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Il diabete è un equivalente coronarico?
Inserito il 17 maggio 2009 da admin. - metabolismo - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Una revisione sistematica della letteratura mette in discussione l'assioma che il diabete sia un vero e proprio equivalente coronarico.



Lo scopo di questa revisione sistematica della letteratura era di valutare se il paziente diabetico senza pregresso infarto miocardico corre lo stesso rischio di eventi coronarici del paziente non diabetico con pregresso infarto. La ricerca ha preso in considerazione studi osservazionali o di coorte, escludendo quelli con meno di 100 pazienti, follow-up inferiore a 4 anni e/o senza calcolo degli eventi cardiovascolari. In totale sono stati analizzati 13 studi per un totale di 45.108 pazienti, la durata mediana del follow-up era di 13,4 anni (range da 5 a 25 anni) e l'età dei pazienti arruolati andava da 25 a 84 anni.
I soggetti con diabete ma senza precedente infarto miocardico avevano un rischio di eventi cardiovascolari totale del 43% più basso rispetto ai pazienti non diabetici con pregresso infarto miocardico (OR 0,56; 0,53-0,60).
Gli autori concludono che non appare giustificata l'ipotesi che il diabete sia un vero e proprio equivalente coronarico. La decisione di usare farmaci per la prevenzione primaria nei diabetici senza precedenti cardiovascolari dovrebbe essere basata sulla valutazione del rischio cardiovascolare globale di ogni singolo soggetto piuttosto che su un approccio standardizzato.


Fonte:

Bulugahapitiya U et al. Is diabetes a coronary risk equivalent? Systematic review and meta-analysis.
Diabet Med 2009 Feb;26:142.


Commento di Renato Rossi

La nota AIFA n. 13 considera il diabete un vero e proprio "equivalente coronarico" e giustifica in questo modo la prescrizione delle statine anche a soggetti diabetici che non abbiano mai avuto un evento coronarico o cerebrale. In pratica il fatto stesso di essere diabetici porrebbe questi pazienti in prevenzione secondaria come gli infartuati o come chi ha avuto un ictus. In effetti uno storico studio del 1998 aveva suggerito che il diabetico senza pregresso infarto corre un rischio di eventi ischemici cardiaci paragonabile a quello del non diabetico infartuato, tanto che gli autori concludevano che la strategia nel diabetico deve essere particolarmente aggressiva anche in prevenzione primaria [1].
Anche uno studio canadese più recente era giunto alle stesse conclusioni [2].
A risultati opposti erano arrivati, invece, sia uno studio di tipo cross sectional [3] che aveva paragonato 1155 diabetici di tipo 2 (eta' 45-64 anni) con 1347 soggetti che avevano avuto un infarto miocardico negli otto anni precedenti, sia uno studio di coorte [3] in cui 3477 diabetici di tipo 2 di nuova diagnosi di tutte le eta' sono stati paragonati con 7414 soggetti con pregresso infarto. Nel primo studio l' OR per morte da tutte le cause era 2,27 (IC 95% 1,82-2,83) per i pazienti infartuati rispetto ai diabetici mentre il rischio di ricovero per infarto era di 1,33 (IC95% 1,14-1,55) sempre a sfavore degli infartuati. Nello studio di coorte i pazienti infartuati avevano un rischio di morte piu' elevato (OR 1,35 IC 95% 1,25-1,44) ed era piu' elevato anche il rischio di ricovero per infarto (OR 3,10 IC 95% 2,57-3,73). Gli autori dello studio concludevano che i diabetici di tipo 2 hanno un rischio di eventi cardiovascolari piu' basso rispetto ai pazienti coronaropatici.
Arriva ora la revisione sistematica recensita in questa pillola e le conclusioni sembrano chiare e poco discutibili: il diabetico senza pregresso infarto miocardico presenta un rischio notevolmente minore di eventi ischemici cardiaci rispetto al paziente non diabetico ma con precedente necrosi miocardica.
D'altra parte è esperienza comune vedere diabetici da decenni che non vanno incontro, nel corso della loro vita, a nessun evento cardiaco e/o cerebrale nonostante trattamenti non ottimali. E' probabile quindi che i diabetici non siano tutti uguali e che esistano sottopopopazioni di diabete a rischio differenziato. Questo spiegherebbe per esempio come mai in alcuni studi di prevenzione primaria sui diabetici le statine abbiano ridotto gli eventi cardiovascolari ed in altri abbiano ottenuto risultati meno entusiasmanti [4].
Il messaggio pratico ci sembra questo: in molti diabetici coesistono più fattori di rischio cardiovascolare ed in questi casi l'uso di una terapia ipocolesterolemizzante appare appropriato anche in prevenzione primaria, ma esistono probabilmente anche diabetici a basso rischio nei quali la terapia con statine potrebbe essere meno efficace di quanto comunemente si creda. Insomma, forse è arrivato il momento di rivedere il nostro schema mentale e di personalizzare la scelta farmacologica anche nel diabetico. Il suggerimento finale degli autori della revisione sistematica sembra quindi condivisibile, ma sarà interessante vedere se e quando le linee guida internazionali recepiranno queste indicazioni.



Referenze

1. Haffener SM et al. Mortality from coronary heart disease in subjects with type 2 diabetes and in nondiabetic subjects with and without prior myocardial infarction. N Engl J Med 1998 Jul 23;339:229
2. http://www.pillole.org/public/aspnuke/newsall.asp?id=4593
3. Evans JMM et al. Comparison of cardiovascular risk between patients with type 2 diabetes and those who had had a myocardial infarction: cross sectional and cohort studies. BMJ 2002 Apr 20; 324: 939-942.
4. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=3727



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