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Screening del cancro ovarico: contrordine!
Inserito il 18 dicembre 2009 da admin. - ginecologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Lo studio americano PLCO mostra che lo screening del cancro ovarico non è in grado di scoprire tumori in stadio iniziale, a prezzo di un elevato numero di falsi positivi.


Sono stati pubblicati i risultati dei primi 4 anni di screening del cancro ovarico dello studio randomizzato e controllato noto come PLCO (Prostate, Lung, Colorectal and Ovarian Cancer Screening).
Il riscontro di un CA 125 superiore a 35 U/mL oppure un' ecografia transvaginale anormale venivano considerate come test di screening positivo, meritevole di ulteriori approfondimenti.
Fra le 34.261 donne arruolate nel braccio screenato la compliance verso lo screening andava dall'83,1% del primo anno al 77,6% del quarto. Sono stati diagnosticati 89 cancri ovarici invasivi oppure cancri peritoneali; di questi 60 sono stati scoperti con lo screening. Il 72% dei casi scoperti dallo screening era in stadio avanzato (III-IV).
Inoltre si sono riscontrati numerosi casi di falsi positivi sottoposti inutilmente ad intervento di ovariectomia. Per esempio sono state sottoposte al primo screening 28.746 donne, di queste 1675 (5,8%) risultarono positive ad uno o ad entrambi i test; sono state necessarie 566 biopsie (33,8% dei casi positivi), ma tumori maligni sia invasivi che di aggressività limitata sono stati riscontrati solo in 27 casi (4,8% delle biopsie) mentre i cancri invasivi sono stati solo 18 (3,2% delle biopsie).
Al quarto anno sono state sottoposte allo screening 25.423 donne, 1148 (4,5%) erano positive, le biopsie eseguite sono state 158 (13,8% dei casi positivi), i tumori 15 (9,5% delle biopsie) e i cancri invasivi 15 (9,5% delle biopsie).


Fonte:

Partridge E et al for the PLCO Project Team. Results From Four Rounds of Ovarian Cancer Screening in a Randomized Trial. Obstetrics & Gynecology 2009 Apr; 113: 775-782



Commento di Renato Rossi

E' ancora fresco di stampa lo studio inglese UKCTOCS [1] e già ne viene pubblicato un altro (il PLCO) che mostra risultati del tutto opposti. Nello studio inglese, su oltre 200.000 donne randomizzate, si è visto che circa la metà dei cancri ovarici diagnosticati tramite lo screening risulta essere in stadio precoce, quando le probabilità di un intervento chirurgico radicale sono maggiori. Nello studio americano, per contro, più del 70% dei casi scoperti con lo screening era in stadio avanzato, quindi con poche possibilità di intervento. Per di più lo studio PLCO mostra che lo screening è gravato da una elevata percentuale di falsi positivi: basti pensare che cancri invasivi sono stati riscontrati solo nel 3,2% delle biopsie eseguite al primo screening. Qualcosa meglio va al quarto anno di screening, quando la percentuale di cancri invasivi sale al 9,5% delle biopsie eseguite, forse per un maggior affinamento degli approfondimenti diagnostici nei casi con test iniziali positivi.
Dati così contrastanti devono poi essere aggiunti al fatto che, per il momento, non sappiamo se lo screening sia in grado di ridurre la mortalità da cancro ovarico. Per questo dovremo aspettare che gli studi in corso siano terminati.
Per il momento è quindi giocoforza concludere che lo screening del cancro ovarico non trova ancora applicazione pratica.


Referenze

http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=4558


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