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I pazienti non urgenti vanno per scelta al PS
Inserito il 19 gennaio 2009 da admin. - professione - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

I pazienti non urgenti si rivolgono al Pronto Soccorso in massima parte per scelta consapevole.

Quali sono i motivi per cui pazienti non urgenti (codici bianchi) si presentano spontaneamente in Pronto Soccorso?

Dedicare loro un ambulatorio gestito da Medici di Medicina Generale (MMG) è una buona scelta organizzativa?


Rispondere a queste domande è lo scopo di uno studio, recentemente pubblicato su "Emergency Care Journal", svoltosi da giugno 2007 a febbraio 2008 presso l'Ospedale Umberto I di Mestre-Venezia, che ha un bacino d'utenza di circa 200.000 abitanti ed al cui Pronto Soccorso è stato affiancato un "Ambulatorio Codici Bianchi".

Il metodo scelto per l' indagine motivazionale è consistito nella somministrazione di due questionari. Le risposte al primo questionario, sono state utilizzate come base per prepararne un secondo, di approfondimento.

L'attività dell'ambulatorio codici bianchi è stata valutata in base agli indicatori di gestione abitualmente utilizzati per i Pronto Soccorso.

I risultati del primo questionario dimostravano, che solo il 4,5% dei pazienti giudicati non urgenti al triage era stato inviato in Pronto Soccorso da un Medico. Si trattava, per lo più, di presentazioni, dunque in massima parte spontanee ed in prima battuta, giacché solo il 6,8% era rimasto insoddisfatto da un primo parere chiesto al curante.

L'incongruenza fra l'orario di ambulatorio del curante e l'insorgenza del problema, giustificava solo il 5.6% degli accessi. Il 13,2% ha dichiarato di non avere il MMG. La risposta prevalente era che il MMG non era stato cercato: 64,2%.

Col secondo questionario si è cercato di capire perchè i pazienti non cercavano o non avevano il MMG.

Il 74,6% dei pazienti ha risposto di non essersi rivolta al Medico di famiglia perchè "l'attuale problema richiede valutazione in PS"; l' 8,7% perché già in precedenza inviato in PS dal curante per un problema analogo; il 16,7% perchè il problema si era presentato all'infuori degli orari di servizio del suo medico.

I pazienti privi di MMG si dividevano tra i non aventi diritto ed i fuori sede.

La gestione dell'Ambulatorio Codici Bianchi da parte dei MMG è risultata soddisfacente per quanto riguarda tempi di attesa, percentuale di abbandono dei pazienti senza essere stati visitati, dimissioni improprie, mentre decisamente eelevato è stato il ricorso alla visita specialistica urgente: 49%.

L'inappropriatezza d'invio all'Ambulatorio Codici Bianchi è stata minima: il numero dei pazienti ricoverati o reinviati in Pronto Soccorso per trattamento urgente è stato inferiore all' 1%.

Le conclusioni degli Autori sono che i pazienti non urgenti si rivolgono al Pronto Soccorso in massima parte per scelta consapevole e che l'Ambulatorio Codici Bianchi gestito dai MMG può essere un corretivo efficace, ma che sono necessari percorsi formativi e protocolli condivisi fra professionisti che operano nel territorio ed in ambito ospedaliero.


Fonte

Rocco S, Fusello M Il paziente non urgente (codice bianco) e il Pronto Soccorso Emergency Care Journal, anno IV numero VI, Dicembre 2008 http://www.ecj.it

Commento di Stefano Alice

Tanti cittadini preferiscono andare in Pronto Soccorso anche per problemi banali. Probabilmente perchè nessun problema di salute, per quanto apparentemente insignificante, appare tale quando tocca personalmente o riguarda un familiare o un amico. Quanto su questa scelta influisca il desiderio di venir sottoposti, sempre e comunque, ad esami strumentali e laboratoristici o la disaffezione nei confronti del Medico di Medicina Generale, lo studio non lo ha indagato.

Ma di scelta si tratta, non di ripiego. La difficoltà a reperire il Medico di famiglia od accedere al suo studio c'entra poco o niente. In base a questo studio è quindi improbabile che possa avere un buon rapporto costo-efficacia una strategia basata sul miglioramento dell'accessibilità agli ambulatori dei Medici di Medicina Generale. A poco servirebbero un aumento dell'orario di apertura giornaliera degli studi, turnazioni nei fine settimana e nelle festività, una più ampia disponibilità dei Medici di Medicina Generale mediante telefono cellulare.

Ci si potrebbe chiedere, allora, perchè non assecondare la scelta dei cittadini? Il punto è che non occorrono approfondite conoscenze di management sanitario per sapere, che quella di potenziare il personale medico del Pronto Soccorso è una soluzione assai onerosa finanziariamente, che esita in cure spesso inappropriate, e che, soprattutto, è inefficace, perchè dopo breve tempo le code si riformano e nei corridoi ricompaiono le barelle. Piuttosto va considerato che gli Ospedali in generale e i Pronto Soccorso in particolare, vivono di flussi. Bisogna saperli prevedere e rispondere con flessibilità, caricandosi il meno possibile di costi fissi.
Questo studio supporta la scelta di affrontare il problema del sovraffollamento, destinando un'area, separata dal Pronto Soccorso, ad ambulatorio e di farlo gestire non da personale ospedaliero, ma da sanitari abitualmente operanti nel cosiddetto territorio, i Medici di famiglia. Ci sembra però che la positività del giudizio su questo modello organizzativo sia ridimensionata dall'alto numero delle visite specialistiche urgenti, che sono state richieste, soprattutto a fronte del fatto che si trattava effettivamente di casi non urgenti, visto il bassissimo numero di pazienti per i quali si sia reso necessario il ricovero o il rinvio in PS.

Occorre ricordare che esiste ed è in uso in Italia, un altro modello di Ambulatorio dei Codici Bianchi, che prevede vi lavorino medici ospedalieri, inquadrati nell'U.O di Medicina d'urgenza e Pronto Soccorso e ne fa la porta d'accesso ai cosiddetti "Percorsi Diagnostici Brevi" i Fast Tracks degli Autori anglosassoni. Un modello non privo di contradditorietà, perchè rendendo di fatto più accessibile l'Ospedale, non se ne scoraggia l'uso improprio da parte dei pazienti.

Commento di Luca Puccetti

Che il ricorso al Pronto Soccorso anche in casi non gravi od urgenti non sia una necessità, ma una scelta era ben chiaro da tempo. Esiste una parte di popolazione che è stata per anni abituata a chiedere di più, ad ottenere di più, indotta a ritenere che tutto abbia una soluzione, che la tecnologia consenta di poter risolvere ogni problema, che l'organizzazione, la presenza di medici specialisti, di sofisticate apparecchiature, di costosi esami di laboratorio possano consentire di ottenere una soluzione migliore ai propri problemi di salute, veri o presunti tali.

Certamente una parte degli accessi impropri è dovuta a cause strumentali ed opportunistiche, come l'ottenere subito una prestazione che le liste di attesa avrebbero dilazionato nel tempo.

Ma non ci pare che questo rappresenti il punto centrale. Risultano certamente assai più significative le motivazioni sociali ed antropologico-culturali e non quelle banalmente strumentali od opportunistiche.

La soluzione da alcuni prospettata di voler aumentare l'offerta territoriale di cure, è destituita ad aumentare il ricorso alle strutture territoriali da parte di coloro che già adesso ne fanno un uso e spesso un abuso.

Al di là di provvedimenti dissuasivi quali, ad esempio, l'introduzione di ticket non discrezionali, ossia automaticamente applicati, che rischiano di incrementare le difficoltà di accesso alle frange marginali, il problema è dunque prevalentemente di tipo culturale. La risposta non può pertanto che essere trovata sullo stesso piano e potrebbe divenire efficace solo se si potessero eliminare tutte le spinte pseudoinformative, proconsumistiche di cui è permeta la nostra società. Nell'attuale sistema questa ipotesi appare difficilmente attuabile, escluse alcune aree con particolari motivazioni storiche e socio-ciulturali. Ecco che si sono sempre rivelati poco fruttuosi i vari tentativi di limitare il cosiddetto ricorso improprio al Pronto soccorso, a meno di intraprendere una sorta di ricondizionamento "educativo" della cittadinanza o di applicare tariffe realmente scoraggianti l'accesso, con l'effetto di indurre una selezione sulla base del censo e discriminare alcuni soggetti già ai margini della società.

Nello studio in questione l'alto numero di visite specialistiche è stato verosimilmente anche conseguenza delle richieste degli stessi pazienti, che avevano voluto recarsi al Pronto Soccorso forse proprio per questo motivo ed anche per il timore di accuse di malpractice in un contesto in cui sarebbe stato difficile per il medico di medicina generale giustificare di fronte al giudice la mancata concessione di consulenza specialistica in casi con esito infelice o comunque ritenuto non soddisfacente per il paziente.

Inoltre, come sottolineato dagli stessi autori, esiste un' enorme differenza tra l'atteggiamento cui è abituato il medico di medicina generale e quello del medico ospedaliero. Per certi versi al generalista in tali circostanze viene meno la risorsa più grande cui è abituato, ossia la conoscenza personale e non solo clinica del paziente.

D'altro canto può venire in aiuto del generalista l'atteggiamento olistico-empatico che gli è consono, l'abitudine ad intraprendere un percorso di cura non solo tecnico, ma anche basato sul rapporto umano, scevro da rigidi archetipi istituzionali e di ruolo.

Appare dunque assai difficile addivenire a protocolli condivisi tra medici generalisti ed ospedalieri nel setting dell'ambulatorio codici bianchi, proprio perché è assai diversa la matrice culturale delle due figure professionali e parimenti assai differenti sono i comportamenti diagnostico-terapeutici.

Probabilmente se venissero definiti tali protocolli, sarebbe quasi obbligatorio ricondurre l' ambulatorio codici bianchi a qualcosa di molto simile ad un normale pronto soccorso, per di più gestito da personale non specificamente formato allo scopo. Si perderebbe insomma la peculiarità dell'intervento, anche se, probabilmente, potrebbe aumentare l'omogeneità dei comportamenti e limitarsi il ricorso alle consulenze specialistiche,

Comunque se l'ambulatorio codici bianchi fosse inserito nella struttura del PS si perderebbe quell'effetto di rimarcare una diversità rispetto al Pronto Soccorso medesimo, diversità che vuolsi far assurgere anche a valenza "educativa" della popolazione, insomma al paziente sembrerebbe di andare comunque "all'Ospedale."

Un progetto interessante è stato applicato a Modena da parte di alcune cooperative di medici di medicina generale. Su base distrettuale nei giorni festivi e prefestivi è stato mantenuto aperto un ambulatorio presso il quale earno presenti medici di medicina generale o loro sostituti "formati", personale d'ufficio ed infermieristico. I pazienti talora, a seconda dei distretti, potevano accedere liberamente, mentre in altri distretti solo previo invio da parte del medico di continuità assistenziale, essendo stata predisposta all'uopo una scheda sanitaria informatica da condividere tra il medico della continuità assistenziale e quello dell'ambulatorio codici bianchi.

Tra i propositi del progetto, oltre al solito contenimento degli accessi al Pronto Soccorso, curiosamente definito "Struttura di Secondo livello" quando nell'universal sentire è considerato il primo punto di accesso, quello più interessante appare proprio quello di voler "educare" la popolazione a riconoscere nella "Rete Integrata della Medicina Generale" un'adeguata risposta ai propri bisogni di salute. Per evitare utilizzi "opportunistici" non sono previste prescrizioni di indagini strumentali e la prescrizione di farmaci è limitata a quelli "salvavita". Al progetto hanno partcipato 250 su 344 medici di medicina generale potenzialmente coinvolgibili.

Su 400000 cittadini residenti nel bacino del progetto nell'anno 2007 si sono avuti 16615 accessi all'ambulatorio codici bianchi. (1)

Riferimento bibliografico

N. Borrelli: Ambulatori della continuità assistenziale dei festivi-prefestivi organizzati dalle cooperative dei medici di medicina generale della provincia di Modena. Prima Coinferenza Nazionale sulle cure primarie Bologna 2008.

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