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Benefici delle statine in prevenzione primaria
Inserito il 21 marzo 2010 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Una metanalisi dei principali studi disponibili suggerisce che le statine, in prevenzione primaria, oltre che ridurre gli eventi cardiovascolari, portano ad una diminuzione della mortalità del 12%.

Obiettivo di questa metanalisi era di valutare se le statine usate in prevenzione primaria (soggetti senza precedenti cardiovascolari, ma con fattori di rischio) riducono la mortalità totale e gli eventi coronarici e cerebrovascolari. Sono stati selezionati RCT in cui una statina veniva confrontata con placebo o con un gruppo di controllo; il follow-up doveva essere di almeno un anno ed almeno l'80% dei partecipanti doveva essere in prevenzione primaria. Obbedivano a questi criteri 10 RCT per un totale di 70.388 pazienti (il 34% erano donne e il 23% aveva un diabete mellito). Il follow-up mediano è stato di 4,1 anni. Il trattamento con statine ha ridotto la mortalità totale del 12% (OR 0,88; 95%CI 0,81-0,96), gli eventi coronarici maggiori del 30% (OR 0,70, 95%CI 0,61-0,81) e gli eventi cerebrovascolari maggiori del 19% (OR 0,81; 95%CI 0,71-0,93). Non si è osservata una significativa eterogeneità tra i vari sottogruppi (diabetici, donne, anziani) e neppure un aumento del rischio di cancro associato all'uso di statine.
Gli autori concludono che in prevenzione primaria nei soggetti con fattori di rischio cardiovascolare le statine riducono la mortalità e gli eventi cardiovascolari maggiori.


Fonte:

Brugts JJ et al. The benefits of statins in people without established cardiovascular disease but with cardiovascular risk factors: meta-analysis of randomised controlled trials. BMJ 2009 Jul 4;338:b2376


Commento di Renato Rossi

L'utilità delle statine in prevenzione secondaria è ben documentata sia nella riduzione della morbilità/mortalità cardiovascolari che nella riduzione della mortalità totale.
In prevenzione primaria i dati sono meno chiari in quanto se è documentata una riduzione della mortalità/morbilità cardiovascolare, solo nello studio JUPITER si è potuto evidenziare una riduzione della mortalità totale [1]. Tuttavia in questo studio venivano usate dosi elevate di rosuvastatina (20 mg/die) ed il numero di soggetti da trattare per evitare un decesso risultava particolarmente elevato (NNT = 181). Infatti nel JUPITER si registrarono 198 decessi su 8901 partecipanti nel gruppo trattato e 247 decessi su 8901 trattati nel gruppo controllo (OR 0,80; 95%CI 0,66-0,96).
La metanalisi recensita in questa pillola ha assemblato i risultati di 10 trial: WOSCOPS, AFCAPS/Texcaps, PROSPER, ALLHAT-LLT, ASCOT-LLA, CARDS, HPS, ASPEN, MEGA, JUPITER. I risultati sulla mortalità totale sono stati calcolati su 9 RCT in quanto non erano disponibili i dati dello studio HPS per la popolazione diabetica. Vengono riportati 1.725 decessi su 33.683 trattati (5,12%) e 1.925 decessi su 33.793 controlli (5,69%), con una riduzione della mortalità del 12% in termini relativi e dello 0,57% in termini assoluti, pari ad un NNT di 175, sovrapponibile a quello riscontrato nello studio JUPITER.
Esaminando la tabella riportata dalla metanalisi si nota che lo studio ASCOT-LLA è accreditato di una riduzione della mortalità (OR 0,85; 95%CI 0,73-0,97) che non risulta nello studio originale (OR 0,87; 95% CI 0,71-1,06), come si può verificare controllando la voce bibliografica relativa [2]. Sarebbe auspicabile una spiegazione su questo punto specifico. Tuttavia anche usando i dati riportati dallo studio originale, l'odds ratio per la mortalità del pooling non dovrebbe cambiare di molto, pur con un aumento dell'NNT.
Al di là, comunque, di questi aspetti meramente statistici, è interessante riportare alcune considerazioni che gli autori sviluppano nelle loro conclusioni. La dose ed il tipo di statina usato nei vari RCT erano differenti per cui alcuni trattamenti potrebbero essere più efficaci di altri nel ridurre la colesterolemia, anche se tutte le statine incluse nei trials sembrano avere effetti clinici simili. In secondo luogo il rischio cardiovascolare dei pazienti inclusi nei vari studi era molto variabile per cui è probabile che il beneficio del trattamento sia differente a seconda del rischio basale del paziente trattato. In ogni caso l'analisi per sottogruppi non ha dimostrato differenze sostanziali tra le varie tipologie di pazienti esaminati. Le statine funzionano nei diabetici, nelle donne e negli anziani. Anche escludendo dall'analisi i pazienti a rischio più elevato i risultati non variavano. Certamente, in prevenzione primaria molti soggetti devono essere trattati per evitare un evento, ammettono gli autori, e l'identificazione dei pazienti che più ne trarranno benefici rimane ancora una sfida. Tuttavia sarebbe sbagliato negare la prescrizione della statina a chi presenta un rischio cardiovascolare aumentato. Una conclusione sulla quale si può concordare e che è in linea con le raccomandazioni delle principali linee guida internazionali, anche se, ovviamente, la soglia di rischio oltre la quale iniziare il trattamento rimane per certi versi opinabile.
In linea generale si consiglia un trattamento con statine per un rischio cardiovascolare a 10 anni (calcolato con le carte del rischio o con i vari software disponibili) del 20% o superiore. E' noto però che questa modalità di calcolo non tiene conto di alcuni fattori come la familiarità, il peso corporeo, l'attività fisica, etc. La decisione quindi se trattare o meno, in prevenzione primaria, si basa non solo sull'applicazione meccanica di un algoritmo, ma su un giudizio clinico che tenga conto anche delle preferenze del paziente.



Referenze

1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=4336
2. Sever PS et al. Prevention of coronary and stroke events with atorvastatin in hypertensive patients who have average or lower-than-average cholesterol concentrations, in the Anglo-Scandinavian Cardiac Outcomes Trial—Lipid Lowering Arm (ASCOT-LLA): a multicentre randomised controlled trial. Lancet 2003 Apr 5;361:1149-58.



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