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Screening universale per l'HIV
Inserito il 23 aprile 2009 da admin. - infettivologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Le linee guida dell'American College of Physicians consigliano lo screening di routine per l'infezione da HIV

L'American College of Physicians (ACP) ha pubblicato le sue linee guida circa lo screening dell'infezione da HIV. Il lavoro è derivano da un'analisi critica delle altre linee guida disponibili sull'argomento usando lo strumento AGREE (Appraisal of Guidelines Research and Evaluation). Le linee guida valutate sono quella della U.S. Preventive Services Task Force (USPSTF) e quelle dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC).
In base a questa valutazione critica l'ACP ha concluso con due raccomandazioni:
1) i medici dovrebbero procedere di routine allo screening per l'HIV e incoraggiare i pazienti ad essere sottoposti all'esame
2) la necessità di ripetere lo screening deve essere basata sul rischio di contrarre l'infezione da HIV del singolo paziente.
I motivi per cui viene invocato lo screening sono vari, ma soprattutto perchè lo screening selettivo basandosi sul rischio di infezione del paziente non riece a diagnosticare molti casi nelle fasi iniziali, quando è maggiore la probabilità del trattamento di aumentare la sopravvivenza e ridurre il rischio di infezione. Inoltre valutazioni del rapporto costo/efficacia hanno dimostrato che lo screening è utile anche nelle zone a bassa prevalenza di HIV.


Fonte:

Qaseem A et al. for the Clinical Efficacy Assessment Subcommittee of the American College of Physicians. Screening for HIV in Health Care Settings: A Guidance Statement From the American College of Physicians and HIV Medicine Association. Ann Intern Med 2009 Jan 20; 150:



Commento di Renato Rossi

Le raccomandazioni dell'ACP ricalcano quelle del 2006 dei CDC [1]. In quell'occassione i CDC consigliarono lo screening per tutti i soggetti di età compresa tra 13 e 64 anni, indipendentemente dal loro rischio individuale. Inoltre per i pazienti ad alto rischio veniva raccomandato un test all'anno.
I CDC erano arrivati anche a non ritenere più necessario un consenso specifico per eseguire il test, bastava incorporare il consenso per lo screening dell'HIV nel consenso generale che il paziente deve dare al medico quando viene preso in carico. Infine le linee guida del CDC consigliavano il test per l'HIV nel terzo trimestre di gravidanza in tutte le donne e non solo in quelle a rischio.
Nel 2005 la USPSTF aveva licenziato linee guida più selettive [2], in cui si consigliava di screenare solo adolescenti ed adulti a rischio oppure in contesti di alta prevalenza dell'infezione da HIV, oltre a tutte le donne in gravidanza. La Task Force non si esprimeva nè pro nè contro lo screening in soggetti non a rischio, in quanto i benefici apparivano di modesta entità e andrebbero considerati anche i rischi potenziali.
Che dire? E' sempre difficile fare delle scelte quando linee guida emanate da società scientifiche importanti danno indicazioni contrastanti, almeno in parte.
Sicuramente, come tutti gli screening, anche quello per l'HIV comporta rischi potenziali come per esempio i falsi negativi, con tutte le conseguenze del caso. Tuttavia le ragioni che portano i CDC e l'ACP a consigliare lo screening di routine vanno tenute nel debito conto. Tra l'altro la diagnosi precoce permette di identificare soggetti portatori di HIV ancora asintomatici che, non conoscendo la loro condizione, possono contribuire al diffondersi del virus. Entra in gioco quindi non solo l'interesse del singolo ad essere curato precocemente, ma anche l'interesse della società nel suo complesso a limitare l'estendersi dell'infezione. Da questo punto di vista l'opera del medico è insostituibile: sarà suo compito ottenere il consenso del paziente all'esecuzione del test, pur in assenza di sintomi, previa un'informazione esauriente, onesta e completa. Tra l'altro non si deve dimenticare che attualmente, con i nuovi farmaci a disposizione, l' aspettativa di vita per un soggetto HIV positivo è nettamente aumentata e semnbra essere maggiore in presenza di una diagnosi precoce. Così le linee guida consigliano di iniziare il trattamento non solo nei pazienti sintomatici, ma anche in quelli asintomatici quando la conta dei linfociti CD4 è inferiore a 350/μL oppure se la conta virale è superiore a 100.000 copie per mL o se l'infezione appare in progressione (diminuzione di più di 100 CD4 all'anno), o ancora se il paziente ha un rischio cardiovascolare elevato, una coinfezione da HBV o da HCV o se coesiste una nefropatia [3].



Referenze

1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=2787
2. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=1818
3. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=4152



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