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Eventi avversi cardiovascolari durante il trattamento con pioglitazone e rosiglitazone
Inserito il 29 maggio 2010 da admin. - metabolismo - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

La terapia con rosiglitazone, rispetto a quella con pioglitazone, è stata associata ad aumento della mortalità e ad un maggiore rischio di insufficienza cardiaca in una popolazione costituita da pazienti diabetici anziani.


I tiazolidinedioni, rosiglitazone e pioglitazone, aumentando la sensibilità all’insulina, migliorano il controllo glicemico e un’ampia gamma di esiti surrogati nei pazienti con diabete di tipo 2. Il loro impiego, tuttavia, è stato associato ad aumento ponderale, ritenzione idrica e insufficienza cardiaca.
Una metanalisi (Nissen SE, Wolski K. N Engl J Med 2007;356:2457-71), su 42 trial clinici che confrontavano il rosiglitazone a placebo o ad altro trattamento attivo ha, inoltre, messo in evidenza un aumento del rischio di infarto del miocardio e della mortalità nei pazienti diabetici trattati con il farmaco. Altri studi pubblicati hanno mostrato risultati contraddittori. Ad oggi, il profilo di rischio cardiovascolare dei glitazoni non è stato del tutto chiarito.
In considerazione dell’alta prevalenza delle patologie cardiovascolari nei pazienti diabetici, come anche della difficoltà di definire le eventuali differenze di rischio cardiovascolare tra rosiglitazone e pioglitazone, questo studio di coorte retrospettivo ha valutato il rischio di infarto miocardico acuto e di insufficienza cardiaca e la mortalità correlati all’impiego dei due glitazoni su una popolazione di circa 1.6 milioni di soggetti anziani residenti in Ontario (Canada).

La coorte ha incluso 39.736 pazienti diabetici di età ≥66 anni trattati con rosiglitazone o pioglitazone nel periodo compreso tra il 1 aprile 2002 ed il 31 marzo 2008.
L’outcome primario composito comprendeva la mortalità da tutte le cause, l’ospedalizzazione e gli accessi al pronto soccorso per infarto miocardico acuto o insufficienza cardiaca. In un’analisi secondaria, sono state valutate singolarmente tutte le misure di esito dell’end point composito.

Lo studio è stato effettuato sui dati di prescrizione dei farmaci provenienti dall’Ontario Public Drug Benefit Program, e sui dati nazionali di accesso ai pronto soccorsi e di ospedalizzazione.
Nell’analisi sono stati inclusi tutti i pazienti che avevano ricevuto per la prima volta una prescrizione di glitazoni, con l’eccezione di coloro che utilizzavano anche insulina. Sono stati esclusi i dati relativi a soggetti che, durante lo studio, hanno effettuato uno switch ad altro glitazone o che hanno interrotto la terapia. Sono stati considerati, invece, i dati relativi a pazienti che hanno effettuato esclusivamente variazioni di dosaggio dello stesso farmaco.
La valutazione della relazione dose-risposta ha considerato: pioglitazone a basso dosaggio (15 mg), pioglitazone ad alto dosaggio (30 mg e 45 mg), rosiglitazone a basso dosaggio (2 mg, 4 mg), rosiglitazone ad alto dosaggio (8 mg).

Durante i 6 anni dello studio, su 39.736 pazienti inclusi nella coorte, 22.785 (57,3%) hanno iniziato un nuovo trattamento con rosiglitazone e 16.951 (42,7%) con pioglitazone. Il follow-up medio è stato di 292 giorni per i pazienti in terapia con rosiglitazone e di 294 giorni per i trattati con pioglitazone. Le caratteristiche basali dei pazienti inclusi nei due gruppi sono risultate sovrapponibili in termini di fattori demografici, comorbidità, uso di farmaci concomitanti.

In totale, l’outcome primario si è verificato nel 6,9% dei soggetti che assumevano rosiglitazone versus il 5,3% in trattamento con pioglitazone. Dopo aggiustamento in funzione dei potenziali fattori di confondimento, il rischio di sviluppare l’outcome primario è risultato inferiore nei trattati con pioglitazone rispetto ai pazienti che assumevano rosiglitazone (HR aggiustato 0,83; IC 95% 0,76-0,90). In termini di rischio assoluto, è stato stimato che la probabilità di insorgenza di un nuovo evento dell’outcome composito era pari ad 1 caso ogni 93 pazienti trattati in un anno con rosiglitazone piuttosto che con pioglitazone.

Nell’analisi secondaria delle misure di esito, sono stati esaminati 1330 casi di ospedalizzazioni per insufficienza cardiaca, 698 per infarto miocardico acuto e 1022 decessi. Rispetto al rosiglitazone, il pioglitazone è stato correlato ad una mortalità (HR 0,86; 0,75-0,98) e ad un rischio di insufficienza cardiaca inferiori (HR 0,77; 0,69-0,87). Per ciò che riguarda il rischio di infarto miocardico acuto, non sono state, invece, rilevate differenze significative tra i due farmaci (HR 0,95; 0,81-1,11).

Al fine di verificare la robustezza dei risultati, sono state effettuate analisi aggiuntive. Nella valutazione della relazione dose-risposta, non sono state osservate differenze nel rischio di sviluppare l’outcome primario in relazione alla dose di rosiglitazone, contrariamente a quanto osservato con il pioglitazone. I risultati sono stati rielaborati dopo aver escluso i pazienti che sono stati ammessi al pronto soccorso a causa di insufficienza cardiaca o infarto miocardico acuto, ma senza un successivo ricovero. Le conclusioni dell’analisi erano sovrapponibili a quelle ottenute sull’intera coorte.

Il principale limite dello studio consiste in un possibile bias di selezione dovuto al fatto che gli utilizzatori di rosiglitazone potrebbero avere un rischio basale di insufficienza cardiaca e mortalità più elevato di coloro che iniziano un nuovo trattamento con pioglitazone. Gli autori sottolineano che è molto improbabile che ciò possa spiegare i risultati ottenuti. L’analisi delle caratteristiche basali dei pazienti non ha infatti evidenziato differenze significative tra i due gruppi di trattamento.
Al fine di interpretare correttamente i dati, dovrebbero essere presi in considerazione altri limiti dello studio. Considerando che la coorte era costituita esclusivamente da pazienti anziani, i risultati potrebbero non essere ascrivibili all’intera popolazione. Infine, il disegno dello studio è stato costruito per effettuare una valutazione comparativa dei dati di sicurezza di pioglitazone e rosiglitazone. Di conseguenza, i risultati non forniscono informazioni di confronto tra glitazoni ed altri ipoglicemizzanti.


In conclusione, i dati di questo studio mettono in evidenza che:

la terapia con rosiglitazone, rispetto a quella con pioglitazone, è stata associata ad aumento della mortalità e ad un maggiore rischio di insufficienza cardiaca in una popolazione costituita da pazienti diabetici anziani.

Non sono state rilevate differenze significative tra i due farmaci relativamente al rischio di infarto miocardico acuto.

Considerata l’assenza di vantaggi clinici evidenti rispetto al pioglitazone, l’uso continuativo del rosiglitazone non è consigliabile.
La sicurezza a lungo termine di pioglitazone rispetto ad altri ipoglicemizzanti orali non è nota.



Commento

Lo studio, come sottolineato dall’editoriale di accompagnamento, solleva principalmente due quesiti: 1) esiste una reale differenza di rischio cardiovascolare tra rosiglitazone e pioglitazone? 2) Se esiste questa differenza, ciò potrebbe condurre a dei cambiamenti nella pratica clinica?

Gli editorialisti affermano che, per rispondere a queste domande, bisognerebbe escludere possibili errori sistematici nel disegno dello studio o fattori di confondimento, quali la severità della patologia al basale. Data la precisione dei risultati ed il rigoroso disegno dell’analisi, la maggior parte di questi bias potrebbe essere esclusa, sebbene gli autori non abbiano considerato alcuni fattori di rischio quali fumo, consumo di alcool ed indice di massa corporea.
Le evidenze attuali indicano, comunque, che il rischio di edema non differisce tra rosiglitazone e pioglitazone e la questione relativa ad un potenziale fattore residuo di confondimento riguardante la severità della patologia al basale resta aperta. Gli utilizzatori di rosiglitazone, infatti, potrebbero essere affetti dal diabete da un periodo più lungo al momento dell’entrata nello studio e gli autori non hanno avuto la possibilità di effettuare un aggiustamento in funzione della durata della malattia oltre i 5 anni. Se la differenza nella mortalità da tutte le cause non è interamente attribuibile alla differenza esistente nel rischio di insufficienza cardiaca, elemento che non è stato esaminato dagli autori, gli utilizzatori di pioglitazone potrebbero avere condizioni basali migliori; ciò non è però verificabile a partire dai dati raccolti.

Lo studio consolida il concetto che i glitazoni dovrebbero essere evitati negli individui affetti da insufficienza cardiaca. Nei pazienti diabetici si sta tentando di spostare la prescrizione dai glitazoni alle incretine, antidiabetici di recente introduzione in commercio. Il follow-up a lungo termine per questi prodotti non è, però, ancora disponibile ed è noto che gli studi di efficacia e sicurezza a lungo termine nella pratica clinica sono essenziali per integrare le conoscenze provenienti dai trial clinici randomizzati.
Infine, i database sanitari utilizzati negli studi osservazionali possono essere limitati nel fornire alcune informazioni, quali le cause dei decessi e la durata del diabete. Il perfezionamento di queste banche dati che dovrebbero essere accompagnate da studi ben disegnati rappresenta un elemento indispensabile per determinare in maniera esauriente il profilo rischio-beneficio dei farmaci.

Conflitto di interesse

Nessuno dichiarato

Dottoressa Paola Cutroneo

Riferimenti bibliografici

Juurlink DN et al. Adverse cardiovascular events during treatment with pioglitazone and rosiglitazone: population based cohort study. BMJ 2009; 339:b2942 doi:10.1136/bmj.b2942.
de Vries CS, Russell-Jones DL. Rosiglitazone or pioglitazone in type 2 diabetes? BMJ. 2009;339:b3076. doi: 10.1136/bmj.b3076.


Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/

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