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Sindrome metabolica ed utilizzo del fenofibrato in diabetici tipo2
Inserito il 29 dicembre 2009 da admin. - metabolismo - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

La presenza dei componenti della sindrome metabolica determinano un maggior rischio di ECV in individui con diabete di tipo 2. I benefici assoluti del fenofibrato sono verosimilmente maggiori in presenza di sindrome metabolica. Il rischio più elevato e i maggiori benefici del fenofibrato sono stati osservati nei soggetti con marcata ipertrigliceridemia.


I soggetti con sindrome metabolica presentano un maggior rischio di andare incontro ad eventi cardiovascolari (ECV) e di sviluppare il diabete. Lo studio FIELD, randomizzato e in doppio cieco contro placebo, è stato progettato per valutare l’effetto del trattamento a lungo termine con fenofibrato sulla percentuale di ECV in soggetti con diabete di tipo 2. La coorte, seguita in media per 5 anni, ha permesso di valutare le variazioni della percentuale degli ECV in soggetti con o senza caratteristiche della sindrome metabolica.

Tra febbraio 1998 e novembre 2000 sono stati reclutati in 63 centri in Austrialia, Nuova Zelanda e Finlandia, pazienti con diabete di tipo 2 ed età 50–75 anni. Al momento dell’arruolamento i partecipanti avevano una concentrazione di colesterolo HDL tra 3,0 e 6,5 mmol/l, un rapporto colesterolo totale/colesterolo HDL >=4,0, oppure una concentrazione plasmatica di trigliceridi tra 1,0 e 5,0 mmol/l e nessuna chiara indicazione per una terapie antidislipidemica né una terapia già in atto. Criteri di esclusione erano l’insufficienza renale (creatinina ematica >130 µmol/l), nota epatopatia cronica oppure malattie della cistifellea e un evento cardiovascolare nei 3 mesi precedenti l’arruolamento.

I pazienti sono stati randomizzati a ricevere fenofibrato micronizzato (200 mg/die) o placebo (The FIELD investigators. Lancet 2005; 366: 1849-61). La prevalenza dei singoli componenti della sindrome metabolica, in accordo alle definizioni del National Cholesterol Education Program Adult Treatment Panel (ATP) III, è stata determinata come segue: 1) “aumentata pressione arteriosa” definita in base alla storia di ipertensione, all’uso documentato di farmaci antipertensivi oppure in presenza di valori medi della pressione arteriosa >=130/85 mmHg (misurati nel corso di tre visite); 2) “basso livello del colesterolo HDL” se in presenza di concentrazioni <1,03 mmol/l per gli uomoni e <1,29 mmol/l per le donne; 3) “elevato livello dei trigliceridi” se in presenza di concentrazioni >=1,7 mmol/l; 4) “aumentata circonferenza addominale” definita per misure >102 cm per gli uomini e >88 per le donne. La sindrome metabolica era presente quando almeno 3 caratteristiche (diabete di tipo 2 più almeno 2 altre caratteristiche della sindrome metabolica) erano presenti al momento dell’arruolamento. La dislipidemia è stata definita dalla combinazione di elevati livelli dei trigliceridi e bassi livelli del colesterolo HDL. La marcata ipertrigliceridemia e la marcata dislipidemia sono state definite, rispettivamente, in presenza di soli livelli dei trigliceridi >=2,3 mmol/l e in combinazione con bassi livelli del colesterolo HDL.

Gli ECV comprendevano la morte per cause cardiovascolari, l’infarto del miocardio, lo stroke, la rivascolarizzazione coronarica o carotidea (The FIELD Investigators. Lancet 2005; 366: 1849-61). La percentuale degli ECV è stata misurata sia nei soggetti con ECV (n=2131) sia in quelli senza storia di ECV (n=7664), nei sottogruppi definiti in base alle caratteristiche della sindrome metabolica, negli uomini (n=6138) e nelle donne (n=3657).

Un totale di 4103 soggetti su 4900 nel gruppo placebo e 4080 su 4895 in quello fenofibrato hanno soddisfatto i criteri per la definizione della sindrome metabolica, in gran parte per l’alta prevalenza delle misure di “aumentata pressione arteriosa” e di “aumentata circonferenza addominale” e soprattutto tra le donne. Bassi livelli plasmatici del colesterolo HDL o elevati livelli dei trigliceridi sono stati rilevati in oltre la metà dei partecipanti. La prevalenza di tutte le caratteristiche della sindrome metabolica è stata maggiore nelle donne. L’ipertrigliceridemia marcata è stata riscontrata in circa un 1/4 dei soggetti, combinata con bassi livelli del colesterolo HDL in circa 1/5.

Nel gruppo con sindrome metabolica la percentuale degli ECV a 5 anni è stata 14,5%, 11,3% in quello senza sindrome metabolica (p<0,0001). Tra gli individui con una qualunque delle caratteristiche della sindrome metabolica, la percentuale degli ECV è risultata simile a quella rilevata nell’intera popolazione, variando dal 13,3% nel sottogruppo con elevata circonferenza addominale al 15,4% in quello con elevati livelli dei trigliceridi. Tuttavia, la presenza di ciascuna delle caratteristica della sindrome metabolica, in aggiunta al diabete, ha comportato un rischio di ECV cumulativo maggiore. Inoltre, la presenza delle caratteristiche della sindrome metabolica previste dai criteri ATP III, rispetto alla loro assenza (fatta eccezione per l’aumentata circonferenza addominale), ha determinato un aumento del rischio assoluto di ECV a 5 anni del 3%. Gli individui con marcata dislipidemia hanno avuto il rischio più alto di ECV (17,8%).
Tra gli individui con sindrome metabolica il fenofibrato ha ridotto il rischio a 5 anni di ECV dal 14,5% al 13,1% (HR 0,89; CI 95% 0-21%; p=0,052; riduzione assoluta del rischio 1,4%). Nel gruppo senza sindrome metabolica il trattamento col farmaco ha ridotto il rischio di EVC dal 11,3% al 9,7% (HR 0,88; CI 95% -19-35%; p=0,375; riduzione assoluta del rischio 1,6%). Gli effetti del fenofibrato sono risultati simili tra gli individui con o senza caratteristiche della sindrome metabolica. L’effetto del trattamento è risultato maggiore nelle donne rispetto agli uomini e nell’ambito della prevenzione primaria rispetto alla secondaria. Ciò è emerso per l’intera popolazione, tra coloro che avevano la sindrome metabolica o con una qualunque delle sue caratteristiche. Tra gli individui con sindrome metabolica, il fenofibrato ha ridotto il rischio di ECV del 18% nelle donne, del 7% negli uomini, del 17% nell’ambito della prevenzione primaria e del 1% in quella secondaria.

Gli effetti del fenofibrato sono risultati maggiori in presenza di una marcata ipertrigliceridemia o di una marcata dislipidemia. Nei soggetti con marcata dislipidemia, il fenofibrato ha ridotto la percentuale di ECV del 30% nelle donne, del 24% negli uomini, del 40% in prevenzione primaria e del 12% in quella secondaria. L’effetto complessivo del fenofibrato in presenza di marcata dislipidemia è risultato maggiore rispetto a tutti gli altri gruppi: riduzione del rischio del 27% (HR aggiustato 0,73; CI 95% 0,58-0,91; p=0,005) nel gruppo con marcata dislipidemia, del 6% (HR aggiustato 0,94; CI 95% 0,83-1,06; p=0,321) negli altri gruppi. La riduzione assoluta del rischio nel gruppo con marcata dislipidemia è stata del 4,3% (dal 17,8% al 13,5%) rispetto allo 0,8% (dal 13,0% al 12,2%) in sua assenza.

I livelli del colesterolo HDL (p=0,003), la pressione arteriosa e i livelli dei trigliceridi (p=0,0004) hanno contribuito in misura significativa ed in modo indipendente al rischio di ECV aggiustato per età, genere, status cardiovascolare precedente, livelli basali di HbA1C e di colesterolo HDL. Gli individui con bassi livelli di colesterolo HDL hanno mostrato un aumento del rischio del 22% mentre quelli con alti livelli dei trigliceridi del 24%. L’effetto della pressione arteriosa è risultata significativamente più marcato nell’ambito della prevenzione primaria (aumento del 93%) rispetto a quella secondaria (aumento del 24%). L’aumento della circonferenza addominale non ha avuto alcun effetto in questa coorte. Dopo aggiustamento per tutte le variabili considerate è risultato che il fenofibrato ha ridotto il rischio del 12% (p=0,026).


La presenza dei componenti della sindrome metabolica determinano un maggior rischio di ECV in individui con diabete di tipo 2. I benefici assoluti del fenofibrato sono verosimilmente maggiori in presenza di sindrome metabolica. Il rischio più elevato e i maggiori benefici del fenofibrato sono stati osservati nei soggetti con marcata ipertrigliceridemia.




Conflitto di interesse

Lo studio è stato finanziato dall’azienda produttrice del farmaco e alcuni autori affermano di aver ricevuto contributi dalla stessa.

Dottor Gianluca Miglio

Riferimento bibliografico

Scott R et al. Effects of fenofibrate treatment on cardiovascular disease risk in 9,795 individuals with type 2 diabetes and various components of the metabolic syndrome: the Fenofibrate Intervention and Event Lowering in Diabetes (FIELD) study. Diabetes Care 2009; 32: 493-98.


Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/

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