vai alla home introduttiva di Pillole.org
 
  Pillole 
   
 
Iscritti
Utenti: 2315
Ultimo iscritto: longhi
Iscritti | ISCRIVITI
 
Inutile l'aspirina in prevenzione primaria nel diabete: lo studio JPAD
Inserito il 25 agosto 2009 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Lo studio JPAD non ha evidenziato differenze tra i diabetici che assumevano l'aspirina e cil gruppo di controllo in relazione al tasso di eventi cardiovascolari.

Background

Numerose società scientifiche, tra cui l’American Diabetes Association, raccomandano, con diversa forza, ad usare l’aspirina in prevenzione primaria nei pazienti con diabete mellito. Tale condizione viene infatti ritenuta una sorta di equivalente di un evento equivalente coronarico gravata pertanto da un rischio rischio di complicanze vascolari simile a quello di un infarto del miocardio.

La raccomandazione dell'uso dell'ASA nei diabetici è stata formulata pur in assenza di trial clinici randomizzati specificamente disegnati a questo scopo, estrapolando a questa condizione clinica il beneficio documentato nel trattamento e nella prevenzione secondaria della cardiopatia ischemica.

Per cercare di colmare la mancanza di evidenze a riguardo, una serie di studi sono stati iniziati e tra questi, il JPAD e il POPADAD sono stati completati e pubblicati di recente, mentre ASCEND e ACCEPT-D sono tuttora in corso.

In Giappone non è consentito effettuare studi di confronto con il placebo, pertanto al fine di verificare se un trattamento con aspirina fosse in grado di ridurre gli eventi cardiovascolari in una popolazione di diabetici ben compensati è stato effettuato lo studio Japanese Primary Prevention of Atherosclerosis with Aspirin for Diabetes” (JPAD) che ha arruolato 2.539 pazienti con diabete di tipo 2, di età compresa tra 30 e 85 anni e senza una storia clinica di complicanze aterosclerotiche, li ha randomizzati in aperto a ricevere aspirina (81 o 100 mg una volta al giorno) oppure no e li ha seguiti per circa quattro anni e mezzo.

L’end-point primario era rappresentato da una lunga lista di “eventi aterosclerotici” che comprendeva sia end-point “hard” (eventi coronarici e cerebrovascolari, fatali e non fatali) e “soft” (angina instabile, attacchi ischemici transitori, nuova diagnosi di angina da sforzo e vasculopatia periferica).

Sulla base di precedenti studi sulle complicanze vascolari dei diabetici giapponesi, gli autori dello studio JPAD avevano stimato un’incidenza annuale di eventi di 52 per 1.000 nel gruppo di controllo. L’altra ipotesi formulata ai fini del calcolo della dimensione del campione prevedeva una riduzione relativa del rischio di eventi aterosclerotici del 30% da parte dell’aspirina. Con queste stime, un campione di 2.450 pazienti seguiti per 3 anni avrebbe fornito allo studio un potere statistico del 95%.

L’età media dei pazienti arruolati nello studio JPAD era di 65 anni, con il 55% di genere maschile. Il diabete era ben controllato (emoglobina glicata intorno al 7%), così come la pressione (135/76 mmHg). Soltanto un quarto dei pazienti era in trattamento con statine, nonostante una percentuale di dislipidemici superiore al 50%.

Al termine del follow-up, si erano verificati 154 eventi aterosclerotici, 86 nel gruppo di controllo e 68 nel gruppo aspirina: HR, 0,80 (95% CI, 0,85-1,10; P=0,16). La mortalità coronarica e cerebrovascolare risultava significativamente diminuita dall’aspirina, ma la mortalità totale era sostanzialmente analoga nei due gruppi.

L’analisi per sotto-gruppi suggeriva un beneficio dell’aspirina nei pazienti di età eguale o superiore a 65 anni, ma un test formale di interazione con l’età non forniva risultati statisticamente significativi. I pazienti trattati con aspirina avevano più eventi emorragici (sia gastro-intestinali che retinici) dei controlli, ma lo stesso numero di ictus emorragici (6 e 7, rispettivamente).

L’altro trial dell’aspirina pubblicato poche settimane prima, “The Prevention of Progression of Arterial Disease and Diabetes” , evidenzia una stima del rischio relativo di 0,98 (95% CI, 0,76-1,26) con tutti i limiti di uno studio di 1.276 pazienti seguiti per circa 7 anni.


Referenze

1) JAMA 2008;300:2134-41

2) BMJ 2008;337:1030-6

Commento

Gli studi recensiti non dimostrano l'utilità dell'ASA in prevenzione primaria nei diabetici. Molto interessante il commento che il Professor C. Patrono ha fatto sul portale della Società italiana di farmacologia ( http://www.sifweb.org/ricerca/sif_trial_clinico_dic08.php ).

Il professor Patrono ricorda che le evidenze sono assai scarse per quanto concerne l'utilità dell'ASA in prevenzione primaria nei pazienti diabetici.

Lo studio JPAD è uno studio assai debole in quanto ha arruolato soggetti a basso rischio, dato che gli eventi registrati sono stati un terzo di quelli attesi. Questo è avvenuto nonostante la consolidata cattiva abitudine di considerare assieme eventi "forti" come Infarto ed ictus, ad eventi che rappresentano un' estrinsecazione della progressione della malattia aterosclerotica di base. Questo assunto, effettuato al fine di aumentare la frequenza degli eventi e ridurre il campione necessario, presuppone che i meccanismi alla base della progressione dell’aterosclerosi siano gli stessi di quelli che stanno alla base delle sue complicanze trombotiche e, in quanto tali, siano suscettibili della stessa "modulazione" farmacologia con aspirina, ma una tale presunzione è tutt'altro che dimostrata (Davì & Patrono, New Engl J Med 2007; 357:2482-94).

Anche la riduzione del rischio relativo è stata inferiore a quella attesa (20% vs 30%). Pertanto lo studio, oltre che in aperto, con tutti i limiti di un tale modello è anche stato disegnato su presupposti rivelatisi erronei.

L'evidenza complessiva ad oggi disponibile ci dice che nei sei trial clinici di prevenzione primaria con aspirina realizzati finora, su circa 95.000 persone, ci sono poco più di 4.000 persone con diabete mellito. I risultati di un’analisi per sotto-gruppi, basata sui dati individuali, sono inconclusivi a causa della notevole incertezza statistica della stima del rischio relativo nel sotto-gruppo dei soggetti diabetici.

È farmacologicamente plausibile che l’aspirina sia meno efficace nei soggetti con diabete mellito? Il Professor Patrono propende per questa tesi per due motivi.

L’aumento del tono di perossidazione che accompagna le alterazioni metaboliche del diabete potrebbe rendere la COX-1 piastrinica meno suscettibile all’acetilazione da parte di basse dosi di aspirina, come suggerito dagli studi recenti di John Oates (Bala et al, Biochem Pharmacol 2008;75:1472-81).

Inoltre, un accelerato turn-over piastrinico in una frazione della popolazione diabetica potrebbe consentire un parziale recupero dell’attività ciclo-ossigenasica durante l’intervallo posologico di 24 ore, e diluire l’effetto cardioprotettivo al di sotto di una soglia di misurabilità in trial clinici di dimensioni inadeguate.

Due trial clinici dell’aspirina nel diabete sono tuttora in corso: “A Study of Cardiovascolar Events in Diabetes” (ASCEND) e “Aspirin and Simvastatin Combination for Cardiovascular Events Prevention Trial in Diabetes” (ACCEPT-D). Questi studi dovrebbero reclutare oltre 15.000 pazienti e fornire un’evidenza più robusta, in un senso o nell’altro, circa l’efficacia e la sicurezza dell’aspirina nel diabete.

In attesa dei risultati di ASCEND e ACCEPT-D, la prescrizione di aspirina per la prevenzione primaria di eventi coronarici nei pazienti con diabete mellito rappresenta dunque un'estrapolazione compiuta in assenza di dati circa il reale bilancio rischio/beneficio, e pertanto questa incertezza deve essere chiarita ai pazienti.

Letto : 2995 | Torna indietro | Stampa la Pillola | Stampa la Pillola in pdf | Converti in XML
 
© Pillole.org 2004-2024 | Disclaimer | Reg. T. Roma n. 2/06 del 25/01/06 | Dir. resp. D. Zamperini
A  A  A  | Contatti | Realizzato con ASP-Nuke 2.0.7 | Versione stampabile Versione stampabile | Informa un amico | prendi i feed e podcasting di Pillole.org
ore 06:29 | 100329698 accessi| utenti in linea: 18480