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Monitoraggio Ivabradina: e la politica AIFA sui farmaci innovativi
Inserito il 28 giugno 2008 da admin. - professione - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Innovazione terapeutica alla prova della pratica clinica : il caso dell'Ivabradina e del programma di monitoraggio dell'AIFA

Premesse

La frequenza cardiaca è regolata dall’attività di alcuni canali , detti canali “If” (the cardiac pacemaker 'funny’ current) che vengono bloccati in modo selettivo e specifico dall’ivabradina con conseguente riduzione della frequenza cardiaca.
Gli effetti cardiaci sono specifici per il nodo del seno senza effetti sui tempi di conduzione intra-atriale, atrioventricolare o intraventricolare, né sulla contrattilità miocardica o sulla ripolarizzazione ventricolare. L'ivabradina, agendo selettivamente, non presenta gli effetti indesiderati classici dei beta bloccanti, come broncospasmo, riduzione della contrattilità del miocardio, della conduzione del sistema cardiaco o della resistenza vascolare coronaria.
La verifica clinica dell’efficacia anti-anginosa e della tollerabilità dell’ivabradina è stata testata in un ampio studio clinico che ha visto coinvolti più di 5000 pazienti.
Ivabradina ha mostrato un'efficacia paragonabile ad altri farmaci tradizionali come i β-bloccanti o i calcio-antagonista ed una superiore tollerabilità.

Ivabradina ha ricevuto dall’EMEA (European Medicines Evaluation Agency) l’autorizzazione alla commercializzazione in 27 Paesi europei, per il trattamento sintomatico dell’angina pectoris stabile cronica, in pazienti con intolleranza ai beta-bloccanti.

La dose iniziale abituale raccomandata di ivabradina è di 5 mg due volte al giorno. Dopo 3-4 settimane di trattamento, la dose può essere aumentata a 7,5 mg due volte al giorno in funzione della risposta terapeutica.
Se, durante il trattamento, la frequenza cardiaca a riposo si riduce in modo persistente al di sotto di 50 battiti al minuto (bpm) oppure se il paziente riferisce sintomi collegati a bradicardia come capogiro, affaticamento o ipotensione, il dosaggio deve essere ridotto, considerando anche la possibile dose di 2,5 mg due volte al giorno (mezza compressa da 5 mg 2 volte al giorno). Il trattamento deve essere interrotto se la frequenza cardiaca si mantiene sotto i 50 bpm oppure se persistono i sintomi di bradicardia.

Poiché l’ivabradina è stata studiata in un numero limitato di pazienti con età superiore o uguale a 75 anni, in questi pazienti deve essere presa in considerazione una dose iniziale più bassa (2,5 mg due volte al giorno, cioè mezza compressa da 5 mg due volte al giorno) prima di un aumento della dose, se necessario.

Le controindicazioni dell'ivabradina sono:

- Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti
- Frequenza cardiaca a riposo inferiore a 60 battiti al minuto, prima del trattamento
- Shock cardiogeno
- Infarto miocardico acuto
- Grave ipotensione (< 90/50 mmHg)
- Grave insufficienza epatica
- Sindrome del nodo del seno
- Blocco seno-atriale
- Pazienti affetti da insufficienza cardiaca con classificazione funzionale NYHA III-IV, considerata l’assenza di dati
- Portatori di pacemaker
- Angina instabile
- Blocco AV di terzo grado
- In associazione con potenti inibitori del citocromo P450 3A4 come antifungini azoici (ketoconazolo, itraconazolo), antibiotici macrolidi (claritromicina, eritromicina per os, iosamicina, telitromicina), inibitori della proteasi HIV (nelfinavir, ritonavir) e nefazodone
- Gravidanza, allattamento

Avvertenze speciali

Aritmie cardiache

L’ivabradina non è efficace nel trattamento o nella prevenzione di aritmie cardiache e verosimilmente perde la sua efficacia quando insorge una tachiaritmia (ovvero una tachicardia ventricolare o sopraventricolare). L’ivabradina non è pertanto consigliata nei pazienti con fibrillazione atriale o altre aritmie cardiache che interferiscono con la funzione del nodo senoatriale.
Si raccomanda di effettuare regolarmente controlli clinici ai pazienti trattati con ivabradina per verificare l’eventuale comparsa di fibrillazione atriale (prolungata o parossistica).Questi controlli devono includere anche un monitoraggio ECG, se clinicamente indicato (ad esempio, nel caso di aggravamento dell’angina, palpitazioni, pulsazioni irregolari)

Uso in pazienti con blocco AV di secondo grado

L’ivabradina non è consigliata in pazienti con blocco AV di secondo grado.
Uso in pazienti con ridotta frequenza cardiaca
L’ivabradina non deve essere somministrata a pazienti con frequenza cardiaca a riposo, prima del trattamento, inferiore a 60 battiti al minuto.
Se, durante il trattamento, la frequenza cardiaca a riposo si riduce in modo persistente al di sotto di 50 bpm o se il paziente riferisce sintomi legati a bradicardia come capogiro, affaticamento o ipotensione, la dose deve essere ridotta, oppure il trattamento deve essere interrotto se la frequenza cardiaca si mantiene al di sotto di 50 bpm o se persistono i sintomi dovuti alla bradicardia.

Combinazione con altre terapie antianginose

Non è consigliato l’uso combinato dell’ivabradina con calcioantagonisti che riducono la frequenza cardiaca come il verapamile o il diltiazem. Non è emerso alcun problema in termini di sicurezza dalla combinazione dell’ivabradina con nitrati e con i calcioantagonisti di tipo diidropiridinico come l’amlodipina. Non è stata dimostrata un’efficacia aggiuntiva dell’ivabradina in associazione con i calcioantagonisti di tipo diidropiridinico.

Insufficienza cardiaca cronica

L’insufficienza cardiaca deve essere controllata in modo appropriato prima di considerare il trattamento con ivabradina. Considerata l’assenza di dati di efficacia clinica e di sicurezza, l’uso dell’ivabradina è contro-indicato in pazienti affetti da insufficienza cardiaca con classificazione funzionale NYHA III-IV. E’ necessario prestare attenzione nei pazienti con disfunzione ventricolare sinistra asintomatica, così come nei pazienti con insufficienza cardiaca con classificazione funzionale NYHA II, considerato il numero limitato di pazienti studiati.

L’ivabradina influenza la funzione retinica. Ad oggi, non vi è evidenza di un effetto tossico dell’ivabradina sulla retina, tuttavia al momento non si conoscono gli effetti sulla funzione retinica di un trattamento a lungo termine di durata superiore ad un anno. Deve essere valutata l’interruzione del trattamento nel caso intervengano imprevisti aggravamenti della funzione visiva. E’ necessario usare cautela nei pazienti con retinite pigmentosa.
Fenomeni luminosi (fosfeni): riferiti dal 14,5% dei pazienti, descritti come un’aumentata luminosità transitoria in un’area limitata del campo visivo. Solitamente sono scatenati da improvvise variazioni dell’intensità della luce. La comparsa dei fosfeni si manifesta generalmente entro i primi due mesi di terapia, dopodiché possono verificarsi ripetutamente.
I fosfeni sono generalmente riportati come di lieve o moderata intensità. Tutti i fosfeni si sono risolti durante o dopo il trattamento e la maggioranza dei quali (77,5%) si è risolta durante il trattamento. Meno dell’1% dei pazienti ha cambiato le proprie abitudini quotidiane o ha dovuto interrompere il trattamento a causa dei fosfeni.
Il meccanismo fisiopatologico del fenomeno può essere costituito dall'interazione dell'ivabradina anche con la corrente Ih presente nella retina e che ha caratteristiche molto vicine a quella della corrente cardiaca If. Questa corrente interviene nel processo di risoluzione temporale del sistema visivo, riducendo la risposta retinica agli stimoli luminosi intensi. In alcune circostanze scatenanti (ad es. rapidi cambiamenti della luminosità), una parziale inibizione di Ih da parte dell’ivabradina è alla base dei fenomeni luminosi che possono essere occasionalmente riferiti dai pazienti.

L’efficacia antianginosa e anti-ischemica è stata valutata in 4 studi clinici, randomizzati, in doppio cieco (due contro placebo, e gli altri rispettivamente verso atenololo e amlodipina). Questi studi hanno incluso un totale di 3.222 pazienti con angina pectoris cronica stabile, di cui 2.168 trattati con ivabradina.
L’ivabradina 5 mg due volte al giorno è risultata essere efficace sui parametri del test ergometrico entro 3-4 settimane di trattamento. L’efficacia è stata confermata con la dose di 7,5 mg due volte al giorno. In particolare, il beneficio addizionale rispetto alla dose di 5 mg due volte al giorno è stato stabilito in uno studio controllato di confronto verso atenololo: la durata totale dell’esercizio valutata al valore minimo di efficacia era aumentata di circa 1 minuto dopo un mese di trattamento con 5 mg due volte al giorno e migliorava ulteriormente di quasi 25 secondi dopo un successivo periodo di 3 mesi di titolazione forzata a 7,5 mg due volte al giorno. In questo studio, i benefici antianginosi e anti-ischemici dell’ivabradina sono stati confermati in pazienti con età > 65 anni. L’efficacia di 5 e 7,5 mg due volte al giorno sui parametri del test ergometrico è risultata essere coerente in tutti gli studi (durata totale dell’esercizio, tempo all’interruzione della prova da sforzo da dolore anginoso, tempo di comparsa del dolore anginoso e tempo di comparsa dello slivellamento di 1 mm del tratto ST) ed è stata associata con una diminuzione di circa il 70% nella frequenza degli attacchi anginosi. Lo schema di somministrazione di due volte al giorno ha dato un’efficacia uniforme per le 24 ore.
In uno studio randomizzato controllato vs placebo condotto su 725 pazienti, l’ivabradina non ha mostrato un’efficacia additiva in aggiunta all’amlodipina al valore minimo dell’attività del farmaco (12 ore dopo l’assunzione orale) mentre un’efficacia additiva è stata dimostrata al picco (3-4 ore dopo l’assunzione orale).
L’efficacia dell’ivabradina si è mantenuta durante i periodi di trattamento di 3 o 4 mesi, nel corso degli studi clinici di efficacia. Non c’è stata evidenza di sviluppo di tolleranza farmacologia (perdita di efficacia) durante il trattamento, né di fenomeni di rebound dopo la brusca interruzione del trattamento. Gli effetti antianginosi e anti ischemici dell’ivabradina erano associati con la riduzione dose dipendente della frequenza cardiaca e con una significativa riduzione del doppio prodotto(frequenza cardiaca x pressione arteriosa sistolica) a riposo e durante l’esercizio. Gli effetti sulla pressione arteriosa e sulla resistenza vascolare periferica erano minori e clinicamente non significativi.
Una riduzione prolungata della frequenza cardiaca è stata dimostrata in pazienti trattati con ivabradina
per almeno un anno (n = 713). Non è stata osservata alcuna influenza sul metabolismo lipidico o gucidico.
L’efficacia antianginosa e anti-ischemica dell’ivabradina si mantiene anche nei pazienti diabetici n = 457) con un profilo di sicurezza simile a quello osservato nella popolazione generale.

In base ai nuovi criteri AIFA sull' autorizzazione dei farmaci innovativi, l'ivabradina si configura come farmaco potenzialmente innovativo, ma questa connotazione dovrà essere confermata nel mondo reale e non solo in quello dei trial.

La prescrivibilità da parte del Servizio Sanitario Nazionale avverrà pertanto attraverso un monitoraggio d’uso per tutti i pazienti ai quali i cardiologi indicano il farmaco. Il cardiologo compila, alla prima visita, sia il piano terapeutico sia una scheda contenente le informazioni cliniche necessarie a valutare le motivazioni d’uso dell’ivabradina.
Entro 30 giorni, viene effettuato un primo follow-up da parte del cardiologo arruolatore o del MMG del paziente per valutare la sicurezza e per confermare la dose prescritta. Successivamente, la terapia potrà essere gestita anche dal medico di medicina generale (MMG) per tutto il periodo del monitoraggio. Sia il MMG che il cardiologo, in presenza di una sospetta reazione avversa, valuteranno l’interruzione della terapia e dovranno compilare la scheda di segnalazione secondo le procedure della farmacovigilanza. La stessa articolazione verrà mantenuta per uno studio osservazionale, che arruolerà un campione di pazienti con angina stabile, indipendentemente dalla prescrizione di ivabradina da parte del centro cardiologico.

Questo programma ha come obiettivo principale a valutazione dell’appropriatezza prescrittiva del farmaco ed una valutazione preliminare del profilo i sicurezza nel “mondo reale”. Il monitoraggio sarà a carico economico dell’Azienda produttrice verrà condotto su pazienti con diagnosi di angina stabile eseguita da specialisti cardiologi ospedalieri o del territorio, convenzionati con il Servizio Sanitario Nazionale, e poi seguiti, nell’ambito della pratica clinica quotidiana, dai medici i medicina Generale (MMG).
La raccolta dati potrà avvenire direttamente per via telematica, collegandosi al sito http:// http://cardiologici.agenziafarmaco.it
o tramite un modulo cartaceo.
In questo secondo caso sarà necessario, per poter completare la stesura del piano terapeutico, richiedere, al momento della sua compilazione cartacea, un numero di codice tramite un sistema telefonico automatico. In seguito, le schede di raccolta dati dovranno essere compilate per via elettronica.
Sia il MMG che il cardiologo, a fronte di una sospetta reazione avversa, dovranno valutare la interruzione della terapia in corso e compilare la scheda di segnalazione di sospetta reazione avversa secondo le normali procedure della farmacovigilanza.
Nel caso in cui l’interruzione della terapia venga effettuata in regime ambulatoriale, il MMG potrà, attraverso un sito internet dedicato, segnalare l’avvenuta interruzione e le relative motivazioni.
Il MMG, qualora lo ritenesse opportuno, potrà segnalare, sempre nell’apposito sito internet, tutti i potenziali fattori di rischio associati all’uso di ivabradina (per es. uso di farmaci interagenti) che intercorrono nel corso del follow-up.

Angina stabile: studio osservazionale

Obiettivi

Contestualmente al programma di monitoraggio, è prevista l’implementazione di uno studio osservazionale per la valutazione del profilo epidemiologico e del trattamento farmacologico dei pazienti con angina stabile. Gli obiettivi del presente studio possono essere riassunti nei seguenti punti:
• descrivere il profilo epidemiologico e clinico dei pazienti con diagnosi di angina stabile;
• confermare il reale bisogno clinico di ivabradina e caratterizzare i pazienti con angina stabile in ritmo sinusale che, nell’ambito della pratica clinica, non possono essere trattati con beta-bloccanti;
• valutare la effectiveness dell’ivabradina nella pratica corrente in termini di:
- tollerabilità e sicurezza (reazioni avverse attese e non attese),
- numero di pazienti che necessitano la sospensione del trattamento e le cause di sospensione,
- frequenza ed intensità degli episodi anginosi nel corso del trattamento.

Breve articolazione dello studio

Entrano nel presente studio tutti i soggetti con angina stabile, indipendentemente dalla prescrizione di ivabradina da parte del centro cardiologico. I pazienti dovranno essere inclusi nello studio sia che la diagnosi venga posta per la prima volta in ambito cardiologico, sia che venga confermata in seguito a una specifica richiesta di consulenza da parte di un MMG partecipante al progetto.
È previsto che ogni cluster, caratterizzato da circa 10 MMG, afferisca ad un centro cardiologico di riferimento per la conferma diagnostica del paziente e per l’eventuale eleggibilità al trattamento con ivabradina. In caso di trattamento con ivabradina verranno applicate tutte le modalità previste nel programma di monitoraggio. L’arruolamento dei pazienti avviene in un periodo di circa sei mesi, periodo durante il quale è previsto l’arruolamento di circa 30 pazienti per ogni cluster di MMG/centro cardiologico. Il centro cardiologico al momento dell’arruolamento compila, attraverso un sito dedicato, una scheda raccolta dati simile a quella prevista nel programma di monitoraggio nel quale sono sinteticamente raccolte le informazioni demografiche, il profilo di rischio cardiovascolare, la comorbilità, la terapia corrente (con focus sull’eventuale uso di nitrglicerina), la frequenza di angina, e le ragioni dell’eventuale non utilizzo di beta-bloccanti. Successivamente, viene consegnato il diario paziente nel quale viene richiesto di indicare la frequenza degli episodi anginosi. È pertanto prevista la realizzazione di database multicentrico informatizzato.
La visita di follow-up verrà effettuata dopo sei mesi dall’arruolamento e in questa fase viene valutata, con l’ausilio del diario paziente, l’insorgenza di eventi clinici associati all’angina, la frequenza di eventi anginosi, il profilo di tollerabilità dei farmaci usati per il trattamento dell’angina, indipendentemente dal fatto che venga usata l’ivabradina.
Il MMG potrà accedere in via informatica al sito dedicato per aggiungere tutte le informazioni che riterrà utile per la valutazione complessiva del paziente arruolato, inclusa l’eventuale interruzione del trattamento, secondo le modalità descritte

Fonte: AIFA

Commento di Luca Puccetti

Le motivazioni che hanno spinto l'AIFA ad implementare il nuovo sistema di monitoraggio dei farmaci innovativi appaiono a prima vista dettate da una nobile motivazione: dimostrare che un farmaco potenzialmente innovativo in base ad alcuni criteri lo sia non solo nel settingm degli RCT, ma anche nella vita reale.

Purtroppo il caso dell'ivabradina svela i veri motivi che hanno spinto l'AIFA a subordinare la prescrizione ad un vero e proprio programma di tutela che non è dovuto alla mancanza di dati clinici, come osservato dalla stessa EMEA e neppure da particolari criticità d'uso, ma da aspetti economici, come apertamente dichiarato sull'Organo informativo dell'AIFA, ossia il BIF
Il presente progetto di valutazione postmarketing dell’ivabradina nasce certamente come uno strumento di valutazione per l’ammissione alla rimborsabilità e per la negoziazione del prezzo di un nuovo farmaco. Va sottolineato tuttavia il presupposto culturale di questo nuovo approccio che, per la prima volta in Europa, si propone di creare un osservatorio sul profilo di appropriatezza ed effectiveness di un nuovo farmaco, che viene prescritto nel cosiddetto
mondo reale.


Ad oggi nel sito specifico del monitoraggio AIFA per i farmaci cardiologici i pazienti immessi in terapia erano poco meno di 2000. Le regioni notoriamente sensibili alle novità sono in testa alla classifica dei reclutamenti. Il sistema appare impraticabile per la comune realtà lavorativa dei MMG, ma anche dei molti cardiologi, sia per le dotazioni telematiche, che soprattutto per il tempo necessario. Ovviamente si parla di costi a carico dell'azienda produttrice, ma sembra chiaro, che, come al solito, ai medici non verrà garantito alcun compenso. Dunque siamo in presenza di un progetto che non ha alcun reale e adeguato finanziamento finalizzato allo scopo. Il risultato sarà che di pazienti in terapia con l'ivabradina ce ne saranno pochini per davvero, a meno che non ci siano "investimenti" eccezionali da parte dei portatori di interesse concentrati sui cardiologi potenziali primi prescrittori.

Se l'ivabradina non aveva i requisiti di efficacia e sicurezza non doveva essere approvata o doveva essere approvata con limitazioni.

Se invece si pensa di arginare i costi dei farmaci innovativi con queste trovate, per di più paludate da pompose finalità di innovazione culturale, allora siamo davvero sulla strada sbagliata.

Già negli ultimi decenni a causa degli "scandali" cerivastatina, rofecoxib etc. gli Organismi regolatori hanno rivisto le loro politiche e ciò, unitamente al fatto che i farmaci già in commercio sono già spesso dotati di dati su end points clinicamente rilevanti, rende difficilissimo proporre nuovi farmaci innovativi per le grandi patologie sociali. La tendenza è di orientare i fondi verso farmaci per le patologie di nicchia e verso i farmaci biologici e comunque ad alto contenuto tecnologico dal costo esorbitante che garantiscono buoni ritorni anche de prescritti ad un numero relativamente piccolo di pazienti.

Un sistema come quello introdotto dall'AIFA per l'ivabradina indurrebbe una sorta di freno a mano nella vendita dei nuovi prodotti. In tal modo un investitore rischia di non rientrare negli investimenti poiché il tempo necessario per dimostrare benefici su obiettivi clinici forti è di alcuni anni pertanto allorquando tali dati fossero al fine disponibili la fine della scadenza del brevetto sarebbe molto vicina e con essa finirebbe il tempo per rientrare dalle spese di ricerca e di promozione e per fare profitti. Il sistema rischierebbe di divenire poco o per nullo profittevole o comunque di aumentare enormemente i rischi di profittabilità creando le condizioni affinché i fondi fossero destinati ad altri comparti , diverso dal farmaceutico, a redditività maggiore o meno rischiosa..

La soluzione risiede nell'allungamento dei brevetti e al contempo nella necessità di aquisire dati relativi a vantaggi su obiettivi forti. Questi dati potrebbero essere forniti tramite studi ad hoc che, seppure di grande costo e di lunga durata, potrebbero essere sostenibili se accompagnati da un allungamento del brevetto. Al contempo la sostenibilità economica sarebbe garantita da una riduzione del prezzo, compensata proprio dall'allungamento del brevetto e da una ponderazione del prezzo anche in base ai volumi venduti.

Non c'è dunque bisogno di scomodare alti principi, mettendo in piedi un sistema incompatibile con la realtà operativa della pratica clinica, per di più senza alcun riconoscimento economico per chi dovrebbe sobbarcarsi il lavoro di monitorare il farmaco, per contenere meramente i costi.


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