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Stent medicati con sirolimus vs paclitaxel in pazienti con diabete mellito
Inserito il 04 dicembre 2009 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Rispetto agli stent medicati con paclitaxel, quelli medicati con sirolimus hanno determinato una riduzione della perdita tardiva del lume a livello dello stent, che si può tradurre in un vantaggio clinico in termini di efficacia.

L’arteriopatia coronarica rappresenta la principale causa di morbilità e mortalità nei pazienti con diabete. L’impianto di stent metallici in pazienti diabetici è associato ad un elevato rischio di restenosi dello stent per esagerata iperplasia neointimale, problema che è stato nettamente ridotto con l’introduzione di stent medicati, grazie ai quali è diminuita anche la necessità di rivascolarizzazione ripetuta. In pazienti diabetici, gli stent medicati hanno ridotto anche la rivascolarizzazione della lesione target (TLR) ad un livello simile a quello dei pazienti senza diabete.
I primi RCT di ampie dimensioni (Moses JW et al. N Engl J Med 2003; 349: 1315–23; Stone JW et al. N Engl J Med 2004; 350: 221–31) che hanno confrontato gli stent ad eluizione di sirolimus (Cypher, prodotto da Cordis Corporation, Florida) vs paclitaxel (Taxus, prodotto da Boston Scientific Corporation, Massachusetts) sembravano indicare che in pazienti diabetici gli stent medicati con paclitaxel fossero più efficaci di quelli medicati con sirolimus per quanto riguarda la restenosi, mentre in una metanalisi (Stettler C et al. Heart 2006; 92: 650–7) che utilizzava un metodo comparativo indiretto, gli outcome in pazienti diabetici risultavano simili per i due tipi di stent medicati. Tuttavia, due recenti RCT (Tomai F et al. Diabetes Care 2008; 31: 15–9; Dibra A et al. N Engl J Med 2005; 353: 663–70) hanno confrontato questi due tipi di stent in pazienti diabetici, evidenziando che la riduzione della perdita tardiva del lume era superiore con lo stent medicato con sirolimus.
L’obiettivo dello studio DiabeDES, un trial multicentrico, randomizzato, in aperto era quello di valutare la perdita tardiva del lume a livello dello stent visualizzata angiograficamente dopo impianto di stent medicati con sirolimus vs paclitaxel in pazienti diabetici.

Lo studio è stato condotto in 4 centri danesi tra febbraio 2005 e marzo 2006 su 153 pazienti con diabete mellito e stenosi coronarica significativa visualizzata angiograficamente nelle arterie coronarie native. I pazienti sono stati arruolati nell’ambito del Danish Organization for Randomized Trials With Clinical Outcome (SORT OUT II trial), condotto su 2.098 pazienti (303 con diabete) tra 11.766 (1.343 con diabete) selezionati tra agosto 2004 e gennaio 2006.
I criteri di inclusione comprendevano diabete, angina pectoris e >=1 stenosi significativa visualizzata angiograficamente a livello dell’arteria coronarica nativa con un diametro di riferimento >=2 mm.
I pazienti erano considerati diabetici se ricevevano un trattamento attivo con insulina, un antidiabetico orale o se seguivano una dieta. Sono stati esclusi i pazienti di età <18 anni, con una sopravvivenza attesa <2 anni, una stenosi in un bypass venoso o arterioso o un’allergia nota ad aspirina, clopidogrel, paclitaxel o sirolimus.

I pazienti sono stati pretrattati con una dose da carico di 300 o 600 mg di clopidogrel e aspirina 300 mg. La terapia antitrombotica periprocedurale consisteva nella somministrazione endovenosa di eparina come trattamento di base, mentre gli inibitori della glicoproteina IIb/IIIa sono stati raccomandati, ma somministrati a discrezione dell’operatore.
Dopo l’intervento, la duplice terapia antiaggregante con clopidogrel (75 mg/die) ed aspirina (75 mg/die) è stata continuata, rispettivamente, per 12 mesi e per tutta la vita. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a follow-up angiografico ad 8 mesi o prima se si manifestavano sintomi di angina.
Sono stati analizzati gli angiogrammi al basale, al completamento della procedura di stent e al follow-up ad 8 mesi. Utilizzando l’angiogramma basale, sono stati misurati la lunghezza della lesione, il diametro minimo del lume della lesione (MLD) e il diametro del vaso di riferimento. Tramite gli angiogrammi post-intervento e al follow-up, è stato misurato MLD a livello dello stent e nei segmenti di riferimento (compresi 5 mm prossimali e distali allo stent). La perdita tardiva del lume a livello dello stent è stata calcolata come la MLD dopo l’intervento meno la MLD al follow-up.

L’end point primario era rappresentato dalla perdita tardiva del lume a livello dello stent in un’analisi specifica per il paziente, cioè quando sono state trattate più lesioni, la lesione con la maggiore perdita era rappresentativa del paziente. Tuttavia, sono state analizzate tutte le lesioni.
Gli end point secondari includevano la perdita tardiva del lume a livello dello stent, che comprendeva tutte le lesioni trattate, la restenosi visualizzata angiograficamente (definita come stenosi all’interno del segmento =50% visualizzata angiograficamente al follow-up); necessità di TLR (definita come rivascolarizzazione tramite intervento percutaneo coronarico, PCI o bypass del vaso target durante 8 mesi di follow-up) ed eventi avversi cardiaci maggiori (MACE, definiti come morte cardiaca, infarto del miocardio o TLR durante 8 mesi di follow-up). La trombosi dello stent è stata valutata in modo retrospettivo utilizzando le definizioni dell’Academic Research Consortium.

I 153 pazienti arruolati nello studio sono stati randomizzati a ricevere uno stent medicato con sirolimus o con paclitaxel. Tutti i pazienti sono stati seguiti per 8 mesi. I risultati clinici e angiografici del follow-up erano disponibili, rispettivamente, per 153 e per 130 pazienti. Le caratteristiche cliniche e i fattori di rischio basali erano ben bilanciati nei due gruppi. Il sesso maschile rappresentava l’84% e il 74%, rispettivamente, nel gruppo randomizzato a sirolimus ed a paclitaxel. L’età media era 65 e 66 anni, rispettivamente.
Nel 33% dei pazienti, l’indicazione per PCI era la sindrome coronarica acuta (5% infarto miocardico con innalzamento del tratto ST). Il diabete di tipo 2 è stato classificato nell’85% dei pazienti e il 39% era trattato con insulina.
Nel 42% dei pazienti sono state trattate più lesioni ed è stata utilizzata una media di 1,4 stent per lesione. Nel 71% delle lesioni è stata effettuata una pre-dilatazione e nel 24% una post-dilatazione.
Gli inibitori della glicoproteina IIb/IIIa sono stati utilizzati nel 50% dei pazienti. In 2 casi non è stato possibile impiantare lo stent medicato con paclitaxel.
Prima e dopo l’intervento, nei due gruppi è risultata simile la valutazione quantitativa di MLD, del diametro del vaso di riferimento e della percentuale di stenosi, visualizzati tramite angiografia.

Al follow-up, nel gruppo sottoposto a stent medicato con sirolimus, si evidenziava un trend superiore nella MLD a livello dello stent (p=0,08), mentre l’end point primario (perdita tardiva massima del lume a livello dello stent) risultava statisticamente inferiore (p=0,025), così come uno degli end point secondari, la perdita tardiva del lume a livello dello stent, che comprendeva tutte le lesioni trattate (p=0,002). La restenosi angiografica ad 8 mesi di follow-up era presente in 14 pazienti ed era localizzata a livello della sede dello stent in 12 pazienti ed entro 5-mm dai margini dello stent in 2 pazienti. Tra i due gruppi, non è stata osservata una differenza statisticamente significativa nell’end point secondario, relativo alla restenosi all’interno del segmento, anche se numericamente era superiore nel gruppo con stent medicato con sirolimus.

Per quanto riguarda gli end point clinici, si sono verificati 2 casi di trombosi dello stent (entrambi in pazienti con stent medicato con sirolimus) il giorno del PCI e 7 giorni dopo PCI. Un paziente è deceduto per cancro al pancreas, non riconosciuto al momento del PCI. Altri due pazienti, 1 in ogni gruppo, sono morti improvvisamente (86 giorni e 285 dopo PCI) e in 2 casi la trombosi da stent è stata classificata come possibile. In 3 pazienti del gruppo con stent medicato con paclitaxel si è verificato un infarto del miocardio senza innalzamento del tratto ST, correlato al segmento trattati in 2 pazienti (1 trombosi dello stent, 1 restenosi a livello dello stent), mentre in 1 paziente in un segmento non trattato. Nel gruppo sottoposto a stent medicato con sirolimus, è stata effettuata la TLR in 5 pazienti (6,5%) vs 9 pazienti (11,8%) con paclitaxel; rispettivamente, 4 e 5 di queste procedure sono state effettuate il giorno del follow-up angiografico.

Commento

In questo studio è stato osservato che, rispetto al paclitaxel, lo stent medicato con sirolimus era associato ad una riduzione superiore della perdita tardiva del lume a livello dello stent, senza che siano state evidenziate differenze nell’incidenza di MACE.

L’ipotesi precedentemente supposta (Carter AJ et al. Catheter Cardiovasc Interv 2004; 61: 233–6. Daemen J et al. Eur Heart J 2007; 28: 26–32), ossia che in pazienti diabetici lo stent medicato con paclitaxel potesse essere superiore a quello con sirolimus per quanto riguarda l’inibizione della formazione neointimale, non è stata confermata in questo studio nè in altri (Tomai F et al. Diabetes Care 2008; 31: 15–9. Dibra A et al. N Engl J Med 2005; 353: 663–70. Billinger M et al. Eur Heart J 2008; 29: 718–25) nè in una metanalisi di confronto tra stent medicati con sirolimus e con paclitaxel in pazienti con e senza diabete (Stettler C et al. Heart 2006; 92: 650–7).

La maggiore efficacia dello stent medicato con sirolimus non era associata ad aumento del rischio di eventi avversi clinici. Al contrario, è stato suggerito che la minore perdita tardiva del lume potrebbe ridurre il rischio di trombosi tardiva dello stent, infarto miocardico e morte dopo l’impianto dello stent medicato (Finn AV et al. Arterioscler Thromb Vasc Biol 2007; 27: 1500–10). Di conseguenza, uno stent medicato che esercita la sua azione soprattutto sulla formazione neointimale sarebbe potenzialmente in grado di determinare un rischio maggiore di MACE.

Nè questo studio nè altri erano dotati di potere statistico tale da rilevare gli end point clinici e non è stato indicato un aumento del rischio di eventi avversi associati ad impianto di uno stent che determina una minore perdita tardiva del lume.
Tre ampi RCT che hanno confrontato stent medicati con sirolimus e con paclitaxel (Moses JW et al. N Engl J Med 2003; 349: 1315–23. Stone GW et al. N Engl J Med 2004; 350: 221–31. Galloe AM et al. JAMA 2008; 299: 409–16) non erano stati disegnati nè avevano il potere di rilevare una differenza nella trombosi tardiva dello stent; inoltre, il periodo di follow-up era troppo breve per questo outcome.
Questi studi non hanno riportato differenze nell’insorgenza di MACE.

Le metanalisi di RCT, incluse sotto-analisi di pazienti diabetici, (Stettler C et al. Lancet 2007; 370: 937–48. Schomig A et al. J Am Coll Cardiol 2007; 50:1373–80) e i dati del Western Denmark Heart Registry hanno evidenziato una riduzione di TLR e di trombosi dello stent a seguito dell’impianto di stent medicati con sirolimus vs paclitaxel, mentre non sono state osservate differenze tra i due tipi di stent per quanto riguarda la mortalità e l’incidenza di infarto del miocardio.


In conclusione, in base ai dati attualmente disponibili, rispetto agli stent medicati con paclitaxel, quelli medicati con sirolimus hanno determinato una riduzione della perdita tardiva del lume a livello dello stent, che si può tradurre in un vantaggio clinico in termini di efficacia (riduzione di rivascolarizzazione della lesione target).



Conflitto di interesse

Nessuno riportato.

Dottoressa Alessandra Russo


Riferimento bibliografico

Maeng M et al. Comparison of the sirolimus-eluting versus paclitaxel-eluting coronary stent in patients with diabetes mellitus: The Diabetes and Drug-Eluting Stent (DiabeDES) Randomized Angiography Trial. Am J Cardiol 2009; 103: 345-9.

Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.pharmtox.org/sif/

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