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Stretta sulle malattie dei dipendenti di pubbliche amministrazioni
Inserito il 01 luglio 2008 da admin. - professione - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Il dipendente di pubbliche amminitrazioni che si ammala dovrà osservare fasce di controllo fiscale più estese e in caso di malattia superiore a 10 giorni o seconda malattia nell'anno solare giustificare presso strutture sanitarie pubbliche.

Pubblicato sulla gazzetta ufficiale del 25 giugno 2008 il DECRETO-LEGGE 25 giugno 2008 , n. 112
Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione Tributaria che entra in vigore immediatamente.

All'articolo 71 il testo recita.

Assenze per malattia e per permesso retribuito dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni

1. Per i periodi di assenza per malattia, di qualunque durata, ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nei primi dieci giorni di assenza e' corrisposto il trattamento economico fondamentale con esclusione di ogni indennita' o emolumento, comunque denominati, aventi carattere fisso e continuativo, nonche' di ogni altro trattamento accessorio. Resta fermo il trattamento piu' favorevole eventualmente previsto dai contratti collettivi o dalle specifiche normative di settore per le assenze per malattia dovute ad infortunio sul lavoro o a causa di servizio, oppure a ricovero ospedaliero o a day hospital, nonche' per le assenze relative a patologie gravi che richiedano terapie salvavita. I risparmi derivanti dall'applicazione del presente comma costituiscono economie di bilancio per le amministrazioni dello Stato e concorrono per gli enti diversi dalle amministrazioni statali al miglioramento dei saldi di bilancio. Tali somme non possono essere utilizzate per incrementare i fondi per la contrattazione integrativa.

2. Nell'ipotesi di assenza per malattia protratta per un periodo superiore a dieci giorni, e, in ogni caso, dopo il secondo evento di malattia nell'anno solare l'assenza viene giustificata esclusivamente mediante presentazione di certificazione medica rilasciata da struttura sanitaria pubblica.

3. L'Amministrazione dispone il controllo in ordine alla sussistenza della malattia del dipendente anche nel caso di assenza di un solo giorno, tenuto conto delle esigenze funzionali e organizzative. Le fasce orarie di reperibilita' del lavoratore, entro le quali devono essere effettuate le visite mediche di controllo, e' dalle ore 8.00 alle ore 13.00 e dalle ore 14 alle ore 20.00 di tutti i giorni, compresi i non lavorativi e i festivi.

4. La contrattazione collettiva ovvero le specifiche normative di settore, fermi restando i limiti massimi delle assenze per permesso retribuito previsti dalla normativa vigente, definiscono i termini e le modalita' di fruizione delle stesse, con l'obbligo di stabilire una quantificazione esclusivamente ad ore delle tipologie di permesso retribuito, per le quali la legge, i regolamenti, i contratti collettivi o gli accordi sindacali prevedano una fruizione alternativa in ore o in giorni. Nel caso di fruizione dell'intera giornata lavorativa, l'incidenza dell'assenza sul monte ore a disposizione del dipendente, per ciascuna tipologia, viene computata con riferimento all'orario di lavoro che il medesimo avrebbe dovuto osservare nella giornata di assenza.

5. Le assenze dal servizio dei dipendenti di cui al comma 1 non sono equiparate alla presenza in servizio ai fini della distribuzione delle somme dei fondi per la contrattazione integrativa. Fanno eccezione le assenze per congedo di maternita', compresa l'interdizione anticipata dal lavoro, e per congedo di paternita', le assenze dovute alla fruizione di permessi per lutto, per citazione a testimoniare e per l'espletamento delle funzioni di giudice popolare, nonche' le assenze previste dall'articolo 4, comma 1, della legge 8 marzo 2000, n. 53, e per i soli dipendenti portatori di handicap grave, i permessi di cui all'articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

6. Le disposizioni del presente articolo costituiscono norme non derogabili dai contratti o accordi collettivi.


Fonte: Gazzetta Ufficiale n. 147 del 25 giugno 2008

Commento di Luca Puccetti

La nuova norma è in odore di incostituzionalità . Introduce un trattamento molto diverso tra il lavoratore della PA e del settore privato su un tema come quello della salute che è materia costituzionalmente protetta. Lo stabilire fasce orarie così ampie non solo crea problemi in merito al rilascio della certificazione ma soprattutto lede il diritto del paziente al recupero psicofisico che è diritto prevalente su quello delle necessità lavorative.Il lavoratore incapace al lavoro per motivi di salute è prima di tutto un malato che necessita di cure e tra tali cure può in alcuni casi annoverarsi la necessità di uscire dal domicilio di malattia comunque il dover osservare una fascia oraria così ampia per ottemperare alle esigenze di controllo medico-fiscali può recare nocumento alla salute del paziente, salute che come ben sappiamo è un concetto molto ampio e che sussume il concetto di benessere psicofisico in senso lato. Nessun decreto legge può prevalere sul diritto del paziente di scegliersi medico, modalità e luogo di cura. Pertanto il paziente potrà sempre eleggere il domicilio di malattia dove meglio crede e recarsi dal medico curante di fiducia (privato o pubblico o convenzionato) giustificando la sua assenza dal domicilio di malattia mediante idonea certificazione che attesti il suo ricorso al sanitario per motivi di salute.
Per come è scritta la norma parrebbe che i giorni di malattia nel caso si tratti della seconda nell'anno o della prima, se con prognosi di incapacità lavorativa superiore a dieci giorni, debbano essere comunque certificati dal curante, infatti chi altri potrebbe stabilire la durata della prima malattia occorsa nell'anno?


Inoltre molte amministrazioni non consentono al dipendente di aspettare che pochi giorni dall'inizio malattia per spedire la certificazione. In tal caso la "giusticazione" da parte della Struttura sanitaria pubblica sarebbe una sorta di controllo a posteriori della certificazione del curante.

Gravi perplessità emergono sul contrasto di tali norme con massime, più volte ribadite dalla giurisprudenza, circa la migliore possibilità di individuare le personali necessità di recupero del paziente in relazione al suo vissuto, al suo contesto ambientale, alla comorbidità, al profilo psicologico, e, conseguentemente, alla migliore capacità di definire, caso per caso, l'incapacità lavorativa, da parte del medico curante che dovrà certificare il suo libero convincimento, indipendentemente dai condizionamenti che potrebbero derivare dalle norme in questione, privilegiando la salute del apziente allorquando ritenga che la ripresa dell'attività lavorativa costituisca rischio apprezzabile al recupero psico-fisico.


Nel caso di difformità di giudizio tra il curante e il medico dipendente della struttura sanitaria pubblica quale parere prevarrà? ed in che modo il lavoratore avrà diritto ad esercitare opposizione?

Saremmo facili profeti nel prevedere che tale norma sarà presto all'attenzione della Corte Costituzionale.

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