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Betabloccanti nel perioperatorio per la prevenzione cardiovascolare
Inserito il 22 luglio 2009 da admin. - chirurgia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Nei pazienti che devono subire un intervento chirurgico non cardiaco i beta-bloccanti sembrano aumentare il rischio di stroke e di mortalità per tutte le cause, pur riducendo il rischio di infarto del miocardio non-fatale.

Le linee guida dell’American College Cardiology e dell’American Heart Association raccomandano l’impiego pre-operatorio di beta-bloccanti nella chirurgia non cardiaca. Tuttavia i risultati di alcuni trial clinici non sembrano sostenere questa raccomandazione.

Questa metanalisi è stata disegnata con l’obiettivo di produrre una revisione critica delle evidenze disponibili per accertare l’uso della terapia perioperatoria con beta-bloccanti nei pazienti sottoposti ad un intervento chirurgico non-cardiaco.

La metanalisi ha incluso studi clinici pubblicati tra gennaio 1966 e maggio 2008, senza restrizioni di lingua, identificati mediante le banche dati PUBMED, EMBASE e Cochrane Library. Sono stati selezionati studi randomizzati e controllati che confrontavano il trattamento con beta-bloccanti (assunti per via endovenosa o orale) con un trattamento di controllo (altri farmaci, placebo o non trattamento), somministrati nel periodo perioperatorio in pazienti affetti o meno da patologie cardiovascolari, sottoposti a chirurgia non cardiaca nei quali fosse possibile valutare esiti di sicurezza ed efficacia al giorno 30 dall’intervento.

Gli esiti di efficacia comprendevano mortalità per tutte le cause, mortalità cardiovascolare, infarto del miocardio non-fatale, stroke non-fatale e insufficienza cardiaca al giorno 30 dall’intervento. Gli esiti di sicurezza includevano la frequenza di eventi avversi perioperatori (bradicardia, ipotensione e broncospasmo).

La metanalisi è stata condotta secondo le linee-guida del “Cochrane Collaboration and the Quality of Reporting of Meta-analyses” utilizzando un software standard (Stata 9.0).

Gli autori hanno identificato 112 studi, dei quali 73 sono stati selezionati per un’analisi dettagliata. Sono stati quindi esclusi 40 studi: 36 non avevano valutato gli esiti di interesse, 1 perché relativo a un piccolo sottogruppo di analisi proveniente da uno studio di coorte più ampio non chirurgico e 3 perchè pubblicazioni multiple che utilizzavano uno stesso set di dati. I rimanenti 33 studi rispettavano i criteri di inclusione della metanalisi e comprendevano 12306 pazienti di cui 6311 (51%) pazienti randomizzati al trattamento con beta-bloccanti e 5995 (49%) assegnati al gruppo di controllo. I beta-bloccanti impiegati variavano da studio a studio e le definizioni impiegate per gli esiti di efficacia e sicurezza erano eterogenee. Sulla base delle valutazioni qualitative effettuate, 13 studi sono stati classificati a rischio ridotto di bias mentre i rimanenti a rischio elevato di bias.

Considerando l’intera coorte dei pazienti, la terapia con beta-bloccanti non è risultata associata ad alcuna significativa riduzione del rischio di mortalità per tutte le cause, di mortalità cardiovascolare o di insufficienza cardiaca, mentre è stata associata ad una riduzione del 35% del rischio di infarto miocardico non fatale (NNT 63; OR 0.65; 95% CI 0.54-0.79) e del 64% di ischemia miocardica (NNT 16; OR 0.36; 95% CI 0.26-0.50). Al contrario è stato riscontrato un aumento del 116% del rischio di stroke non-fatale (NNT 275; OR 2.16; 95% CI 1.27-3.68).

Gli effetti benefici dei beta-bloccanti per taluni esiti sono stati determinati da alcuni trial con elevato rischio di bias. A fronte del non incremento della mortalità per tutte le cause, è stata rilevata una riduzione dell’81% del rischio di infarto del miocardio non fatale (NNT 15) e del 69% del rischio di ischemia miocardica (NNT 9), insieme a nessun effetto benefico sulla mortalità cardiovascolare e l’insufficienza cardiaca.

L’analisi che ha incluso studi a basso rischio bias, invece, ha rilevato un aumento del rischio del 28% (NNH 164; OR 1.27; 95%CI: 1.01-1.61) per la mortalità da tutte le cause e un aumento del rischio del 116% (NNH 275; OR 2.16; 95%CI 1.27-3.68) per lo stroke non fatale, con una riduzione di solo il 28% del rischio di infarto cardiaco non fatale (NNT 80; OR 0.72; 95% CI: 0.59-0.87), del 59% (NNT 23; OR 0.42; 95%CI 0.27-0.65) del rischio di ischemia miocardica e nessun beneficio sugli outcome di mortalità cardiovascolare e insufficienza cardiaca.

Sull’intera coorte, i beta-bloccanti sono stati associati ad un aumento del rischio di bradicardia perioperatoria (OR 3.13; 95% CI 2.51-3.92, p <0,0001), bradicardia perioperatoria che ha richiesto il trattamento (OR 2.74; 95% CI 2.29-3.29), ipotensione perioperatoria (OR 1.69; 95% CI 1.39-2.05) e ipotensione perioperatoria che ha richiesto il trattamento (OR 1.62; 95%CI 1.44-1.82). Non è stato rilevato aumento del rischio di broncospasmo.

Lo studio POISE (POISE Study Group. Lancet 2008; 371: 1839–47) ha sostenuto con i suoi risultati gran parte del peso degli esiti di questa metanalisi. L’analisi di sensibilità, realizzata escludendo i dati dello studio POISE, nei trattati con beta-bloccanti rispetto ai controlli, mostra una riduzione del 53% del rischio di infarto miocardico e del 64% del rischio di ischemia miocardica, senza altri effetti benefici per gli altri esiti di efficacia. Lo studio POISE aveva mostrato una riduzione del 31% nel rischio di infarto miocardico non fatale, a spese di un aumento della mortalità per tutte le cause del 34% e di ictus non fatale dell’89%.


Le evidenze disponibili non sostengono l’uso della terapia con beta-bloccanti per la prevenzione di eventi cardiaci perioperatori nei pazienti sottoposti ad un intervento chirurgico non cardiaco.
In questi pazienti, i beta-bloccanti sembrano aumentare il rischio di stroke e di mortalità per tutte le cause ma riducono il rischio di infarto del miocardio non-fatale.

In ragione dell’aumento del rischio di stroke, bradicardia e ipotensione, i beta-bloccanti non dovrebbero essere impiegati routinariamente nella pratica clinica come terapia perioperatoria nei pazienti sottoposti ad intervento chirurgico non cardiaco, a meno che i pazienti non stiano già assumendo questi farmaci per patologie definite (insufficienza cardiaca, malattia coronarica o infarto miocardico pregresso).


Commento

Nel contesto del commento che accompagna la metanalisi, viene evidenziata la discrepanza tra l’osservazione dell’aumento del 34% della mortalità per tutte le cause nello studio POISE e la riduzione di tale rischio, anche se non significativa, negli studi diversi dal POISE. La differenza potrebbe essere attribuita all’elevata mortalità osservata nei pazienti trattati con beta-bloccanti nello studio POISE (3.1% vs 1.9% negli altri studi) a fronte di una mortalità comparabile nei controlli (2.3% vs 2.5%). In ragione di questi risultati è tuttavia urgente effettuare un’analisi dettagliata delle cause e del tempo relativo al decesso in questi studi, soprattutto nei pazienti trattati con beta-bloccanti. I ricercatori dello studio POISE hanno fatto luce sul problema osservando che le maggiori cause di morte nel loro studio erano rappresentate da ipotensione perioperatoria, bradicardia e stroke, mentre la storia di malattia cardiovascolare era associata ad un aumento del rischio di stroke. L’elevata dose iniziale di metoprololo impiegata nel POISE potrebbe essere alla base di un particolare squilibrio emodinamico, superiore a quello determinato da altri beta-bloccanti e tale da aumentare il rischio di stroke. Quello che è certo è che il rischio di stroke aumenta con l’uso dei beta-bloccanti nello studio POISE. Tale rischio sembra confermato dagli altri studi, benchè possibili eterogeneità non rilevate nella metanalisi possano aver giocato a favore di questa conferma.

Solide basi fisiopatologiche sostengono l’impiego dei beta-bloccanti nel periodo perioperario per prevenire complicanze cardiache. Al contrario, non è noto un meccanismo in grado di spiegare lo sviluppo di complicanze cerebrovascolari. Poichè la metanalisi ha osservato che il rischio di stroke potrebbe rappresentare un serio problema, tutti i ricercatori coinvolti in studi nei quali sono previste condizioni analoghe sono chiamati a fornire dati relativi a condizioni cliniche e alterazioni emodinamiche perioperatorie che possano spiegare l’insorgenza di queste complicanze. Questi dati rappresenteranno il substrato per le realizzazione di nuove linee guida di trattamento.




Conflitto di interesse

Uno degli autori dichiara di aver ricevuto compensi per attività di consulenza da parte di numerose aziende farmaceutiche. Non sono stati percepiti da nessuno degli autori compensi specifici per questo studio.


Dottoressa Sabrina Montagnani e Dottor Marco Tuccori

Riferimenti bibliografici

Bangalore S et al. Perioperative ß blockers in patients having non–cardiac surgery: a meta-analysis. Lancet 2008; DOI:10.1016/S0140-6736(08)61560-3.

Boersma E, Poldermans D. ß blockers in non-cardiac surgery: haemodynamic data needed. Lancet 2008; DOI:10.1016/S0140-6736(08)61623-2.


Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/

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