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Uso a lungo termine di glitazoni aumenta le fratture nelle pazienti diabetiche
Inserito il 16 settembre 2009 da admin. - metabolismo - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Nei pazienti con diabete di tipo 2, l’uso prolungato di glitazoni raddoppia il rischio di fratture nelle donne, senza aumentare in modo statisticamente significativo il rischio di fratture tra gli uomini.

Recenti revisioni sistematiche hanno focalizzato l’attenzione sugli effetti avversi cardiovascolari dei glitazoni (rosiglitazone e pioglitazone). Alla fine del 2006, nell’ambito dello studio ADOPT (A Diabetes Outcome and Progression Trial, Kahn SE et al. N Engl J Med 2006; 355: 2427-43) era già stato sollevato il problema del rischio di fratture associato a rosiglitazone. A questo trial sono seguite alcune "warning letters” da parte delle ditte produttrici di rosiglitazone e di pioglitazone.

Questa metanalisi è stata condotta allo scopo di determinare il rischio relativo e assoluto di fratture associato all’uso a lungo termine di glitazoni in pazienti con diabete di tipo 2, oltre che rivedere criticamente l’effetto di questi farmaci sulla densità minerale ossea a supporto della plausibilità biologica di tale ipotesi.

La ricerca è stata effettuata su MEDLINE, EMBASE e Cochrane Central Registry of Controlled Trials (CENTRAL) fino a giugno 2008. Inoltre, per includere eventuali studi non pubblicati, sono stati esaminati i siti web delle autorità regolatorie, i foglietti illustrativi, i registri dei trial clinici delle ditte produttrici e il Clinical Study Results database. Inoltre, sono state valutate le revisioni sistematiche ed i riferimenti bibliografici degli studi. Infine, per identificare gli articoli più importanti, è stato utilizzato il Web del Science Citation Index.

Sono stati selezionati RCT e studi osservazionali che hanno valutato il rischio di fratture in pazienti con diabete di tipo 2, confrontando i soggetti trattati con glitazoni rispetto ai non esposti.
I criteri di inclusione comprendevano trial a disegno parallelo condotti su qualsiasi glitazone (rosiglitazone, pioglitazone o troglitazone) della durata di almeno 1 anno e su soggetti con ridotta tolleranza al glucosio o diabete di tipo 2 conclamato; studi che utilizzavano, come controllo, placebo oppure una terapia per via orale con un comparatore attivo; i gruppi di trattamento differivano soltanto nell’uso di glitazoni; studi che riportavano chiaramente gli outcome relativi alle fratture.
Per quanto riguarda l’outcome secondario sugli effetti dei glitazoni sulla densità minerale ossea, sono stati selezionati RCT e studi osservazionali, di qualsiasi durata, che confrontavano le modifiche della densità minerale ossea in pazienti con o senza esposizione a glitazoni.

Sono stati inclusi 10 RCT (n=13.715), in doppio cieco, della durata da 1 a 4 anni, in cui i partecipanti avevano una ridotta tolleranza al glucosio o diabete di tipo 2 conclamato. In 5 trial, i dati sulle fratture erano disponibili in base al sesso e i soggetti trattati erano simili ai controlli per quanto riguarda l’origine etnica, la durata della malattia, i valori di emoglobina glicosilata e l’indice di massa corporea.
Nei 10 RCT, rispetto ai controlli, i glitazoni sono stati associati ad un aumento statisticamente significativo del rischio di fratture totali (OR 1,45; 95% CI 1,18–1,79; p<0,001). In 5 RCT, rispetto ai controlli, è stato osservato un aumento statisticamente significativo del rischio di fratture tra le donne (OR 2,23; 1,65–3,01; p<0,001) ma non tra gli uomini (OR 1; 0,73–1,39; p=0,98).

I 2 studi osservazionali inclusi nella metanalisi hanno evidenziato un aumento del rischio di fratture associato all’uso dei glitazoni. Lo studio caso-controllo (Meier C et al. Arch Intern Med 2008; 168: 820-5) ha mostrato un’associazione statisticamente significativa fra esposizione a glitazoni (utilizzatori correnti con >8 prescrizioni) e fratture nelle donne (OR 2,56; 1,43–4,58). Nello studio di coorte (Fracture diagnoses in patients receiving monotherapy with antidiabetic agents, including hand and foot fractures [study no WEUSRTP2181]. Brentford (UK): GlaxoSmithKline; 2008. Available: http://ctr.gsk.co.uk/Summary/rosiglitazone/studylist.asp), nelle donne il rosiglitazone è risultato associato in modo statisticamente significativo a fratture rispetto al trattamento con metformina (1,38; 1,03–1,82), mentre non è stato osservato un aumento del rischio di fratture confrontando il rosiglitazone con una sulfonilurea (OR 0,89; 0,69–1,14). In nessuno dei due studi è stata osservata un’associazione statisticamente significativa tra esposizioni a glitazoni e fratture negli uomini.

Per quanto riguarda le modifiche della densità minerale ossea, sono stati identificati 2 RCT (Grey A et al. J Clin Endocrinol Metab 2007; 92: 1305-10; Glintborg D et al. J Clin Endocrinol Metab 2008; 93: 1696-701) e 2 studi osservazionali (Yaturu S et al. Diabetes Care 2007; 30: 1574-6; Schwartz AV et al. J Clin Endocrinol Metab 2006; 91: 3349-5). Tutti e 4 gli studi hanno evidenziato che, rispetto ai controlli, i glitazoni erano associati ad una notevole riduzione della densità minerale ossea. Nei 2 RCT, nelle donne esposte a glitazoni, la densità minerale ossea è risultata ridotta in misura statisticamente significativa a livello della colonna lombare (differenza media pesata –1,11%; da –2,08% a –0,14%; p=0,02) e dell’anca (–1,24%, da –2,34% a –0,67%; p<0,001). Anche uno dei due studi osservazionali ha evidenziato risultati simili a livello della colonna lombare (differenza media pesata –1,36%; da –2,05% a –0,67%; p=0,001) e dell’anca (–1,24%, da –1,78% a –0,70%; p<0,001) nelle pazienti trattate con glitazoni, rispetto ai controlli.

La metanalisi evidenzia un aumento del rischio di fratture associato all’uso dei glitazoni; inoltre la densità minerale ossea è risultata notevolmente modificata a livello della colonna lombare e dell’anca.
Un’analisi post-hoc dello studio ADOPT (Kahn SE et al; ADOPT Study Group. Diabetes Care 2008; 31: 845-51) non ha evidenziato una chiara correlazione con l’origine etnica, l’ipoglicemia, l’aumento di peso o l’età. Tuttavia, sembra che questi farmaci possano determinare fratture aumentando l’adiposità del midollo osseo, riducendo l’attività degli osteoblasti o l’attività dell’aromatasi, che altera la produzione di estrogeni e aumenta il riassorbimento osseo. Inoltre, i glitazoni esercitano un effetto negativo sui marker di formazione ossea, come la fosfatasi alcalina e l’ormone paratiroideo.
La predominanza delle fratture a livello degli arti superiori e inferiori distali, rispetto all’anca, può essere attribuita all’età delle pazienti (età media 56 anni nello studio ADOPT). In uno dei due studi osservazionali (Sanders KM et al. Osteoporos Int 1999; 10: 240-7), nelle pazienti di età 55-64 anni, le fratture erano più frequenti a livello degli arti superiori e inferiori distali, mentre la maggior parte delle fratture dell’anca si è verificata nelle donne >75 anni.
Tuttavia, lo studio caso-controllo (Meier C et al. Arch Intern Med 2008; 168: 820-5) condotto prevalentemente su donne anziane (60% >60 anni) ha evidenziato che le fratture dell’anca e del femore erano associate in modo statisticamente significativo a terapia con glitazoni (OR 4,54; 1,28–16,10).

La metanalisi presenta diversi limiti, soprattutto correlati all’esiguità dei dati riportati. Nessuno dei trial inclusi era stato disegnato con l’obiettivo di misurare in modo prospettico il rischio di fratture. Nonostante ciò, l’incidenza di fratture nei gruppi di controllo era compatibile con quella riscontrata negli studi epidemiologici su larga scala. I dati disponibili non erano sufficienti a stabilire se il rischio variava in funzione di un particolare farmaco e delle diverse sedi della frattura. Dalla metanalisi, inoltre, sono stati esclusi 17 trial della durata di >12 mesi, in quanto non riportavano l’incidenza di fratture. Ciò potrebbe alterare la precisione della valutazione del rischio e degli intervalli di confidenza.
Inoltre, gli unici dati disponibili dagli RCT relativi alla riduzione della densità minerale ossea si riferivano a donne sane e a pazienti con sindrome dell’ovaio policistico, piuttosto che con diabete di tipo 2. Tuttavia, è probabile che le donne diabetiche abbiano un rischio simile come evidenziato negli studi osservazionali.


La metanalisi evidenzia che, nei pazienti con diabete di tipo 2, l’uso prolungato di glitazoni raddoppia il rischio di fratture nelle donne, senza aumentare in modo statisticamente significativo il rischio di fratture tra gli uomini.


Commento

L’editoriale di accompagnamento allo studio ha focalizzato l’attenzione sul dibattito relativo ai rischi e ai benefici dell’uso di glitazoni. L’autorizzazione alla commercializzazione di questi farmaci è attribuibile alla loro capacità di migliorare il controllo della glicemia, senza determinare ipoglicemia, ma anche alla riduzione della resistenza all’insulina. Tale effetto faceva ben sperare che questi farmaci potessero ridurre il rischio cardiovascolare. Tuttavia, poco dopo l’introduzione in commercio, sono emerse preoccupazioni relative alla loro sicurezza nella terapia a lungo termine. Il troglitazone, il primo della famiglia dei glitazoni ad essere introdotto in commercio, fu ritirato a causa della sua epatotossicità; il rosiglitazone e il pioglitazone, pur essendo meno epatotossici, sono stati associati ad aumento di peso, edema ed aumento del rischio di insufficienza cardiaca.
Una metanalisi pubblicata nel 2007 (Nissen SE, Wolski K. N Engl J Med 2007; 356: 2457-71), condotta su 42 RCT, ha suggerito una correlazione tra rosiglitazone ed aumento del rischio di infarto del miocardio e morte cardiovascolare. Altre due metanalisi (Singh S et al. JAMA 2007; 298: 1189-95; United States Food and Drug Administration. FDA briefing document: joint meeting of the Endocrinologic and Metabolic Drug Advisory Committee and the Drug Safety and Risk Management Committee) e un ampio studio osservazionale (Lipscombe LL et al. JAMA 2007; 298: 2634-43) hanno riportato risultati simili. Per tale motivo, l’FDA ha aggiunto un “black-box warning” nel foglietto illustrativo, mentre in Canada sono state disposte nuove restrizioni all’uso di glitazoni.
Inoltre, recenti evidenze suggeriscono anche un possibile aumento del rischio di fratture. La metanalisi qui riportata, su 10 RCT della durata di >12 mesi condotti su >13.000 pazienti, ha evidenziato un aumento del 45% delle fratture e una riduzione significativa della densità minerale ossea.
Poichè è difficile rilevare effetti avversi inattesi, soprattutto se si tratta di eventi rari, la mancata osservazione di un aumento del rischio negli uomini, così come per quanto attiene alle fratture dell’anca, potrebbe essere associato ad un potere statistico insufficiente.
Inoltre, poichè i pazienti inclusi nei trial di solito hanno uno stato di salute migliore rispetto ai pazienti osservati in ambito clinico, i partecipanti ai trial potevano avere un rischio di base inferiore di sviluppare eventi avversi.

Tuttavia, il quesito è se i benefici associati a questi farmaci superano i rischi. Pur migliorando la glicemia in pazienti con diabete mellito non controllato, esiste la possibilità di un aumento del rischio cardiovascolare e di fratture. Pertanto, poichè esistono alternative terapeutiche, con minori effetti avversi, di certo i glitazoni non possono essere considerati come farmaci di prima scelta.

Conflitto di interesse

Uno degli autori della metanalisi ha dichiarato di aver ricevuto un finanziamento dalla GlaxoSmithKline.

Alessandra Russo

Riferimenti bibliografici

1) Loke YK et al. Long-term use of thiazolidinediones and fractures in type 2 diabetes: a meta-analysis. CMAJ 2009; 180: 32-9.

2) Lorraine L, Lipscombe MD. Thiazolidinediones: Do harms outweigh benefits? CMAJ 2009; 180: 16-7.

vedi anche:

http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=3542
http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=3698
http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=4008

Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/


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