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Timbro falso sul cartellino: illecito ma non sempre e' reato penale
Inserito il 06 gennaio 2010 da admin. - professione - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Non può esserci condanna penale per truffa se non si dimostra il dolo del lavoratore (Cassazione VI penale n. 30346/2009). Un lavoratore assente dal lavoro pur con il cartellino-presenza timbrato commette un illecito ma non e' passibile di condanna penale se non risultano provati tutti gli elementi costitutivi del reato.

Alcuni dipendenti del Comune di Milano erano stati rinviati a giudizio avendo firmato il foglio delle presenze pur risultando assenti dal lavoro.
Il Tribunale di primo grado li aveva condannati per truffa aggravata, abuso d’ufficio e peculato.
In seguito al ricorso in Appello, erano stati assolti dal reato di truffa ma veniva confermata la condanna per gli altri reati.
Gli imputati avevano proposto ricorso in Cassazione, lamentando che il giudizio di colpevolezza fosse stato ottenuto sulla base di una sola omessa timbratura relativa ad un’unica giornata di lavoro e richiamando una prassi generalizzata che coinvolgeva tutti, compresi coloro che avrebbero dovuto vigilare sul rispetto dell’orario di lavoro.
La Suprema Corte, annullava con rinvio la sentenza d' Appello, indicando la necessita' di un esame piu' approfondito dei fatti; il giudice del rinvio in effetti dovrebbe porre rimedio al rilevato “deficit argomentativo”, in quanto la sussistenza del dolo da parte del lavoratore non e' genericamente presumibile, tenendo conto della giustificazione addotta dai lavoratori secondo cui la condotta illecita accertata rientrava in una prassi ambientale abitudinaria posta in essere da tutti, nel contesto di riferimento lavorativo, senza che venisse specificato l’apporto del dipendente all’individuato accordo fraudolento.

In altre parole non si può condannare penalmente un dipendente che abbia seguita una condotta illecita quando non sia dimostrata l’esistenza del dolo, e cioè della precisa volontà di conseguire un ingiusto profitto con altrui danno, e quindi di danneggiare a proprio vantaggio il datore di lavoro, soprattutto se un comportamento analogo viene tenuto anche da chi dovrebbe vigilare sul rispetto degli orari di lavoro.

Il comportamento illegittimo, quindi, sebbene contestabile e sanzionabile per via amministrativa, non sempre riveste aspetti penali. L' applicazione del C.P. richiede criteri di prova diversi e piu' rigidi rispetto alle norme amministrative.

Daniele Zamperini

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