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Apixaban e rivaroxaban nella fibrillazione atriale
Inserito il 01 settembre 2011 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Negli studi ARISTOTELE e ROCKET AF apixaban e rivaroxaban si propongono come buoni sostituti del warfarin nel paziente con fibrillazione atriale.


Nello studio ARISTOTELE [1] è stato testato l'apixaban versus warfarin in 18.201 pazienti con fibrillazione atriale e almeno un altro fattore di rischio per ictus.
Dopo randomizzazione i partecipanti sono stati trattati con apixaban (5 mg x 2 /die) oppure con warfarin (target INR tra 2 e 3). L'end point primario dello studio era composto da ictus ischemico o emorragico e da embolismo sistemico. Il follow up mediano è stato di 1,8 anni.
L'end point primario si verifico nel 1.27% per anno nel gruppo apixaban e nel 1,60% per anno nel gruppo warfarin (HR 0,79; 0,66-0,95).
Le emorragie maggiori furono 2,13% per anno nel gruppo apixaban e 3,09% per anno nel gruppo warfarin (HR 0,69; 0,60-0,80), mentre la mortalità totale risultò rispettivamente del 3,52% e del 3,94% (HR 0,89; 0,80-0,99).
La frequenza dell'ictus emorragico fu 0,24% per anno nel gruppo apixaban e 0,47% per anno nel gruppo warfarin (HR 0,51; 0,35-0,75) mentre quella dell'ictus ischemico o di origine incerta fu rispettivamente di 0,97% per anno e di 1,05% per anno (HR 0,92; 0,74-1,13).

Nello studio ROCKET AF [2] è stato testato, versus warfarin, il rivaroxaban somministrato una volta al giorno in 14.264 pazienti con fibrillazione atriale non valvolare e rischio medio o elevato di ictus cardioembolico (CHADS2 score medio di 3,5). Anche in questo studio l'end point primario era costituito da ictus ischemico o emorragico e da embolismo sistemico. Il follow uop mediano è stato di 707 giorni. L'en point primario si verificò nel 1,7% del gruppo rivaroxaban e nel 2,2% del gruppo warfarin (p < 0,001 per la non inferiorità). La frequenza delle emorragie gravi e non fu simile nei due gruppi, tuttavia le emorragie intracaniche e quelle fatali furono significativamente più frequenti nel gruppo warfarin.


Fonte:

1. Grangel CB et al. for the ARISTOTLE Committees and Investigators. Apixaban versus Warfarin in Patients with Atrial Fibrillation. N Engl J Med. Pubblicato online il 28 agosto 2011.
2. Patel MR et al. for the ROCKET AF Investigators. Rivaroxaban versus warfarin in nonvalvular atrial fibrillation. N Engl J Med 2011; 365:883-891



Commento di Renato Rossi

Apixaban e rivaroxaban appartengono ad una nuova categoria di anticoagulanti: gli inibitori diretti del fattore Xa. Anche il dabigatran, già approvato per il tromboembolismo venoso e per la prevenzione dell'ictus nella fibrillazione atriale e di cui ci siamo occupati in precedenza, fa parte della stessa classe [1].
Presi insieme i risultati degli studi RE-LY (dabigatran), ARISTOTELE (apixaban) e ROCKET AF (rivaroxaban) suggeriscono che questi farmaci sono efficaci almeno quanto il warfarin nella prevenzione dell'ictus cardioembolico associato alla fibrillazione atriale. In più dai dati disponibili risulta che gli inibitori diretti del fattore Xa sono gravati da un minor rischio emorragico. Nello studio ARISTOTELE apixaban ha ridotto, rispetto al warfarin, anche la mortalità totale, tuttavia questo risultato, non essendo un end point primario, necessita di ulteriori conferme.
In ogni caso basandosi sui dati dello studio ARISTOTELE bisogna trattare per un anno circa 300 pazienti con apixaban al posto del warfarin per evitare un ictus o un evento embolico; nello stesso periodo di tempo si evita un'emorragia maggiore ogni 100 trattati.

Sicuramente un punto a favore dei nuovi farmaci è la non necessità del monitoraggio dei parametri coagulativi, cosa che penalizza il warfarin e lo rende spesso poco accetto ai pazienti.
Svantaggi rispetto al warfarin sono il costo più elevato e la mancanza, per ora, di un antidoto in caso si debba contrastare l'effetto anticoagulante.

Come fa notare un editoriale di accompagnamento [2] probabilmente non è necessario passare agli inibitori diretti del fattore Xa tutti i pazienti che da anni sono in trattamento senza problemi con il warfarin. Possono invece risultare un'alternativa attraente nei casi in cui la terapia con warfarin sia impraticatibile o difficoltosa o non accettata dal paziente oppure qualora vi sia un elevato rischio emorragico.
Quale dei tre inibitori sia preferibile per ora non è dato sapere in quanto mancano confronti diretti.
L'editoriale ricorda anche uno studio recente in cui è stato valutato il rapporto costo/efficacia del dabigatran rispetto al warfarin in soggetti con più di 65 anni affetti da fibrillazione atriale non valvolare e CHADS2 score >/= 1. Secondo tale studio il rapporto costo/efficacia potrebbe essere favorevole al dabigatran [3].

Come concludere? Il buon vecchio warfarin, che per tanti anni ha così onorevolmente svolto il suo compito, vede l'ora in cui dovrà accettare il pensionamento forzato? Probabilmente si, anche se è buona norma mantenere un atteggiamento prudenziale perchè l'esperienza insegna che sorprese sgradevoli in termini di effetti collaterali non messi in evidenza dagli studi iniziali, con i farmaci nuovi, sono sempre possibili.


Referenze

1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=4816
2. Mega JL. A New Era for Anticoagulation in Atrial Fibrillation. N Engl J Med. Pubblicato online il 28 agosto 2011.
3. Freeman JV et al. Cost-Effectiveness of Dabigatran Compared With Warfarin for Stroke Prevention in Atrial Fibrillation. Ann Intern Med 2011; 154:1-11.







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