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PCI o by-pass nella coronaropatia grave?
Inserito il 02 marzo 2009 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Nello studio SYNTAX, effettuato in pazienti con coronaropatia grave, la PCI non è riuscita a dimostrare la non inferiorità rispetto al by-pass coronarico per quanto riguarda l'end-point primario.


In questo RCT sono stati arruolati 1800 pazienti affetti da cardiopatia ischemica con interessamento di tre vasi oppure dela coronaria principale sinistra. I partecipanti sono stati randomizzati a PCI (con stent medicato) oppure a by-pass coronarico. L'end-point primario era costituito da morte da ogni causa, infarto, stroke o necessità di rivascolarizzazione nei 12 mesi successivi alla randomizzazione. Per ogni paziente veniva determinato se la rivascolarizzazione poteva essere eseguita con entrambi i metodi. I pazienti che, per ragioni cliniche o anatomiche, potevano essere sottoposti solo ad una delle due metodiche, venivano inseriti in un registro parallelo di PCI o by-pass.
L'end-point primario si manifestò nel 17,8% del gruppo PCI e nel 12,4% del gruppo by-pass (p = 0,002), soprattutto per una minore necessità di rivascolarizzazione (13,5% vs 5,9%). Lo studio era di non inferiorità per cui non si è riusciti a dimostrare la non inferiorità della PCI versus il by-pass.
A 12 mesi la morte e l'infarto miocardico erano simili nei due gruppi, mentre il rischio di stroke era maggiore nel gruppo by-pass (2,2% vs 0,6%; p = 0,003).
Un rischio maggiore di eventi cardiaci e cerebrali si osservò nel gruppo PCI nei pazienti con malattia coronarica più grave, ma non nel gruppo by-pass: l'end-point primario, in questo sottogruppo di pazienti, si ebbe rispettivamente nel 23% e nell'11% dei casi.
Gli autori concludono che il by-pass rimane la terapia di scelta nei pazienti con coronaropatia grave.


Fonte:

Serruys PW et al. for the SYNTAX Investigators. Percutaneous Coronary Intervention versus Coronary-Artery Bypass Grafting for Severe Coronary Artery Disease. N Engl J Med 2009 Mar5; 360:961-972.


Commento di Renato Rossi

In una revisione di 23 trials si è evidenziato che PCI e by-pass sono ugualmente efficaci a lungo termine, ma il by-pass comporta un rischio più elevato di ictus periprocedurale mentre l'angiopastica espone ad un minor controllo dell'angina e ad una più alta percentuale di nuove rivascolarizzazioni [1].
Lo studio SYNTAX conferma, per certi versi, questi dati, anche se il follow-up era limitato a soli 12 mesi. Infatti l'end-point primario si è verificato con minor frequenza nel gruppo by-pass, sostanzialmente per una riduzione degli interventi di rivascolarizzazione, mentre i decessi erano simili nei due gruppi. Dal punto di vista formale le conclusioni degli autori dello studio SYNTAX sono quindi corrette: non è dimostrata la non inferiorità della PCI rispetto al by-pass.
Un editoriale ricorda i punti di forza del trial: rispetto agli studi presenti nella revisione, la PCI è stata effettuata con le migliori tecniche oggi disponibili e con stent medicato; inoltre è stato incluso oltre il 70% dei pazienti inizialmente screenati, mentre negli studi precedenti solo il 10% dei soggetti screenati veniva incluso; infine un team specializzato di cardiologici decideva se il paziente era idoneo solo ad una delle due procedure o ad entrambe. Tuttavia vengono sottolineate anche alcune debolezze: anzitutto la brevità del follow-up, poi il fatto che ben il 78% dei pazienti era di sesso maschile per cui rimane incerto quali sarebbero stati i risultati nelle donne; infine la più alta percentuale di stroke rilevata nel gruppo by-pass potrebbe dipendere dal fatto che i pazienti di questo gruppo erano meno trattati con antiaggreganti, statine e aceinibitori o sartani. In effetti, dopo la dimissione, l'ASA era prescritto ad oltre il 96% del gruppo PCI e all'88,5% del gruppo by-pass; le statine rispettivamente a circa 86% e 74% e gli aceinibitori al 55% e al 44%. Si può, pertanto, ragionevolmente ipotizzare che una terapia medica non ottimale possa render conto del maggior numero di ictus registrato nel gruppo by-pass.
In ogni caso, se è chiaro che l'end-point primario si è verificato in meno soggetti trattati con by-pass, va anche detto che questo dipende essenzialmente da una riduzione degli interventi di rivascolarizzazione, mentre decessi e infarti erano simili e addirittura lo stroke, come s'è appena ricordato, era meno frequente con la PCI. Con tutte le cautele del caso, in quanto l'ictus era un outcome secondario, si può calcolare che si ha uno stroke in più ogni 62 pazienti trattati con by-pass invece che con PCI.
Perciò la questione è meno semplice di quanto potrebbe apparire valutando solo l'end-point primario dello studio. Questo particolare aspetto viene sottolineato in una tavola rotonda, pubblicata contemporaneamente dal New England Journal of Medicine, in cui alcuni esperti dibattono circa le implicazioni pratiche del SYNTAX. E' interessante riportare una breve sintesi di tale dibattito, perchè può aiutare i medici a consigliare al paziente l'intervento preferibile. Il by-pass coronarico rimane sicuramente di prima scelta in presenza di una coronaropatia severa e complessa e questo dovrebbe essere chiaramente esplicitato al paziente, mentre in presenza di lesioni più semplici le due metodiche sembrano equivalenti. Inoltre i pazienti operati di by-pass dovrebbero essere trattati con terapia medica ottimale, come quelli in cui è stata effettuata una PCI. Vanno considerate, comunque, anche le preferenze del paziente. In alcuni casi, pur in presenza di lesioni complesse, il paziente può preferire una PCI (se tecnicamente possibile), accettando il rischio maggiore di nuove rivascolarizzazioni, perchè spaventato dalla sternotomia, dal maggior impegno del by-pass in termini di recupero post-operatorio, oppure per il possibile minor rischio di ictus associato all'angioplastica.
Gli esperti della tavola rotonda criticano la scelta di includere nell'end-point primario gli interventi di rivascolarizzazione, che non sono propriamente un esito "hard" come i decessi, gli infarti o lo stroke e ricordano uno studio in corso (FREEDOM Trial) effettuato in diabetici e sponsorizzato dai NHLBI statunitensi, con follow-up di 4 anni, che paragona PCI e by-pass e che ha come end-point primario la combinazione di decessi, infarti e ictus, mentre le rivascolarizzazioni sono un end-point secondario.
Va ricordato, per ultimo, che in alcuni pazienti, per ragioni di tipo clinico o per l'anatomia delle lesioni, la scelta tra PCI e by-pass è obbligata a favore dell'una o dell'altra procedura. Nel SYNTAX questa tipologia di pazienti rappresentava circa il 40% del totale.


Referenze

1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=3563



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