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Le due facce dello scompenso cardiaco
Inserito il 08 agosto 2009 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Nello studio OPTIMIZE-HF sono state confrontate le caratteristiche cliniche e la risposta ai farmaci dei due tipi di scompenso cardiaco.


Lo scompenso cardiaco, com' è ormai noto, può presentarsi con due quadri ecocardiografici diversi: il primo, con frazione di eiezione (FE) ridotta, è conosciuto con il nome di scompenso da disfunzione sistolica, l'altro, con frazione di eiezione conservata, è noto anche come scompenso da disfunzione diastolica. Lo studio OPTIMIZE-HF (Organized Program to Initiate Lifesaving Treatment in Hospitalized Patients with Heart Failure) ha indagato quali sono le principali differenze tra di due tipi, esaminando i dati di un registro di pazienti ricoverati per scompenso cardiaco di nuova diagnosi oppure per peggiormento di scompenso cardiaco pre-esistente[1]. Si tratta di uno studio osservazionale, tuttavia il registro conteneva i dati di oltre 41.000 pazienti.

Differenze cliniche
Si sono evidenziate poche differenze per quanto riguarda la presentazione clinica, il trattamento prescritto e gli esiti, tra i due tipi di scompenso, qualsiasi fosse la defizione di scompenso diastolico usata (FE > 40% oppure FE > 50%). Dai dati dello studio si ricava che il 51,2% di tutti i pazienti ricoverati aveva una FE > 40%. Questa forma colpisce più frequentemente le donne, gli anziani ed è più spesso associata ad ipertensione.
La mortalità intraospedaliera risultava essere del 3,9% nello scompenso sistolico e del 2,9% nella forma diastolica. La mortalità dopo la dimissione, entro 60-90 giorni, era rispettivamente del 9,8% e del 9,5%; la mortalità dopo la dimissione e/o un nuovo ricovero (sempre entro 60-90 giorni) erano il 36,1% e il 35,3%.

La diversa risposta ai farmaci
La terapia che viene prescritta nello scompenso diastolico in genere non differisce da quella dello scompenso sistolico, anche perchè pochi sono gli RCT effettuati nelle forme con FE conservata e i risultati di questi studi sono stati in genere abbastanza deludenti [2]. Non è quindi sulla base del quadro ecocardiografico e dei valori della FE che i medici basano le loro decisioni terapeutiche.
E' interessante esaminare quali sono stati gli effetti dei vari farmaci sugli outcomes a 60-90 giorni. L'uso di aceinibitori o di sartani (rispetto al non uso) era associato ad una riduzione della mortalità nello scompenso sistolico (HR 0,515; 0,339-0,781), mentre non lo era nello scompenso diastolico (HR 0,692-1,196). Anche l'uso dei betabloccanti era associato ad una riduzione della mortalità nei pazienti con scompenso sistolico (HR 0,727; 0,550-0,960), ma non nei pazienti con scompenso diastolico (HR 0,923; 0,723-1,179).

Conclusioni
Anche lo studio OPTIMIZE-HF dimostra che la prognosi dello scompenso diastolico non è affatto benigna, come si pensava in passato. Anzi i dati suggeriscono che da questo punto di vista non vi sono molte differenze fra le due forme di insufficienza cardiaca. Inoltre vengono confermati i risultati dei pochi RCT disponibili (CHARM, I-PRESERVE): non disponiamo, per il momento, di farmaci con evidenze di efficacia.


Renato Rossi


Referenze

1. Fonarow GC et al. Characteristics, treatments, and outcomes of patients with preserved systolic function hospitalized for heart failure. A report from the OPTIMIZE-HF registry. J Am Coll Cardiol 2007; 50:768–777.
2. http://www.pillole.org/public/aspnuke/newsall.asp?id=4371



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