L'automonitoraggio della glicemia nel diabete tipo 2 non insulinotrattato sembra avere un impatto modesto sull'equilibrio glicemico.
La disponibilità di strisce reattive e strumenti di basso costo che permettono l'autocontrollo domiciliare della glicemia su sangue capillare ha portato questa pratica a diffondersi e attualmente è raro assistere pazienti diabetici che non si misurino la glicemia a domicilio. Ma nel diabete tipo 2 non in trattamento insulinico si tratta di una prassi utile a migliorare la gestione della malattia?
In pillole precedenti concludevamo che le evidenze attualmente dispobibili suggerivano che nel diabetico tipo 2 ben compensato e che non necessita di terapia insulinica nella maggior parte di casi può essere sufficiente un controllo glicemico ogni 3 mesi e ogni 4-6 mesi della emoglobina glicata. Cosa diversa è per il diabetico in trattamento insulinico perchè in questo caso l'automonitoraggio permette le variazioni giornaliere delle dosi che si possono rendere necessarie. Pensavamo che l'automonitoraggio potesse essere consigliabile anche nel paziente in trattamento con farmaci orali se vi era il rischio d gravi episodi ipoglicemici [1,2,3].
Arrivano ora altri dati a sostegno di questa impostazione.
Una revisione Cochrane (12 RCT per oltre 3200 pazienti) ha concluso che nei diabetici tipo 2 che lo sono da più di un anno e che non usano insulina l'automonitoraggio può avere un piccolo effetto sull'equilibrio glicemico per i primi sei mesi. Tuttavia questo effetto si riduce oltre i 12 mesi di autogestione e non vi sono prove che migliori la soddisfazione del paziente o la sua qualità di vita [4]. Un'altra metanalisi che ha preso in considerazione i dati individuali dei pazienti (6 trials per oltre 2500 pazienti) ha evidenziato che l'automonitoraggio della glicemia nei diabetici tipo 2 non insulinotrattati portava ad una riduzione media del'emoglobina glicata di 2,7 mmol/litro. Anche se questo risultato era statisticamente significativo gli autori sono convinti che non abbia un significato clinicamente importante per la gestione del paziente [5].
Come concludere? Ci sembra che i suggerimenti dati nelle pillole precedenti siano ancora validi. Con una postilla: le evidenze di letteratura sono importanti ma non va mai dimenticato il paziente. Il medico deve sempre mostrare la necessaria flessibilità per adattare le migliori prove scientifiche al singolo paziente che gli sta di fronte, usando talora il caro, vecchio "buon senso" che è opportuno non mandare ancora in soffitta. Perciò nel paziente che lo desiderasse e/o che si sentisse più "sicuro" con le sue strisce reattive non vi è motivo per negargli la prescrizione, magari avvertendolo che se l'equilibrio glicemico è soddisfacente non occorre un controllo assiduo e giornaliero.
4. Malanda UL, Welschen LM, Riphagen II, et al. Self-monitoring of blood glucose in patients with type 2 diabetes mellitus who are not using insulin. Cochrane Database Syst Rev. 2012 Jan 18;1:CD005060.
5. Farmer AJ et al. Meta-analysis of individual patient data in randomised trials of self monitoring of blood glucose in people with non-insulin treated type 2 diabetes. BMJ 2012 March 10; 344:e486 C