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Medicine complementari e alternative: Olio di Pesce (Acidi Grassi Omega-3)
Inserito il 05 dicembre 2010 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Una revisione sulla utilità degli acidi grassi Omega-3



Aritmia

Brouwer IA, Zock PL, Camm AJ, et al. Effect of Fish Oil on Ventricular Tachyarrhythmia and Death in Patients With Implantable Cardioverter Defibrillators The Study on Omega-3 Fatty Acids and Ventricular Arrhythmia (SOFA) Randomized Trial. JAMA 2006;295:2613–9.
E’ stato ritenuto che i PUFA n-3 a-lunga-catena derivati dal pesce riducessero il rischio di morte improvvisa, possibilmente riducendo la suscettibilità all’aritmia. Lo studio sugli Acidi grassi Omega-3 e l’Aritmia ventricolare (SOFA) è uno studio randomizzato, in doppio cieco, controllato vs placebo, condotto in Europa per studiare l’effetto della supplementazione di olio di pesce (PUFA n-3) vs. placebo sulla tachiaritmia ventricolare o sulla morte in 546 pazienti con defibrillatore-impiantabile-cardioverter (ICDs) e precedentemente documentati per tachicardia ventricolare maligna (VT) o per fibrillazione ventricolare (VF). I pazienti venivano randomizzati e assegnati a ricevere 2 g/d di olio di pesce PUFAs (464 mg di acido eicosapentaenoico, 335 mg di acido docosaexaenoico, e 162 mg di altri omega-3 PUFA; la media di 12 campioni presi ad intervalli regolari durante lo studio) (n=273) o placebo (n=273) per un periodo medio di 356 giorni (range, 14–379 giorni). Non vi era differenza nell’end point primario di intervento dell’ ICD per VT o per VF, o per tutte le cause di morte, che si verificavano in 81 (30%) pazienti che avevano assunto olio di pesce vs. 90 (33%) pazienti che avevano assunto placebo (hazard ratio [HR], 0.86; 95% IC, 0.64–1.16; P=0.33) o nell’analisi di specifici sottogruppi. Questo piccolo studio non supporta l’uso routinario di olio di pesce in pazienti con ICD che non hanno altre indicazioni.

Leon H, Shibata MC, Sivakumaran S, et al. Effect of fish oil on arrhythmias and mortality: systematic review. BMJ 2009;338:a2931.
Questa revisione sistematica e metanalisi è stata condotta per sintetizzare la letteratura sugli effetti dell’olio di pesce—acido docosaexaenoico (DHA) e acido eicosapentaenoico (EPA) su mortalità e aritmia e per esplorare gli effetti della dose-risposta e della formulazione. Gli autori hanno condotto una ricerca esplicita e completa della letteratura esistente sui maggiori database, senza restrizioni di lingua, dei trial che hanno utilizzato olio di pesce come supplemento dietetico. Gli out come primari erano l’intervento appropriato del defibrillatore cardiaco (confermato dall’ECG) e la morte cardiaca improvvisa. Outcome secondari erano tutte le cause di mortalità e la morte da cause cardiache. Analisi di sottogruppi comprendevano l’effetto delle formulazioni di EPA e di DHA sulla morte da cuse cardiache e gli effetti dell’olio di pesce in pazienti con malattia coronarica o infarto miocardico. Un totale di 12 studi che totalizzavano 32,779 pazienti ha incontrato i criteri di inclusione. Usando un modello random di effetti, un effetto neutrale è stato riportato in tre studi (n=1148) per l’intervento del defibrillatore cardiaco impiantabile (ICD) (OR 0.90, 95% IC da 0.55 a 1.46) e in sei studi (n=31,111) per la morte cardiaca improvvisa (OR 0.81, 95% ICI da 0.52 a 1.25). Un totale di 11 studi (n=32,439 e n=32,519) ha fornito i dati che non hanno mostrato alcuna differenza degli effetti dell’olio di pesce su tutte le cause di mortalità (OR 0.92, 95% IC da 0.82 a 1.03). Questi 11 studi hanno mostrato una riduzione delle morti da cause cardiache (OR 0.80, 95% IC da 0.69 a 0.92), anche se nei lavori in questione si possono rilevare alcuni publication bias. La relazione dose-risposta tra DHA ed EPA sulla riduzione delle morti da cause cardiache non era significativa. La supplementazione con olio di pesce era associata ad una significativa riduzione delle morti da cause cardiache ma non aveva effetto sulle aritmie e su tutte le cause di mortalità. Tuttavia, l’evidenza per raccomandare una formulazione ottimale di EPA o di DHA per ridurre questi esiti è insufficiente finché non si condurranno ulteriori studi.


Scompenso Cardiaco Cronico

GISSI-HF Investigators. Effect of n-3 polyunsaturated fatty acids in patients with chronic heart failure (the GISSI-HF trial): a randomised, double-blind, placebo-controlled trial. Lancet 2008;372:1223–30.
Studi epidemiologici e sperimentali hanno suggerito che gli n-3 PUFA possono esercitare effetti benefici sulla malattia aterosclerotica cardiovascolare, inclusa l’aritmia. Tuttavia, il loro effetto in pazienti con scompenso cardiaco non è noto. Lo studio GISSI-HF è uno studio randomizzato, in doppio cieco, controllato vs placebo che ha investigato se gli n-3 PUFA potessero migliorare la morbilità e la mortalità in un’ampia popolazione di pazienti con scompenso cardiaco sintomatico da ogni causa. Un totale di 7046 pazienti con scompenso cardiaco cronico, in Italia, prevalentemente con classe NYHA II–III, sono stati randomizzati ed assegnati a ricevere 1 g al dì di n-3 PUFA (850–882 mg di acido eicosapentaenoico e di acido docosaexaenoico come etilesteri in una ratio media di 1:1·2) (n=3494) o placebo (n=3481) attraverso un sistema di randomizzazione telefonica computerizzato. I pazienti sono stati trattati con farmaci tradizionali per lo scompenso (ACEI/ARB ~93%, β-bloccanti ~65%, spironolattone ~40%, diuretici ~90%, digossina ~37%). Il follow-up medio era di 3·9 anni, con perdite al follow-up <0.05%. Lo studio aveva due endpoints primari: il tempo di morte e il tempo di morte o il ricovero in osedale per motivi cardiovascolari. All’analisi intention to treat, vi era un 9% RRR ed un 1.8% ARR del tempo di morte nel gruppo n-3 PUFA (27.3%) rispetto a placebo (29.1%) (hazard ratio aggiustata [HR] 0·91 [95·5% IC 0·833–0·998], p=0·041). La più ampia differenza della causa di morte tra i gruppi era nella presunta morte per artmia (8.7% per il placebo vs 7.8% per gli n-3 PUFA). Vi era un 8% RRR e un 2.3% ARR nell’endpoint composito di tempo di morte e ricovero per cause cardiache nel gruppo n-3 PUFA (57%) rispetto a placebo (59%) (HR aggiustata 0·92 [99% IC 0·849–0·999], p=0·009). In termini assoluti, si sarebbe dovuto trattare 56 pazienti per una durata media di 3·9 anni per evitare una morte o 44 per evitare un evento quale la morte o il ricovero in ospedale per cause cardiache. Le reazioni avverse più comunemente riportate erano i disturbi gastrointestinali ad un tasso del 3% in entrambi i gruppi. Questo studio fornisce evidenza che gli n-3 PUFA danno un modesto beneficio cardiovascolare in pazienti con scompenso cardiaco cronico.


Malattia Arteriosa Coronarica

GISSI-Prevenzione Investigators* (Gruppo Italiano per lo Studio della Sopravvivenza nell'Infarto miocardico). Dietary supplementation with n-3 polyunsaturated fatty acids and vitamin E after myocardial infarction: results of the GISSI-Prevenzione trial. Lancet 1999;354: 447–55.
Questo è uno studio condotto dal 1993–1995 su 11,324 pazienti sopravvissuti ad un recente (<3 mesi) infarto miocardico in Italia. I pazienti sono stati assegnati n maniera random a supplementi di acidi grassi n-3 polinsaturi (PUFA) [olio di pesce, contenente 850–882 mg di acido eicosapentaenoico (EPA) e di acido docosaexaenoico (DHA) come etilesteri come etil esteri in una ratio media di EPA/DHA 1:2] (1 g al giorno, n=2836), vitamina E (300 mg al giorno, n=2830), entrambi (n=2830), o nessuno (controlli, n=2828) per 3·5 anni. L’endpoint combinato primario di efficacia era morte, infarto miocardico non-fatale, e stroke. Le analisi intention-to-treat sono state fatte in accordo ad un disegno fattoriale (due-vie) e con gruppo di trattamento (quattro-vie). Questo studio ha trovato che il trattamento con n-3 PUFA, ma non con la vitamina E, ha abbassato significativamente il rischio di endpoint primario dal 14.6% nel gruppo controllo al 12.3% nel gruppo olio di pesce (RRR 10% [95% IC 1–18] secondo l’analisi a due-vie p=0.048, 15% [95% IC 2–26] secondo l’analisi a quattro-vie, p=0.023). Il beneficio era attribuibile alla riduzione del rischio di morte (14% [95% IC 3–24] a due-vie, 20% [95% IC 6–33] a quattro-vie) e di morte cardiovascolare (17% [95% IC 3–29] a due-vie, 30% [95% IC 13–44] a quattro-vie). Per ogni 44 pazienti trattati con 1 g di n-3 PUFA (approssimativamente 2g di capsule di olio di pesce) invece di nessun trattamento per 3.5 anni, 1 paziente avrebbe evitato la morte, l’infarto miocardico non fatale o lo stroke. Disturbi gastrointestinali e nausea sono stati gli effetti collaterali più frequentemente riportati (4.9%, e 1.4% nel gruppo n3-PUFA). Questo studio è stato usato per supportare le raccomandazioni delle linee guida dell’American College of Cardiology/American Heart Association di aumentare l’introito di acidi grassi omega-3 nel pesce o in forma di capsule nei pazienti con post-infarto miocardico.

Kris-Etherton PM, Harris WS, Appel LJ, for the Nutrition Committee. Fish consumption, fish oil, omega-3 fatty acids, and cardiovascular disease. Circulation 2002;106:2747–57.
Questa dichiarazione scientifica si ritiene una guida da parte della US Environmental Protection Agency and the Food and Drug Administration circa la presenza di contaminanti ambientali in alcune specie di pesci. Vengono fornite tre specifiche raccomandazioni: 1) Per pazienti senza documentata CHD: Mangiare un’ampia varietà di pesce almeno due volte la settimana. Includere cibi ricchi di acido alfa-linolenico (oli di lino, di soia; di noce). 2) Per pazienti con documentata CHD: Consumare 1 g di EPA/DHA al giorno, preferibilmente derivati da olio di pesce. Si dovrebbero prendere in considerazione i supplementi di EPA/DHA nella consultazione con il medico. 3) Per pazienti che necessitano di abbassare i trigliceridi: Da due a Quattro grammi di EPA/DHA al giorno in capsule, sotto la cura di un medico.

Yokoyama M, Origasa H, Matsuzaki M, et al, for the Japan EPA lipid intervention study (JELIS) Investigators. Effects of eicosapentaenoic acid on major coronary events in hypercholesterolaemic patients (JELIS): a randomised open-label, blinded endpoint analysis. Lancet 2007;369:1090–98.
Lo studio JELIS ha cercato di testare l’ipotesi che l’uso a lungo termine di acido eicosapentaenoico (EPA) fosse efficace per la prevenzione di eventi coronarici maggiori in pazienti ipercolesterolemici in Giappone, dove si consuma un’ampia quantità di pesce. Tra il 1996 e il 1999, 18,645 pazienti in Giappone con un colesterolo totale di 6.5 mmol/L (251 mg/dL) o maggiore sono stati arruolati in uno studio open-label e sono stati assegnati in maniera random a ricevere sia 1800 mg di EPA al giorno con una statina (gruppo EPA; n=9326) o una statina da sola (gruppo di controllo; n=9319) con un follow-up medio di 4.6 anni. Soltanto l’1% dei pazienti è stato perso al follow-up. L’endpoint primario era qualunque evento coronarico maggiore, inclusa la morte cardiaca improvvisa, l’infarto miocardico fatale e non-fatale, ed altri eventi non-fatali quali l’angina instabile, l’angioplastica, l’applicazione di stent coronarici o il by pass aorto-coronarico. Il colesterolo totale e il colesterolo LDL si sono ridotti del 19% e del 25%, da 4·7 mmol/L (182 mg/dL) in entrambi i gruppi. I triglicerdi si sono ridotti significativamente dal 9% del basale nel gruppo EPA e del 4% nei controlli (p<0.0001 nei gruppi insieme). Le analisi intention-to-treat hanno mostrato un 19% RRR e uno 0.7% di riduzione del rischio assoluto (ARR) di endpoint primario (2.8% dei pazienti nel gruppo EPA; 3.5% nei controlli; p=0.011). Il number needed to treat (NNT) per l’endpoint primario era di 143 pazienti. La morte cardiaca improvvisa e la malattia coronarica non differivano tra gruppi di trattamento. La mancata riduzione della morte cardiaca osservata non sorprende completamente poiché la popolazione giapponese consuma già abbastanza pesce da eccedere la media per la prevenzione della malattia cardiaca. Pertanto, ci si dovrebbe aspettare una riduzione minima, se non addirittura nulla, degli eventi cardiaci con il consumo aggiuntivo di olio di pesce. In pazienti con una storia di malattia arteriosa coronarica (prevenzione secondaria) che avevano assunto EPA, gli eventi coronarici maggiori si erano ridotti del 19% (158 [8.7%] con EPA vs 197 [10.7%] nei controlli; p=0.048). Nel gruppo prevenzione primaria, il trattamento con EPA aveva dato una riduzione non significativa del 18% di eventi coronarici maggiori (104 [1·4%] con EPA vs 127 [1·7%] nei controlli; p=0.132). Disturbi gastrointestinali (3.8% vs 1.7%), disturbi della pelle (1.7% vs 0.7%) e sanguinamenti (1.1% vs 0.6%) erano più comuni nel gruppo EPA (p<0.001 rispetto al totale). Questo studio mostra che aggiungere EPA ad una popolazione a basso rischio che consuma una dieta già ricca di pesce aggiunge solo un beneficio cardiovascolare minimo, soprattutto per quei pazienti con una storia di malattia cardiovascolare. Sono necessari ulteriori trial per valutare le diverse formulazioni di PUFA in popolazioni a rischio variabile.


Recentemente, è stato pubblicato sulla rivista “Hearth” un lavoro sul rapporto tra concentrazione di acidi grassi mono e polinsaturi e dilatazione del ventricolo sinistro:
Rupp H, Rupp TP, Alter P, Maisch B. Inverse shift in serum polyunsaturated and monounsaturated fatty acids is associated with adverse dilatation of the heart. Heart. 2010 Apr; 96(8):595-8. Epub 2009 Aug 31.
Un basso livello sierico di acidi grassi polinsaturi n-3 si associa a dilatazione del ventricolo sinistro. Questo studio condotto in Germania ha proposto il dosaggio di uno dei principali Omega-3, l'acido docosaesaenoico, come efficace marker per il monitoraggio dei pazienti con scompenso cardiaco. I ricercatori hanno cercato di verificare se la dilatazione ventricolare, rilevata ecocardiograficamente, fosse direttamente correlata al dosaggio nel sangue dei polinsaturi. Sono stati coinvolti 308 pazienti con cardiopatia dilatativa e scompenso cardiaco non correlato a infarto miocardico, sottoposti a prelievo ematico per le analisi biochimiche e a misurazione ultrasonografica del diametro telediastolico ventricolare sinistro. Tale dilatazione è risultata associata a una riduzione non solo degli omega-3 ma anche dei polinsaturi n-6. In particolare, a risultare diminuiti erano l'acido n-3 docosaesaenoico (1,0% vs. 1,3%, p<0,001) e l'acido n-6 arachidonico (4,6% s 5,2%, p<0,01), mentre era evidente un aumento degli acidi grassi monoinsaturi, come l'acido n-9 oleico (26,1% vs. 23,9%, p<0,01).  Ai dosaggi più bassi di docosaesaenoico corrispondeva la più elevata dilatazione ventricolare (diametro telediastolico nei terzili inferiore e superiore: rispettivamente 67 vs. 63 mm, p<0,001), consentendo ai ricercatori di porre il cut-off per l'assenza di grave dilatazione (>70 mm) al valore >1,24%. Gli autori hanno concluso che nel loro campione il valore predittivo negativo per grave dilatazione è risultato del 91% e la sensibilità si è attestata sull'84%.


Commento di Patrizia Iaccarino

Ricordiamo ancora due lavori da noi già commentati, uno in cui la terapia farmacologica con n-3 PUFA ha ridotto significativamente il rischio ad un 1 anno di AF in una coorte di pazienti ospedalizzati per IM e senza fibrillazione atriale alla dimissione (http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=4043), ed un altro piccolo studio sulla riduzione del rischio di degenerazione maculare senile con l’uso di olio di pesce (http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=4184).





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