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Irbesartan in scompenso a frazione di eiezione preservata non riduce eventi
Inserito il 06 dicembre 2008 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

in pazienti con insufficienza cardiaca e frazione di eiezione ventricolare sinistra preservata irbesartan non riduce significativamente gli eventi cardiovascolari.

I pazienti con insufficienza cardiaca e frazione di eiezione ventricolare sinistra preservata (=45%) hanno un’attività reninica superiore a quella dei soggetti sani, anche se inferiore a quella dei pazienti con insufficienza cardiaca e ridotta frazione di eiezione. Poiché in questi ultimi il blocco del sistema renina-angiotensina ha effetti favorevoli, lo studio I-PRESERVE, multicentrico, in doppio cieco, randomizzato e controllato, ha valutato gli effetti dell’irbesartan sulla mortalità e sulla morbilità cardiovascolare in pazienti con insufficienza cardiaca e frazione di eiezione ventricolare sinistra preservata.
Da giugno 2002 ad aprile 2005, 4563 pazienti sono stati valutati per essere arruolati nello studio. I criteri d’inclusione erano: età =60 anni; sintomi di scompenso cardiaco; frazione di eiezione ventricolare sinistra =45%; ricovero per insufficienza cardiaca nei 6 mesi precedenti lo studio; classe New York Heart Association (NYHA) II, III o IV; in mancanza di ricoveri, la classe NYHA III o IV. I criteri di esclusione sono stati: pregressa intolleranza ai sartani; probabile causa alternativa dei sintomi; pregressa frazione di eiezione ventricolare sinistra <40%; storia di sindrome coronarica acuta, rivascolarizzazione coronarica o stroke nei 3 mesi precedenti lo studio; rilevanti anomalie valvolari; cardiomiopatia ipertrofica; pericardite; cor pulmunale o altre cause di insufficienza cardiaca destra; pressione sistolica <100 mmHg o >160 mmHg, pressione diastolica >95 mmHg nonostante la terapia antipertensiva; altre malattie sistemiche limitanti l’aspettativa di vita a meno di 3 anni; livelli di emoglobina <11 g/dl e di creatinina >2,5 mg/dl; anormalità della funzionalità epatica; altre caratteristiche che potevano interferire con la compliance e con il protocollo dello studio. La terapia con ACE inibitori è stata consentita solo quando considerata essenziale.
Dopo la randomizzazione i pazienti sono stati visitati alle settimane 8 e 14, al mese 6 e successivamente ogni 4 mesi. Al momento della randomizzazione, ai mesi 6 e 14 e alla visita finale sono stati determinati il punteggio secondo la scala Minnesota Living with Heart Failure e i livelli plasmatici del N-terminal proB-type natriuretic peptide (NT-proBNP). I livelli sierici della creatinina e del potassio sono stati misurati prima della randomizzazione, alle settimane 2 e 8, al mese 6 e in seguito annualmente.

L’outcome primario, determinato nel periodo dalla randomizzazione al primo evento, era di tipo composito, costituito dalla mortalità per ogni causa o ricovero per una causa cardiovascolare (peggioramento dell’ insufficienza cardiaca, infarto del miocardio, stroke, angina instabile, aritmia atriale o ventricolare, infarto del miocardio o stroke durante il ricovero). Gli outcome secondari includevano i componenti dell’outcome primario, un outcome composito associato all’insufficienza cardiaca (morte dovuta al peggioramento dell’insufficienza, morte improvvisa, ricovero per il peggioramento dell’insufficienza), il cambiamento nel punteggio totale secondo la scala Minnesota Living with Heart Failure e del livello plasmatico di NT-proBNP misurati a 6 mesi, un outcome composito associato ad eventi vascolari (morte per cause cardiovascolari, infarto del miocardio non fatale o ictus non fatale) e la mortalità per cause cardiovascolari.

Complessivamente 4.128 pazienti afferenti a 293 centri in 25 paesi dell’Europa Orientale e Occidentale, Nord e Sud America, Sud Africa e Australia, sono stati randomizzati a ricevere irbesartan (n=2.067) o placebo (n=2.061). Al momento dell’arruolamento le caratteristiche demografiche e cliniche dei partecipanti erano simili tra i due gruppi: età media 72 anni, 60% donne. Le principali cause dell’insufficienza cardiaca erano l’ipertensione (64% dei pazienti) e la cardiopatia ischemica (25% dei pazienti). L’88% dei pazienti erano ipertesi, il 29% avevano fibrillazione atriale, il 27% diabetici; il 41% obesi (BMI =30kg/m2). Il livello medio del NT-ProBNP era 339 pg/ml. L’83% assumevano diuretici, il 59% ß-bloccanti, il 40% calcio-antagonisti e il 25% ACE inibitori.
La dose iniziale dei farmaci in studio, 75 mg/die, è stata aumentata a 150 mg/die dopo 1-2 settimane e a 300 mg/die dopo ulteriori 1-2 settimane. Alla fine della fase di titolazione l’84% dei pazienti nel gruppo irbesartan e l’88% di quelli nel gruppo placebo assumeva 300 mg/die (le dosi medie sono state, rispettivamente, 275 mg/die e 284 mg/die). La data di termine dello studio è stata prefissata al 17 aprile 2008; il follow-up medio è stato 49,5 mesi.

L’outcome composito primario si è verificato in 742 pazienti (36%) del gruppo irbesartan e in 763 (37%) del gruppo placebo (HR 0,95; CI 95% 0,86–1,05; p=0,35). La mortalità per qualsiasi causa è stata 52,6/1000 pazienti-anno nel gruppo irbesartan e 52,3/1000 pazienti-anno in quello placebo (HR 1,00; CI 95% 0,88–1,14; p=0,98). L’incidenza dei ricoveri per cause cardiovascolari è stata 70,6 nel gruppo irbesartan e 74,3 nel gruppo placebo (HR 0,95; CI 95%, 0,85-1,10; p=0.44).
Non sono state rilevate significative differenze tra i due gruppi nè per gli altri outcome secondari nè per i ricoveri per cause cardiovascolari specifiche o per qualsiasi altra causa.
A 6 mesi, il punteggio secondo la scala Minnesota Living with Heart Failure è sostanzialmente migliorato in entrambi i gruppi ma senza significative differenze (mediana -8 vs -7 punti, rispettivamente nel gruppo irbesartan e in quello placebo; p=0,85). Similmente, nello stesso periodo, non sono state riscontrate significative differenze tra i due gruppi nel cambiamento dei livelli del NT-proBNP (mediana -13 vs -2 pg/ml, rispettivamente nel gruppo irbesartan e in quello placebo; p=0,14).

Durante lo studio il 16% dei pazienti del gruppo irbesartan e il 14% del gruppo placebo ha interrotto il trattamento a causa degli eventi avversi (p=0.07). Il 6% dei pazienti nel gruppo irbesartan e il 4% del gruppo placebo hanno avuto un raddoppiamento dei livelli sierici di creatinina in almeno una determinazione effettuata durante lo studio (p <0,001). Il 3% dei pazienti del gruppo irbesartan e il 2% del gruppo placebo presentavano livelli di potassio >6 mmol/l almeno una volta durante lo studio (p=0,01). Non ci sono state differenze significative tra i due gruppi nella frequenza di eventi avversi gravi dovuti a ipotensione, disfunzione renale e iperpotassemia.

I risultati dello studio I-PRESERVE mostrano che in pazienti con insufficienza cardiaca e frazione di eiezione ventricolare sinistra preservata irbesartan non migliora gli outcome.


Commento

Attenzione si propone ai lettori anche il commento di Renato Rossi: http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=4371


I risultati dell’I-PRESEVE sono consistenti con quelli di studi precedenti che hanno valutato gli effetti del candesartan e del perindopril in pazienti con insufficienza cardiaca e frazione di eiezione ventricolare sinistra preservata. Le ragioni dell’assenza di beneficio da parte della terapia con irbesartan sono incerte. È improbabile che ciò sia dovuto al fatto che i pazienti non presentassero insufficienza cardiaca: i criteri di inclusione e i livelli di NT-proBNP sono coerenti con la diagnosi e molti pazienti, successivamente, sono stati ricoverati per insufficienza cardiaca. La dose dell’irbesartan scelta è la massima approvata ma è non è sufficiente in termini di efficacia per questa malattia. Altri fattori che potrebbero aver compromesso la potenza dello studio comprendono l’elevata percentuale di abbandoni (33% alla fine dello studio) e di utilizzo di farmaci con meccanismi che si sovrappongono a quelli dei sartani (ACE inibitori, spironolattone e ß-bloccanti), che potrebbero aver lasciato poco margine agli eventuali benefici esercitati dall’irbesartan.

Conflito di interesse

Lo studio è stato sponsorizzato da Bristol-Myers Squibb e da Sanofi-Aventis.

Dottoressa Elisa Benetti e Dottor Gianluca Miglio

Riferimento bibliografico

MassieBM et al. Irbesartan in patients with heart failure and preserved ejection fraction. N Engl J Med 2008; 359: 10.1056/nejmoa0805450.



Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/

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