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Interruzione clopidogrel e trombosi coronarica dopo impianto di stent medicati
Inserito il 16 maggio 2010 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

La durata ottimale della terapia antiaggregante dopo impianto di DES deve essere ancora stabilita.

Gli stent medicati (drug-eluting stent, DES) sono efficaci nella riduzione della restenosi e della necessità di reintervento dopo intervento coronarico percutaneo (PCI). Anche se la sicurezza a medio termine è stata ben stabilita, di recente è emersa la preoccupazione relativa ad un aumento del rischio di trombosi tardiva dello stent associata a DES. La presenza di coronaropatia, anche senza impianto di stent, rappresenta un’indicazione alla terapia con aspirina per tutta la vita. L’aggiunta di una tienopiridina nel periodo dell’intervento ha ridotto notevolmente l’incidenza di eventi trombotici acuti in pazienti con stent coronarici, anche se non è stata ancora stabilita la durata ottimale del trattamento concomitante con tienopiridine dopo impianto di stent. Se, da un lato, l’interruzione prematura della terapia con clopidogrel è associata ad aumento del rischio di trombosi dello stent (ST), dall’altro lato la ST tardiva si può verificare nonostante il proseguimento del trattamento con clopidogrel. Dopo impianto di Cypher (stent ad eluizione di sirolimus) e Taxus (stent ad eluizione di paclitaxel), due DES di prima generazione, si raccomanda di utilizzare aspirina in modo permanente e clopidogrel, rispettivamente, per 3 mesi e 6 mesi. Mentre l’analisi di uno studio osservazionale (Eisenstein EL et al. JAMA 2007; 297: 159–68) ha evidenziato che l’utilizzo di clopidogrel oltre 6 mesi e anche 12 mesi dall’impianto dello stent riduceva la mortalità e l’incidenza di infarto miocardico, in uno studio prospettico di coorte (Airoldi F et al. Circulation 2007; 116: 745–54) è stato osservato che l’interruzione della terapia con clopidogrel rappresentava il fattore predittivo più importante di ST solo entro i primi 6 mesi, ma non in seguito.
In questo studio prospettico di coorte che ha valutato l’incidenza, il tempo di insorgenza e la correlazione tra trombosi dello stent ed interruzione della terapia con clopidogrel, sono stati inclusi 6816 pazienti sottoposti ad impianto di DES tra luglio 2002 e dicembre 2006 in due centri tedeschi (Deutsches Herzzentrum e Klinikum rechts der Isar). Durante questo periodo, 10448 sono stati sottoposti a PCI, di cui 842 ad angioplastica con palloncino senza stent, 2762 ad impianto di stent metallici e 6844 a DES. Sono stati esclusi 28 pazienti con DES in quanto il PCI non ha avuto successo. Per successo angiografico si intendeva una stenosi residua <30% all’interno del segmento sottoposto a stent tramite valutazione visiva, senza evidenza di dissezione residua nè di trombi e raggiungimento di una trombolisi finale nell’infarto miocardico (thrombolysis in myocardial infarction, TIMI) con flusso di grado >2. Prima dell’intervento tutti i pazienti hanno ricevuto una dose da carico di 600 mg di clopidogrel e 500 mg di aspirina. La terapia antitrombotica peri-procedurale consisteva nella somministrazione endovenosa di eparina non frazionata con o senza abciximab o bivalirudina. Dopo l’intervento, la terapia antitrombotica comprendeva clopidogrel 75 mg BID fino a 3 giorni, seguiti da 75 mg/die. La durata raccomandata della terapia con clopidogrel era di 6–12 mesi in base alla severità della malattia al momento della presentazione ed alla complessità dell’intervento. Tuttavia, la decisione finale era a discrezione degli operatori. In speciali situazioni, la durata raccomandata della terapia con clopidogrel era inferiore (1–3 mesi in pazienti in terapia con anticoagulanti orali) o superiore (per tutta la vita in caso di stent di arteria coronaria principale sinistra). Inoltre, era raccomandata la terapia con aspirina 100 mg BID per tutta la vita. Altri farmaci cardiaci sono stati prescritti a discrezione del medico del paziente.
L’outcome primario era la trombosi dello stent accertata. È stata calcolata anche l’incidenza di ST probabile e possibile in base ai criteri dell’Academic Research Consortium. L’infarto miocardico è stato definito in base ai criteri TIMI. L’ipertensione arteriosa è stata definita come la pressione sistolica >140 mmHg o diastolica >90 mmHg riscontrata in due separate occasioni oppure l’uso corrente di antipertensivi. I soggetti considerati diabetici erano quelli in trattamento con insulina o con ipoglicemizzanti orali. Nei pazienti con dieta controllata, era necessario il riscontro di un’alterazione del livello della glicemia a digiuno o del test di tolleranza al glucosio. I fumatori correnti erano quelli che fumavano con regolarità nei precedenti 6 mesi. I soggetti con ipercolesterolemia avevano un livello di colesterolo totale >6,2 mmol/L oppure erano in terapia con ipolipemizzanti. Le informazioni dettagliate relative alla terapia antiaggregante e all’insorgenza di eventi avversi sono state ottenute durante un follow-up di routine a 30 giorni, 6 mesi, 1 anno e poi annualmente. I pazienti sono stati intervistati per telefono o visitati dal proprio medico. Quelli con problemi cardiaci sono stati sottoposti ad un check-up clinico, elettrocardiografico e di laboratorio completo. L’ultima visita di follow-up è stata effettuata ad agosto 2008.

Durante i 4 anni di follow-up, il 4,2% dei pazienti ha avuto un infarto miocardico e l’8,6% è andato incontro a morte. La ST accertata è stata osservata in 73 pazienti, con un’incidenza cumulativa pari a 1,2% a 4 anni, a 0,5% a 30 giorni e a 0,8% ad 1 anno. A 4 anni di follow-up, il 2,8% dei pazienti aveva una ST probabile (0,3%) o possibile (2,5%). Tra i pazienti con probabile ST, si sono verificati 14 decessi entro 30 giorni dalla procedura e 8 casi di infarto miocardico acuto che coinvolgeva il territorio del vaso target senza conferma angiografica. L’età media dei pazienti era di 66,8 anni e le donne rappresentavano il 24% del totale dei pazienti inclusi. In media la lunghezza totale dello stent per paziente era pari a 34,7 e il numero di stent impiantati era pari a 1,8 per paziente. Rispetto ai pazienti senza ST, in quelli con ST, è stato osservato un maggiore rischio di infarto miocardico (89% vs 3%; HR 50,4; CI 95% 39,4–64,5), ma anche una mortalità superiore (42% vs 8%; 5,2; 3,4–8,1). La durata mediana della terapia con clopidogrel era di 360 giorni. Il rischio di ST era più elevato subito dopo il PCI. Nei primi 29 giorni, si è verificata una rapida riduzione del rischio (riduzione del rischio per giorno di continuazione del trattamento 0,95; 0,91–0,99) vs una riduzione meno evidente, ma non statisticamente differente (p=0,073), da 1 a 6 mesi di trattamento (0,98; 0,94–1,04). Dopo 6 mesi è stato osservato un rischio quasi costante (modifica del rischio per giorno di continuazione del trattamento 1; 0,99–1,01). Complessivamente, durante i primi 6 mesi di terapia con clopidogrel la riduzione del rischio era statisticamente superiore rispetto all’intervallo successivo (riduzione del rischio per giorno 0,98; 0,97–0,99 vs 1; 0,99–1,01; p<0,001). Anche se dopo aggiustamento la riduzione del rischio attribuibile alla terapia con clopidogrel era inferiore, la differenza nel rischio di ST prima e dopo 6 mesi di terapia con clopidogrel rimaneva statisticamente significativa (p<0,001). Nei pazienti che hanno interrotto la terapia con clopidogrel dopo >6 mesi, era piccolo l’aumento dell’incidenza cumulativa di ST. L’intervallo mediano di tempo intercorso tra l’interruzione della terapia con clopidogrel e l’insorgenza di ST era pari a 9 giorni nei primi 6 mesi dall’impianto di DES vs 104,3 giorni successivamente.

Commento

L’utilizzo esteso di DES per indicazioni off-label non è associato soltanto ad una marcata riduzione della restenosi, ma anche ad aumento del rischio di ST. Anche se la trombosi da DES è rara, può rappresentare un evento deleterio per la maggior parte dei pazienti (infarto miocardico: 89%; mortalità: 42%). Anche se la percentuale di pazienti con sindrome coronarica acuta era bassa (35%), i pazienti inclusi nello studio presentavano caratteristiche molto complesse (es. 28% diabetici, 83% malattia multivasale, 73% lesioni complesse, 23% lesioni alla biforcazione e 3% PCI in bypass venoso) che possono aumentare il rischio di ST. Tuttavia, l’incidenza di ST è risultata superiore in pazienti con profilo di rischio più severo come nel SYNTAX (pazienti con malattia a livello di 3 vasi e della principale sinistra) (Serruys P et al. European Society of Cardiology 2008. Munich, 2008.), nel TRITON-TIMI 38 (pazienti con sindrome coronarica acuta ad alto rischio) (Wiviott SD et al. N Engl J Med 2007; 357: 2001–15; SIF-farmaci in evidenza n.14)e nell’HORIZONS-AMI (pazienti con infarto miocardico con innalzamento del tratto ST) (Stone GW et al. Lancet 2007; 369: 907–19; SIF-farmaci in evidenza n.35). Per quanto riguarda l’interruzione della terapia con clopidogrel, è stato dimostrato che l’interruzione prematura a quella raccomandata (3-6 mesi) rappresenta uno dei fattori predittivi più importanti di ST. Tuttavia, sono limitate le evidenze che soltanto la durata della terapia con clopidogrel sia in grado di prevenire la ST tardiva. Il presente studio suggerisce che una terapia prolungata con clopidogrel (oltre 6 mesi) non è associata a benefici importanti. Inoltre, la mancanza di una correlazione temporale tra interruzione della terapia con clopidogrel e incidenza di ST dopo 6 mesi implica ulteriormente l’assenza di un’associazione causale.
Lo studio presenta alcuni limiti. Ad esempio, non è stata effettuata una randomizzazione tra i gruppi a confronto. La durata del trattamento può essere dipesa da fattori di confondimento non misurati e non presi in considerazione nell’analisi multivariata. Ai pazienti non ad alto rischio di ST potrebbe essere stata prescritta una durata più breve della terapia con clopidogrel, determinando così un bias di selezione a favore della durata più breve. Il numero di ST e soprattutto di ST tardiva è risultato basso rispetto ad altri registri. Nonostante l’ampio numero di pazienti inclusi nello studio (n=6816), dopo l’interruzione della terapia antiaggregante, si sono verificati soltanto 37 eventi trombotici. Una causa tipica di tale situazione è il mancato riscontro dei casi. Inoltre, il numero di pazienti in terapia con clopidogrel per oltre 2 anni era insufficiente a consentire una valutazione significativa di questa durata della terapia. L’utilizzo di ST accertata probabilmente ha determinato una sottostima della reale incidenza, ma ha evitato che la certezza subisse una diluizione che se si sarebbe verificata se fossero stati inclusi anche i casi probabili o possibili. Un altro limite è che non ci sono informazioni sulla compliance per l’intero periodo, in quanto l’uso del clopidogrel è stato determinato in momenti stabiliti del follow-up. Pertanto non può essere escluso che si siano verificati recall bias.
Inoltre, la distribuzione della durata del trattamento con clopidogrel era multimodale con picchi di circa 30 giorni, 3 mesi, 6 mesi ed 1 anno dopo l’impianto dello stent; ciò può aver indebolito il potere statistico dell’approccio del modello continuo ad intervalli.


Nello studio, la bassa incidenza di ST a 4 anni può aggiungere alcune garanzie al profilo di sicurezza a lungo termine degli stent medicati. Tali risultati non devono essere interpretati in modo tale che un ciclo di terapia con clopidogrel della durata di 6 mesi è sufficiente in ogni soggetto sottoposto ad impianto di DES. La durata ottimale della terapia antiaggregante dopo impianto di DES deve essere ancora stabilita.



Conflitto di interesse

Gli autori hanno dichiarato di aver ricevuto finanziamenti da ditte farmaceutiche.

Dottoressa Alessandra Russo

Riferimento bibliografico

Schulz S et al. Stent thrombosis after drug-eluting stent implantation: incidence, timing, and relation to discontinuation of clopidogrel therapy over a 4 year period. Eur Heart J 2009; doi:10.1093/eurheartj/ehp275.

Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/

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