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Dabigatran verso warfarin in pazienti con fibrillazione atriale. Lo studio Re-Ly
Inserito il 29 maggio 2010 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Dabigatran efficace come warfarin nella Fibrillazione atriale .

La fibrillazione atriale aumenta il rischio di stroke e di morte. Gli antagonisti della vitamina K, come il warfarin, riducono questo rischio, ma aumentano quello di emorragie rispetto alle terapie di controllo (Hart RG et al. Ann Intern Med 2007; 146: 857-67); inoltre sono farmaci dalle molteplici interazioni (con altri farmaci e con il cibo), richiedono un costante monitoraggio dei parametri di laboratorio, riservano un elevato tasso di abbandono della terapia ed una buona parte dei pazienti non riesce a raggiungere un adeguato effetto anticoagulante (Birman-Deych E et al. Stroke 2006; 37: 1070-4; Hylek EM et al. Circulation 2007; 115: 2689-96; Connolly SJ et al. Circulation 2008; 118: 2029-37).
Il dabigatran etesilato (*) è un profarmaco per via orale che viene rapidamente convertito da un’esterasi serica in dabigatran, un potente inibitore diretto della trombina.
In questo ampio studio randomizzato dabigatran, alle dosi di 110 mg e di 150 mg/2 volte/die, è stato confrontato a warfarin.

I pazienti sono stati reclutati in 951 centri clinici di 44 paesi (tra cui anche l‘Italia) e sono stati considerati elegibili se avevano una fibrillazione atriale documentata con un elettrocardiogramma negli ultimi sei mesi o allo screening ed almeno una delle seguenti caratteristiche: stroke o TIA precedenti, frazione d’eiezione ventricolare inferiore al 40%, insufficienza cardiaca almeno di classe II (classificazione della New York Heart Association) diagnosticata nei 6 mesi precedenti, età >74 anni, o tra i 65 e 74 se i pazienti erano affetti da diabete mellito, ipertensione o arteropatia coronarica. I pazienti sono stati esclusi se affetti da grave valvulopatia, stroke negli ultimi 14 giorni o grave stroke negli ultimi 6 mesi, una clearance della creatinina inferiore a 30 ml per minuto, epatopatia acuta, gravidanza.

I pazienti sono stati randomizzati in cieco a dabigatran 110 mg o 150 mg 2 volte/die o a warfarin, somministrato in aperto alla dose di 1, 3 o 5 mg/die in base ai valori dell’INR, misurati almeno una volta al mese e compresi tra 2.0 e 3.0. I pazienti potevano continuare la loro terapia con aspirina (<100 mg die) ed altri antiaggreganti piastrinici.
Il follow-up mediano dello studio era di 2 anni.

L’outcome principale di efficacia dello studio è stato quello di valutare stroke ed embolia sistemica mentre quelli secondari comprendevano stroke, embolia sistemica e morte. L’outcome di sicurezza ha valutato le emorragie maggiori. Altri outcome secondari erano infarto del miocardio, embolia polmonare, TIA ed ospedalizzazione.
Il disegno dello studio era di non-inferiorità ossia dabigatran risultava non inferiore al comparator se il limite superiore dell’intervallo di confidenza al 97,5% era <1,46.

Tra il 22 dicembre 2005 ed il 15 dicembre 2007, sono stati arruolati 18113 pazienti. I tre bracci di trattamento erano bilanciati rispetto alle caratteristiche basali dei pazienti. L’età media era di 71 anni ed il 63,6% dei pazienti era di sesso maschile. Il 99,9% dei pazienti ha completato il periodo mediano di follow-up di 2 anni.

L’incidenza annuale dell’outcome primario, stroke od embolia sistemica, è stata di 1,53% con dabigatran 110 mg, 1,11% con dabigatran 150 mg rispetto a 1,69% con warfarin. Entrambe le dosi di dabigatran si sono dimostrate non inferiori a warfarin (p<0,001). La dose di 150 mg ma non quella da 110 mg si è dimostrata superiore al warfarin (RR 0.66; 0.53-0.82, p<0.001).
Il tasso annuale di stroke emorragico è stato 0,38% nel gruppo warfarin rispetto a 0,12% con dabigatran 110 mg (RR 0.31; 0.17-0.56, p<0.001) e 0.10% con la dose da 150 mg (RR 0.26; 0.14-0.49, p<0.001).

Tra gli outcome secondari, il tasso annuale di mortalità da tutte le cause era il 4,13% con il warfarin rispetto al 3,75% per dabigatran 110 mg (RR 0.91; 0.80-1.03, p=0.13) e 3,64% per dabigatran 150 mg (RR 0.88; 0.77-1.00, p=0.051).
Il tasso annuale di infarto del miocardio era di 0,53% nel gruppo warfarin versus 0,72% nel gruppo dabigatran 110 mg (RR 1.35; 0.98-1.87, p=0.07) e di 0,74% nel gruppo dabigatran 150 mg (RR 1.38; 1.00-1.91, p=0.048).

Il tasso annuale di emorragie maggiori (riduzione dell’emoglobina ad almeno 20 g/l, trasfusione di almeno 2 unità di sangue o emorragia sintomatica in un’area critica od emorragia d’organo) era 3,36% nel gruppo warfarin, 2,71% nel gruppo dabigatran 110 mg (RR 0.80; 0.69-0.93, p=0.003) e 3,11% nel gruppo dabigatran 150 mg (RR 0.93; 0.81-1.07, p=0.31). Il tasso annuale di emorragie gravi pericolose per la vita del paziente, emorragie intracraniche e totali era più alto nel gruppo warfarin (1,80%, 0,74% e 18,15% rispettivamente) sia rispetto al dabigatran 110 mg (1,22%, 0,23%, 14,62%) che al dabigatran 150 mg (1,45%, 0,30%, 16,42%) (p<0,05 per tutti i confronti dabigatran- warfarin).
Di contro, le emorragie gastrointestinali gravi erano più rappresentate nel gruppo dabigatran 150 mg che in quello warfarin.

Il tasso annuale di eventi vascolari maggiori, emorragie maggiori e morte, combinati tra loro (beneficio clinico netto) era di 7,64% nel gruppo warfarin versus il 7,09% con dabigatran 110 mg (RR 0.92; 0.84-1.02, p=0.10) e 6,91% con dabigatran 150 mg (RR 0.91; 0.82-1.00, p=0.04).

Per quanto riguarda il confronto tra le due dosi di dabigatran, la somministrazione di 150 mg ha ridotto il rischio di stroke e di embolia sistemica rispetto alla dose di 110 mg (p=0.005) e la differenza era dovuta principalmente alla riduzione degli stroke ischemici. Di contro, la dose di 150 mg era associata ad un trend di aumento del rischio di emorragie maggiori (p=0.052), gastrointestinali, minori e di tutte le emorragie. Il beneficio clinico netto di entrambe le dosi era comparabile.

Tra gli effetti avversi, la dispepsia era più frequente nei gruppi dabigatran rispetto a warfarin (11,8% dabigatran 110 mg, 11,3% dabigatran 150 mg vs 5,8% warfarin), mentre l’ innalzamento dei livelli di transaminasi di più di 3 volte il limite superiore del range normale non si verificava più frequentemente con dabigatran, ad ogni dosaggio, rispetto al warfarin.


Entrambe le dosi di dabigatran sono, quindi, risultate non inferiori al warfarin sugli outcome primari stroke ed embolia sistemica. Inoltre, la dose di 150 mg di dabigatran è risultata superiore al warfarin su stroke ed embolia sistemica mentre quella da 110 mg era superiore in termini di sicurezza sulle emorragie maggiori.



(*) In Italia, dabigatran in classe H OSP2, è autorizzato nella prevenzione primaria di episodi tromboembolici in pazienti adulti sottoposti a chirurgia sostitutiva elettiva totale dell’anca o del ginocchio e non nella fibrillazione atriale.

Commento

L’editoriale di accompagnamento allo studio sviluppa un ragionamento accessorio partendo dalle caratteristiche farmacologiche del dabigatran. Il farmaco inibisce la trombina dopo la sua attivazione, che avviene indipendentemente dal sistema del citocromo P450, ma grazie ad una esterasi serica. Tuttavia, il dabigatran non è privo di possibili interazioni farmacologiche. Ad esempio, gli inibitori della P-glicoproteina come verapamil, amiodarone ed, in particolare, chinidina, possono aumentarne le concentrazioni seriche, aumentandone l’efficacia ma anche il rischio di emorragie nei pazienti politrattati.

Dunque il farmaco è meno soggetto del warfarin ad interazioni con altri farmaci o con il cibo e non vengono richiesti particolari esami per controllare lo stato di coagulazione del paziente, così come non è necessario effettuare un aggiustamento delle dosi. In funzione dei risultati dello studio, si stima che il numero di pazienti che è necessario trattare con dabigatran per prevenire uno stroke in più rispetto al warfarin è di circa 370.

In conclusione, dal momento che il dabigatran aumenta il rischio di effetti avversi non emorragici, i pazienti che assumono warfarin e che riescono ad avere un INR sotto controllo, non avrebbero alcun beneficio ulteriore a passare ad una terapia con dabigatran. Di contro, tutti quei pazienti affetti da fibrillazione atriale che hanno almeno un altro fattore di rischio per lo stroke potrebbero beneficiare del dabigatran.

Commento di Luca Puccetti

Chi ha esperienza clinica sul campo sa bene che cosa significhi gestire una terapia con warfarin in pazienti anziani. In molti casi, sia pure in presenza di indicazioni, la terapia non viene instaurata per l'impossibilità a gestirla in sicurezza per fattori ambientali, familiari e correlati alla collaboratività del paziente.

Il vero punto della questione non è affatto se il dabigatran sia superiore al warfarin, ma se lo possa eguagliare. In molti casi la terapia con dabigatran permetterebbe una gestione della terapia anticoagulante laddove essa non è oggi praticabile con il warfarin.

I problemi aperti sono piuttosto altri quali l' assenza di antidoto e l'aumentata incidenza di IMA che può segnare punti a favore dei pazienti a rischio di reinfarto o comunque con comorbidità per CAD. Rimane da comprendere come sia possibile gestire le situazioni in cui è necessario interrompere temporaneamente la terapia anticoagulante orale e come essa debba essere embricata con l'eparina.


Conflitto di interesse

Lo studio è stato finanziato dalla Boehringer Ingelheilm.

Dottor Francesco Salvo

Riferimenti bibliografici

Connolly SJ et al. Dabigatran versus warfarin in patients with atrial fibrillation. N Engl J Med 2009; 361. DOI: 10.1056/NEJMoa0905561.

Gage BF. Can we rely on RE-LY? N Engl J Med 2009; 361. DOI: 10.1056/NEJMe0906886.


Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/

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