasfusioni perioperatorie;
maggiore è il grado di inibizione del reuptake della serotonina, più elevato è il rischio di sanguinamento;
l’associazione di aspirina o di FANS aumenta il rischio in modo esponenziale;
l’impiego di AD a bassa inibizione della ricaptazione della serotonina riduce il rischio di sanguinamento ed è da preferire nei soggetti a maggior rischio;
i pazienti in trattamento con SSRI non dovrebbero assumere FANS o aspirina;
nei soggetti a maggior rischio di sanguinamento prendere in considerazione la terapia di gastroprotezione se agli SSRI devono essere associati antiaggreganti e/o FANS
Referenze
C. Manfredi: Antidepressivi inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI) e rischio di sanguinamento http://www.farmacovigilanza.org/corsi/060731-03.asp
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