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ASA sicuramente utile solo in prevenzione secondaria
Inserito il 03 aprile 2010 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Non è stata rilevata una riduzione significativa della mortalità nei trial sulla prevenzione primaria con ASA invece, l’aspirina ha ridotto la mortalità del 10% in prevenzione secondaria.

Nei pazienti ad alto rischio in quanto già affetti da malattia vascolare occlusiva, la terapia cronica con antiaggreganti (es. aspirina) riduce di circa un quarto il rischio annuale di eventi vascolari gravi (infarto miocardico non fatale, stroke non fatale o mortalità per cause vascolari). Questa diminuzione corrisponde tipicamente ad una riduzione assoluta di circa 10-20/1000 nell’incidenza annuale di eventi non fatali e ad una più contenuta, ma definita, riduzione della mortalità per cause vascolari. Inoltre, l’incremento assoluto del rischio di emorragie gastrointestinali maggiori e di altri eventi emorragici extracranici maggiori è di almeno un ordine di grandezza inferiore.

Nella prevenzione secondaria, quindi, i benefici della terapia antiaggregante eccedono sostanzialmente i rischi. Per la prevenzione primaria, invece, il bilancio è meno chiaro per quanto riguarda i rischi in assenza di aspirina, e quindi il beneficio assoluto dell’aspirina è generalmente più basso rispetto alla prevenzione secondaria.

Precedenti metanalisi di trial sulla prevenzione primaria non si sono basate sui dati dei singoli partecipanti e quindi non è stato possibile fare un confronto attendibile tra rischi e benefici dell’aspirina in gruppi importanti sotto il profilo prognostico (es. anziani, soggetti con aumento del rischio di malattie coronariche) né una stima realistica di quanti pazienti a maggior rischio di malattia coronarica siano anche a maggior di rischio di emorragia. Le attuali linee guida spesso trascurano la diversificazione nel rischio emorragico e raccomandano il ricorso all’aspirina nella prevenzione primaria nei pazienti a rischio moderatamente aumentato di malattie coronariche.
L’alternativa alla prevenzione primaria è rimandare l’inizio della terapia cronica con aspirina fino all’insorgenza di evidenze di ostruzione vascolare. Il principale svantaggio di questo ritardo è che la prima manifestazione di malattia potrebbe essere un evento invalidante o fatale, mentre il vantaggio consiste nella possibilità di evitare un leggero incremento del rischio di emorragie cerebrali o extracraniche maggiori. Nei trial sulla prevenzione primaria, molti dei controlli che, a differenza dei trattati con aspirina, avevano avuto un infarto miocardico non fatale o uno stroke ischemico, avrebbero probabilmente dovuto iniziare la terapia cronica con aspirina per evitare la ricorrenza dell’evento.
Ne consegue che i risultati sulla mortalità provenienti da quei trial possono aiutare a decidere tra una strategia di intervento immediato ed una di intervento differito (es, ritardare l’avvio della terapia cronica con aspirina fino al manifestarsi della malattia).

Considerati i limiti delle attuali linee guida e la vastità della popolazione a cui esse sono dirette, una recente metanalisi collaborativa sui dati dei singoli partecipanti a trial sulla prevenzione primaria ha cercato di valutare rischi e benefici dell’aspirina in questo ambito, anche mediante il confronto con precedenti metanalisi di trial sulla prevenzione secondaria.
Sono stati selezionati trial relativi a prevenzione primaria o secondaria che prevedevano un confronto randomizzato tra gruppi trattati e non trattati con aspirina (senza altri antiaggreganti). I trial sulla prevenzione primaria sono stati inclusi solo se avevano reclutato almeno 1000 pazienti non diabetici con almeno 2 anni di trattamento previsto.
I trial sulla prevenzione secondaria sono stati inclusi solo se avevano coinvolto pazienti con pregresso infarto del miocardio o stroke o attacchi ischemici transitori.

Gli outcome principali erano rappresentati da: grave evento vascolare, definito come infarto miocardico, stroke o mortalità per cause vascolari (morte cardiaca improvvisa, embolia polmonare, emorragia e, solo per i trial sulla prevenzione secondaria, mortalità per cause non note); evento coronarico maggiore (infarto miocardico, mortalità per cause coronariche o morte cardiaca improvvisa); qualsiasi tipo di stroke (emorragico o ischemico); mortalità da tutte le cause; emorragia extracranica maggiore (soprattutto gastrointestinale e di solito definita come un’emorragia che ha richiesto una trasfusione o che ha determinato il decesso del paziente).
Nei trial sulla prevenzione primaria, infarto del miocardio e stroke sono stati classificati come fatali o non fatali in base alle definizioni utilizzate nei singoli studi; nei trial sulla prevenzione secondaria, questi outcome sono stati registrati come non fatali solo se il paziente era sopravvissuto al termine del trial o era deceduto per cause non vascolari.

Sono stati selezionati 6 trial sulla prevenzione primaria (95.000 soggetti, 3554 eventi vascolari gravi), di cui uno aveva reclutato soggetti ipertesi e 2 soggetti con fattori di rischio coronarico (sebbene senza malattia manifesta). I risultati di questi studi sono stati confrontati con quelli di 16 trial sulla prevenzione secondaria (17.000 soggetti, 3306 eventi vascolari).

Nei trial sulla prevenzione primaria, si sono verificati 1671 eventi vascolari gravi in 330.000 anni-persona (0,51% per anno) in soggetti randomizzati ad aspirina rispetto ai 1883 eventi in 330.000 anni-persona (0,57% per anno) dei controlli. Questa piccola riduzione assoluta (solo 0,07% per anno) equivale ad una riduzione percentuale del 12% (RR 0,88; IC 95% 0,82-0,94; p=0,0001). La riduzione percentuale sembrava simile (p=0,9) tra uomini e donne.

Il fattore predittivo più importante era l’età; l’età media all’ingresso per i soggetti a rischio maggiore era di 69 anni. La riduzione percentuale del rischio per qualsiasi causa vascolare non differiva significativamente tra i trial sulla prevenzione primaria e quelli sulla prevenzione secondaria, ma la riduzione del rischio assoluto era molto più contenuta nei primi rispetto ai secondi.

Nei trial sulla prevenzione primaria, l’aspirina ha determinato una riduzione del 18% degli eventi coronarici maggiori, ma solo una piccola riduzione in termini assoluti (0,28% vs 0,34% per anno; RR 0,82 IC 95% 0,75-0,90; p<0,0001).

La maggior parte di questa riduzione derivava da una riduzione del 23% nell’infarto miocardico non fatale (0,18% vs 0,23% per anno; RR 0,77 IC 99% 0,67-0,89; p<0,0001), con una non chiara riduzione della mortalità per malattia coronarica (0,11% vs 0,12% per anno; RR 0,95 IC 99% 0,78-1,15; p=0,5), sebbene l’intervallo di confidenza per la riduzione percentuale della mortalità coronarica fosse ampia. La riduzione percentuale di eventi coronarici maggiori sembrava simile sia nei trial sulla prevenzione primaria che in quelli sulla secondaria (rispettivamente, RR 0,82; IC 95% 0,75-0,90 e RR 0,80; 0,73-0,88), ma il beneficio assoluto differiva di un ordine di grandezza (rispettivamente, beneficio assoluto 0,06% e 1,00%).

Per gli eventi coronarici maggiori, solo uno degli 11 test statistici utilizzati per valutare l’eterogeneità dell’effetto tra uomini e donne nei trial sulla prevenzione primaria ha rilevato una differenza marginalmente significativa (p=0,03); anche i 16 trial sulla prevenzione secondaria non hanno suggerito alcuna eterogeneità nell’effetto sugli eventi coronarici maggiori tra uomini e donne. Invece, per lo stroke ischemico, i 6 trial sulla prevenzione primaria hanno suggerito una maggiore riduzione del rischio percentuale nelle donne rispetto agli uomini, non confermato dai trial sulla prevenzione secondaria; per l’aggregato di eventi vascolari gravi, il sesso non sembrava avere rilevanza nelle 2 tipologie di trial nella riduzione percentuale.

L’aspirina sembrava aumentare l’incidenza di stroke emorragico sia nei trial sulla prevenzione primaria che in quelli sulla secondaria (rispettivamente, p=0,05 e p=0,07), ma ridurre quella dello stroke ischemico (rispettivamente, p=0,05 e p=0,04). La percentuale di stroke emorragici da causa nota era maggiore nei trial sulla prevenzione primaria (23% vs 15%), probabilmente anche riferibile agli stroke di causa non nota. Almeno l’84% degli stroke nei trial sulla prevenzione secondaria si è verificato in pazienti con anamnesi positiva per stroke ischemico o attacco ischemico transitorio e che quindi potevano essere ad alto rischio di ricaduta.

Nei trial sulla prevenzione primaria, l’aspirina non ha avuto un effetto definito sullo stroke da causa nota (emorragico + ischemico), da causa non nota o su tutte le tipologie di stroke. Nei trial sulla prevenzione secondaria (in cui una percentuale più piccola di stroke da causa nota era di tipo emorragico), l’aspirina ha significativamente ridotto il dato aggregato di tutti gli stroke.

Poichè la maggior parte degli stroke non causa decesso e lo stroke emorragico può essere più pericoloso dello stroke ischemico, gli effetti dell’aspirina sullo stroke fatale e non fatale potrebbero differire. Considerando entrambe le tipologie di trial, si evidenzia un effetto avverso sullo stroke emorragico (RR 1,39 IC 95% 1,08-1,78; p=0,01) ma protettivo su quello ischemico (RR 0,83; 0,73-0,95; p=0,005).

Se si considerano gli stroke fatali solo nei trial sulla prevenzione primaria, gli stroke emorragici superavano quelli ischemici (82 vs 53), specie nei pazienti randomizzati ad aspirina (52 vs 30; RR 1,73; IC 99% 0,96-3,13; p=0,02).


Poichè la randomizzazione ad aspirina non ha avuto un effetto significativo su stroke fatale, malattia coronarica o altre cause vascolari di decesso, non è stata rilevata una riduzione significativa della mortalità vascolare totale nei trial sulla prevenzione primaria (RR 0,97; IC 95% 0,87-1,09; p=0,7). Non sono stati osservati effetti significativi neanche sulla mortalità per cause non vascolari (RR 0,93; IC 95% 0,85-1,02; p=0,1) o per cause non note (RR 0,96 IC 99% 0,70-1,30; p=0,7), né sulla mortalità totale (RR 0,95; IC 95% 0,88-1,02; p=0,1).
Nei trial sulla prevenzione secondaria invece, l’aspirina ha ridotto la mortalità vascolare (RR 0,91; 0,82-1,00; p=0,06) e non ha avuto effetti significativi sulla mortalità da altre cause (RR 0,85; 0,66-1,08; p=0,2), determinando una riduzione del 10% della mortalità totale (RR 0,90; 0,82-0,99; p=0,02).


Commento

Il rischio principale correlato all’aspirina è l’emorragia e, a prescindere da qualsiasi effetto su quella intracranica, l’aspirina aumenta gli eventi emorragici maggiori gastrointestinali ed extracranici di circa la metà nei trial sulla prevenzione primaria (0,10% vs 0,07% per anno; RR 1,54; 1,30-1,82; p<0,0001). Il rischio riguarda soprattutto le emorragie non fatali.

Eventi emorragici maggiori sono stati registrati solo in 5 dei 16 trial sulla prevenzione secondaria e quindi la metanalisi potrebbe non essere realistica. Esiste tuttavia un eccesso significativo di rischio emorragico maggiore nei pazienti randomizzati ad aspirina (RR 2,69; 1,25-5,76; p=0,01), con una non significativa eterogeneità tra i valori di rischio relativo nei 6 trial sulla prevenzione primaria e nei 5 sulla secondaria.

L’incidenza annuale assoluta di eventi vascolari e di emorragie extracraniche maggiori variava sostanzialmente tra i partecipanti ai trial sulla prevenzione primaria. La regressione di Poisson in 93.918 soggetti senza malattia vascolare nota all’ingresso nei trial sulla prevenzione primaria indica che età, sesso maschile, diabete, abitudine al fumo e pressione arteriosa media si associano ad un aumento del rischio di 2 volte di eventi coronarici maggiori, mentre il colesterolo totale e l’indice di massa corporea sono associati più debolmente agli eventi. I principali fattori di rischio per eventi coronarici sono anche associati agli eventi emorragici, sebbene per la maggior parte le associazioni risultano più deboli per gli eventi emorragici che per quelli occlusivi.


Nei trial sulla prevenzione primaria, la riduzione percentuale di eventi vascolari gravi non dipende significativamente da età e sesso (e l’ipotesi ventilata dai trial sulla prevenzione primaria di una differenziazione tra uomini e donne non è suffragata da quelli sulla prevenzione secondaria), né da abitudine al fumo, pressione arteriosa, colesterolo totale, indice di massa corporea, diabete o rischi previsti di malattia coronarica. In particolare, non c’è un trend significativo negli effetti percentuali dell’aspirina in soggetti a rischio di malattia coronarica stimato come molto basso, basso, moderato ed alto.

Se la riduzione del rischio percentuale in questi sottogruppi è realmente molto simile, la riduzione del rischio assoluto dipenderà soprattutto dal rischio assoluto individuale senza trattamento.

Per quanto riguarda la differenziazione tra uomini e donne, il commento alla metanalisi fa alcune precisazioni: a livello di singoli confronti diversi test per i gli effetti dell’aspirina in uomini e donne risultano significativi, mentre le informazioni sulla prevenzione secondaria sono state ottenute da trial in cui le differenze di effetto dell’aspirina tra i sessi erano virtualmente assenti; infine, i tassi di incidenza di infarto miocardico, stroke ischemico emorragia intracranica e gastrointestinale differiscono tra i sessi, influenzando di conseguenza il bilancio tra benefici e rischi.

È anche possibile che i trial sulla prevenzione primaria possano aver sottostimato i principali effetti sulla mortalità nelle popolazioni esaminate, così come è possibile che in particolari categorie la prevenzione primaria con aspirina possa determinare un chiaro beneficio.

Per massimizzare il beneficio sul rischio nella prevenzione primaria, molte delle attuali linee guida raccomandano l’assunzione di aspirina ai pazienti in cui il rischio di malattia coronarica supera una particolare soglia. Queste linee guida, implicitamente, danno per assunto che il rischio assoluto di emorragia rimanga approssimativamente costante indipendentemente dal rischio di malattia coronarica o dipendente solo dall’età, mentre da questa metanalisi si evince che altri fattori di rischio per la malattia coronarica siano anche fattori di rischio per l’emorragia. Quindi, anche in soggetti con un moderato aumento del rischio di malattia coronarica, l’aggiunta dell’aspirina ad un regime di prevenzione primaria basato sulle statine potrebbe essere caratterizzata da un equivalenza tra benefici e rischi.



Secondo questa metanalisi, quindi, nella prevenzione primaria, l’aspirina ha un valore non del tutto definito nella riduzione di eventi occlusivi, che deve comunque tener conto anche dell’aumento degli eventi emorragici maggiori.

Conflitto di interesse

Non sono stati erogati finanziamenti da ditte farmaceutiche per la stesura di questa metanalisi.

Dottoressa Maria Antonietta Catania

Riferimenti bibliografici

Antithrombotic Trialists' (ATT) Collaboration. Aspirin in the primary and secondary prevention of vascular disease: collaborative meta-analysis of individual participant data from randomised trials. Lancet 2009; 373: 1849–60.

Algra A, Greving JP. Aspirin in primary prevention: sex and baseline risk matter. Lancet 2009; 373: 1821–2.

Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/

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