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Statine: come monitorarne l'efficacia?
Inserito il 11 novembre 2012 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Nel paziente trattato con una statina i valori raggiunti del colesterolo non-HDL sono predittivi di futuri eventi cardiovascolari più del colesterolo LDL e dell'apolipoproteina B.


Il medico può decidere di prescrivere una statina dopo aver valutato il rischio cardiovascolare del paziente oppure basandosi sui target di colesterolo LDL raccomandati da alcune linee guide [1].

Ma una volta che si è deciso di iniziare una terapia con questi farmaci, come andrebbe monitorata l'efficacia del trattamento?

Sono possibili tre strategie [2]:

1. usare la dose sperimentata nei vari studi clinici
2. usare la dose necessaria per ottenere una riduzione della colesterolemia attorno al 20-25%, cioè quella media ottenuta negli RCT
3. usare la dose necessaria per raggiungere il target di LDL consigliato dalle linee guida.

Ogni scelta ha i suoi pro e i suoi contro.
Per esempio la prima strategia ha il vantaggio di non richiedere un monitoraggio frequente della colesterolemia, ma potrebbe essere insufficiente a raggiungere il target di LDL consigliato.
Al contrario la terza strategia ha il vantaggio di raggiungere il goal terapeutico (o perlomeno di arrivarci vicino), ma richiede un controllo frequente della colesterolemia e spesso dosaggi elevati di farmaco (che aumentano il rischio di possibili effetti collaterali); inoltre, pur essendo consigliata da alcune linee guida, è discutibile [3].

In realtà non sappiamo ancora bene quale sia il comportamento ottimale.

Alcuni autori [4] si sono chiesti se non sia preferibile monitorare l'efficacia della terapia misurando i valori del colesterolo non-HDL o dell'apolipoproteina B (apo B) piuttosto che quelli del colesterolo LDL. A tal fine hanno effettuato una metanalisi studiando i dati individuali di oltre 62000 pazienti arruolati in otto RCT.
L'analisi di tutti questi dati ha permesso di concludere che sia i valori di colesterolo LDL raggiunti durante il trattamento sia quelli dell'apo B e del colesterolo non-HDL sono associati al rischio di eventi cardiovascolari (infarto, angina, ictus, etc.).
Tuttavia l'associazione più forte si è vista per il colesterolo non-HDL.

In base ai risultati di questa metanalisi si potrebbe quindi concludere che nei pazienti trattati con una statina conviene monitorare soprattutto i valori del colesterolo non-HDL, valori che si possono facilmente ottenere sottraendo il colesterolo HDL dalla colesterolemia totale.
In generale le linee guida consigliano un target di colesterolo non-HDL inferiore a 130 mg/dL (inferiore a 100 mg/dL nei pazienti a rischio cardiovascolare molto elevato).

Si tratta senza dubbio di una metanalisi interessante, ma alcune precisazioni sono necessarie perchè questi risultati, pur derivando dalla valutazione dei dati individuali di studi clinici randomizzati e controllati, sono di tipo essenzialmente osservazionale.
Infatti la metanalisi si è limitata a "osservare" quale era l'associazione tra i valori dei tre parametri esaminati e la comparsa di eventi cardiovascolari, ma nessuno degli RCT era stato appositamente disegnato per determinare quale sia la migliore strategia di monitoraggio della terapia con statine.

In altre parole per rispondere a questa domanda bisognerebbe disegnare un RCT in cui i pazienti arruolati fossero randomizzati in tre bracci. I pazienti di ogni braccio dovrebbero essere trattati con una dose di statina tale da raggiungere (o cercare di raggiungere) un determinato target rispettivamente di colesterolo LDL, colesterolo non-HDL e apo B.
Solo in questo modo si potrebbe vedere se scegliendo una strategia piuttosto che un'altra si ottengono migliori risultati in termini di riduzione di eventi hard.
Per essere ancora più pignoli bisognerebbe inoltre confrontare, sempre nello stesso trial, queste modalità di trattamento con le altre due possibili scelte: usare la dose fissa di statina sperimentata nei vari studi oppure usare una dose di statina tale da ridurre la colesterolemia del 20-25%, come mediamente si è ottenuto nei vari RCT.

E' facilmente comprensibile che uno studio del genere dovrebbe arruolare un gran numero di pazienti e durare almeno 4-5 anni per poter produrre risultati statisticamente affidabili.
Per il momento e in mancanza di evidenze di questo tipo il medico potrà decidere di volta in volta, nel singolo paziente, quale sia la scelta preferibile.
Nel far questo si baserà su vari parametri: il rischio cardiovascolare globale, la tollerabilità della terapia, le preferenze del paziente, etc.
Per esempio in un soggetto di 55 anni con pregresso infarto miocardico, diabete mellito e ipertensione si potrà scegliere di usare una strategia aggressiva cercando di arrivare ai target consigliati di colesterolemia.
Al contrario, in un soggetto in prevenzione primaria e non diabetico si potrebbe optare per una strategia che si limiti ad ottenere una riduzione delle colesterolemia del 20-25% rispetto al valore basale, oppure usare la dose di statina degli studi e non preoccuparsi troppo se non si riesce a raggiungere al cento per cento i target consigliati.
Quest'ultima scelta è quella consigliata per esempio dalle linee guida NICE, secondo le quali in prevenzione primaria si prescrive una statina a dosaggio pieno e non ci si preoccupa in seguito di dosare il colesterolo LDL [4].
Insomma, ancora una volta il medico dovrà usare con accortezza buon senso e ponderato giudizio clinico.



Renato Rossi



Bibliografia

1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=5481
2. Therapeutics Letter n. 49 - Luglio-settembre 2003.
Statin's benefit for secondary prevention confirmed.
What is the optimal dosing strategy?
3. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=5296
4. Boekholdt SM et al. Association of LDL Cholesterol, Non–HDL Cholesterol, and Apolipoprotein B Levels With Risk of Cardiovascular Events Among Patients Treated With Statins. A Meta-analysis.
JAMA 2012 Mar 28; 307:1302-1309.








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