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Terapia risincronizzante nello scompenso cardiaco lieve
Inserito il 01 ottobre 2009 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

La terapia risincronizzante riduce l'endpoint composto da mortalità e scompenso cardiaco acuto anche nei pazienti con insufficienza cardiaca lieve, sia di natura ischemica che non ischemica.



Questo studio, denominato MADIT-CRT aveva lo scopo di determinare se la terapia risincronizzante fosse utile nei pazienti con QRS allungato e scompenso cardiaco lieve sia ischemico che non ischemico.
Sono stati arruolati 1820 pazienti che avevano un QRS maggiore di 130 millisecondi ed uno scompenso cardiaco lieve (classe NYHA I e II). La frazione di eiezione era di almeno il 30%. I pazienti sono stati randomizzati a ricevere un defibrillatore cardioverter impiantabile associato o meno a device risincronizzate. Lo studio è stato sospeso anticipatamente (giugno 2009) perchè durante il follow up (in media di 2,4 anni) l'endpoint primario (che era composto da mortalità totale e scompenso cardiaco acuto) si manifestò nel 17,2% dei pazienti trattati con defibrillatore-device risincronizzante e nl 25,3% dei pazienti trattati con solo defibrillatore (HR 0,66; 95%CI 0,52-0,84; p = 0,001). Questo risultato era legato essenzialmente ad una riduzione dei casi di scompenso cardiaco acuto, essendo la mortalità molto bassa in entrambi i gruppi (circa 3% all'anno). I risultati erano simili indipendentemente dalla causa dello scompenso (ischemico e non ischemico).


Fonte:

Moss AJ et al. Cardiac-resynchronization therapy for the prevention of heart failure. N Engl J Med 2009 Oct 1; 361:1329-1338.


Commento di Renato Rossi

Secondo le attuali linee guida i migliori candidati alla terapia risincronizzante sono pazienti con cardiopatia dilatativa ischemica o non ischemica, frazione di eiezione < 35%, QRS > 120 msec, ritmo sinusale e classe NYHA III-IV, sintomatici nonostante terapia medica massimale. La metodica invece non è raccomandata nei pazienti con scompenso lieve [1,2].
Tuttavia già lo studio REVERSE [3] aveva suggerito che la risincronizzazione potrebbe essere utile anche nei pazienti con scompenso cardiaco meno grave. Lo studio aveva arruolato 610 soggetti con scompenso in classe HYHA I o II e frazione di eiezione di almeno il 40%. Dopo un follow up di un anno l'endpoint primario (mancato peggioramento dello scompenso cardiaco) non differiva tra i due gruppi (defibrillatore con device risincronizzante o solo defibrillatore). Però alcuni endpoint secondari (misure di rimodellamento del ventricolo sinistro, qualità di vita e test del cammino a sei minuti) erano a favore della terapia risincronizzante. Il REVERSE non era riuscito , quindi, a dimostrare la superiorità della risincronizzazione per l'endpoint primario, ma non aveva probabilmente neppure la potenza statistica per farlo.
Lo studio MADIT-CRT mostra invece che i devices risincronizzanti possono essere di beneficio anche nei pazienti con scompenso cardiaco lieve. Ovviamente trattandosi di soggetti a minor rischio rispetto alle classi di scompenso più avanzato, l'utilità della risincronizzazione non si è potuta dimostrare per la mortalità totale, che risultava bassa in entrambi i gruppi, mentre era evidente per l'altro componente dell'endpoint primario (scompenso cardiaco acuto).
Le linee guida, in futuro, potrebbero recepire questi risultati, e consigliare l'impianto di un device risincronizzante nei pazienti con QRS prolungato e scompenso lieve. Bisognerà però tener conto anche dei costi economici di cui si dovranno occupare studi di valutazione del rapporto costi/beneifici.


Referenze

1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=3651
2. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=3092
3. Linde C et al. Randomized trial of cardiac resynchronization in mildly symptomatic heart failure patients and in asymptomatic patients with left ventricular dysfunction and previous heart failure symptoms. J Am Coll Cardiol 2008 Dec 2;52:1834-43





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